http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: maggio 2011

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martedì 31 maggio 2011

Avvocato penalista - Atti persecutori, il delitto di cui all'art. 612 bis del Codice Penale (stalking), l'origine del termine anglofono od inglese stalking e l'uso eccessivo od improprio che se ne fa.

Avvocato penalista - Atti persecutori, il delitto di cui all'art. 612 bis del Codice Penale (stalking), l'origine del termine anglofono od inglese stalking e l'uso eccessivo od improprio che se ne fa. 
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Avvocato penalista - Atti persecutori, il delitto di cui all'art. 612 bis del Codice Penale (stalking), l'origine del termine anglofono od inglese stalking e l'uso eccessivo od improprio che se ne fa.

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Il termine inglese o anglofono stalking ormai si è così diffuso e radicato anche nel nostro parlare o scrivere ordinario, che il titolo di reato assegnato alla figura criminosa è stato relegato ad un ruolo secondario, se non proprio ed addirittura ingiustificatamente marginale od inusato.
 
Questo fenomeno si è verificato e si protrae già fin dalle prime notizie circa il fatto che il Parlamento stava lavorando alla creazione della nuova figura criminosa.

I giornali, la televisione, la radio, i media, i rappresentanti delle varie forze politiche, nel corso delle loro rituali dichiarazioni stampa e, addirittura, gli addetti ai lavori (avvocati, magistrati, docenti in materie giuridiche), tutti o quasi, insomma, ad usare questa parola, stalking, per riferirsi alla o per dire della nuova norma penale, in fase di studio e di elaborazione.

Successivamente, questa usanza non solo non si è affievolita, ma ha continuato e si è ancora più diffusa, al punto che, ormai, troviamo il termine stalking nella convegnistica, nella formazione, nelle pubblicazioni scientifiche, nelle aule e negli atti dei Palazzi di Giustizia.
 
Indubbiamente, in questo stato di cose c'entra e non poco la nostra ingiustificata propensione all'esterofilia,  che ci porta a guardare all'estero in genere, ed all'estero anglo-americano in ispecie, con un sentimento di quasi ovvia o naturale sottomissione o subalternità culturale ed intellettuale, laddove, invece, se avessimo la necessaria consapevolezza di noi, della nostra storia e della nostra cultura, di ieri, di oggi e di sempre, forse ci porremmo con un diverso e più dignitoso contegno verso ciò che grossolanamente pensiamo che sia meglio di ciò che abbiamo noi.
 
Chiudo la parentesi su questi aspetti ricordando che uno dei più grandi e molto rari, invero, intelletti che la terra di Inghilterra abbia avuto nel corso della sua secolare storia, parlando della nostra lingua italiana, la definì la "lingua degli angeli".
 
Etimologicamente, in molti concordano che dovrebbe derivare dal verbo to stalk, con cui l'inglese definisce l'avvicinarsi furtivamente o di soppiatto, il gattonare, il muoversi con passo felpato o (in caccia), o, infine, l'accavallare.
 
Stalking, si origina, dall'atto o dall'azione con cui i cacciatori (stalkers) si appostavano in attesa della preda.

Mutuata dall'ambito cacciatoriale, la figura, evidentemente suggestiva come nessun'altra per dare meglio il senso e la portata dell'azione degli stalkers di esseri umani, secondo l'avviso dei criminologi d'oltre Manica,  finisce sui loro tavoli, tra i loro studi e nei loro scritti, per, poi, essere presa da noi e posta a fondamento di  una nuova norma del nostro Codice Penale, previo esame, studio e ri-elaborazione dei nostri legislatori.
 
Dalla sua genesi, attraverso la metamorfosi criminologica britannica, Stalking diviene anche il termine con  cui, in inglese, si definiscono tutti quegli svariatissimi atteggiamenti o comportamenti potenzialmente assumibili  da un individuo, che si sia determinato ad affliggere un'altra persona, predandola per gli scopi più disparati e  che, così facendo, le ingenera stati di ansia e/o di paura, fino ad arrivare a comprometterne seriamente, sia il   normale svolgimento delle sue ordinarie attività di lavoro, che le sue abitudini di vita quotidiana o di relazione.
 
Questa specifica tipologia di condotta assume rilevanza penale negli ordinamenti giuridici di moltissimi Paesi, ai quali anche il nostro si è uniformato, creando la nuova figura delittuosa di cui al già citato art. 612 bis c.p., rubricata Atti persecutori, secondo una delle distinte locuzioni con cui viene tradotto il termine stalking.
  
La persecuzione (rectius, predazione, n.d.a.) si può concretare attraverso le più svariate modalità, secondo l'azione o  la fantasia criminale del soggetto agente; solitamente avviene o, meglio, inizia mediante una reiterazione  di tentativi di comunicazione verbale, scritta, telefonica o telematica diretti alla vittima designata; altre volte, inizia o prosegue con appostamenti nei pressi dei luoghi abitualmente da essa frequentati (abitazione, ufficio, studio professionale, luogo di lavoro, palestra, circoli od associazioni di cui è membro, ecc.) e/od intrusioni nella sua vita privata (tavolo a fianco al ristorante; sdraio vicina al mare; sedile attiguo in treno o sul metrò).
 
Lo stalking, in genere, nasce a seguito di compromissioni delle relazioni interpersonali tra le persone, siano  esse affettive, amorose, lavorative, ecc., e genera modelli comportamentali che si connotano per le e si concretano nelle interferenze sistematiche nella vita di una o più persone, sia essa pubblica e/o privata.
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Avvocato penalista - Atti persecutori, il delitto di cui all'art. 612 bis del Codice Penale (stalking), l'origine del termine anglofono od inglese stalking e l'uso eccessivo od improprio che se ne fa. 
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sabato 21 maggio 2011

L'avvocato penalista: chi è, di cosa si occupa e perchè è chiamato così?

L'avvocato penalista: chi è, di cosa si occupa e perchè è chiamato così?
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L'avvocato penalista: chi è, di cosa si occupa e perchè è chiamato così?
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L'avvocato penalista (sebbene il termine "penalista" non sia il più adatto) è l'avvocato che si occupa della cura degli affari legali conseguenti alla commissione di una azione o di un fatto costituenti "reato" ossia che integrano la violazione di una o più norme previste dalle leggi penali di un determinato Paese, sia che la sua opera inerisca la posizione processuale della persona offesa o danneggiata dall'azione delittuosa, sia che riguardi la figura della persona che ha violato la legge e commesso il reato (l'imputato).
 
Questa è la terminologia prescelta dalla nostra legislazione penale per definire la violazione dei suoi divieti e la commissione dei comportamenti vietati, a loro volta suddivisi in delitti e contravvenzioni, a seconda della tipologia della pena per essi rispettivamente prestabilita, in diretto riferimento o rapporto all'azione delittuosa ed alla sua gravità.
 
Il termine reato deriva dal latino reatus (da reus), che significava lo stato, la condizione o l'azione di una persona accusata di aver commesso un crimine, a cui, dopo un giudizio, si doveva stabilire e decidere se infliggere o meno una determinata pena, ove risultasse colpevole.
 
Dal termine "pena" (a sua volta tramandataci dal latino poena e dal greco poine) deriva la moderna parola penalista.
 
Come sempre, diversi e distinti sono stati e si sono succeduti i tentativi di dare una diversa collocazione etimologica al termine "pena": da punya, purgare, puro, netto, nettato; da a-poina, che significava il prezzo del riscatto e da cui si dovrebbe dedurre che la "pena" sarebbe il mezzo per purificarsi e riscattarsi, corrispondendo, così, al significato di castigo; o da Phone o Phonos, omicidio, strage; o da Phoinios, omicida, ecc.
 
Nel tempo a noi più prossimo, col termine "pena" ci si intende riferire alla punizione od al castigo per una o più colpe che il reo ha commesso; ciò che si fa soffrire ad una persona per il suo fallo o per i suoi errori ed, estensivamente e da ultimo, alla sofferenza fisica o morale, afflizione, fatica, briga, ecc., sebbene temperate dal principio dell'assenza di scopo punitivo e dalla finalità della rieducazione e del reinserimento sociale.
 
La cultura giuridica statunitense ed anglosassone usa il termine Criminal per riferirsi agli o per definire gli avvocati penalisti che si occupano, appunto, della materia penale in quei paesi.
 
Criminal è null'altro che l'inglesizzazione dell'originario termine "qualificativo" Criminalem (da crimen), che pure proviene dalla madre lingua latina, ma che da noi oggi ha assunto un ben altro significato.
 
Crimine (dal latino Crimen, ossia oggetto di e soggetto ad una decisione giudiziaria e dal greco Krino, cioè da accuso, esamino, decido, condanno, da cui anche Krima ossia giudizio, condanna, pena) significava (e significa) un misfatto contro il quale è comminata una pena.
 
Dal latino Crimen (delitto) derivava non solo Criminalem (il soggetto che commette un delitto, il "crimen"), ma anche tutto il sistema dell'ordinamento giuridico di quel tempo, che concerneva i singoli delitti e le pene relative per essi previste.
 
Il sistema della nostra legislazione penale si connota per prevedere in ogni sua norma il comportamento vietato e la sanzione da irrogare in caso di violazione; questi due aspetti o contenuti della norma vengono definiti dalla scienza e dalla dottrina giuridica penale rispettivamente come il precetto (il comportamento vietato) e la sanzione (la pena).
 
Di fatto e nella prassi, è invalso l'uso di qualificare con termine di penalista il libero professionista avvocato che si occupa, appunto, di assistere, di rappresentare e di difendere una delle parti coinvolte in un processo  penale, traendone il modo di chiamarlo dal nome della sanzione prevista dalla legge per i reati, cioè la pena.  Ma, il radicare la definizione della funzione di chi si occupa di affari o questioni di tale delicatezza ad uno soltanto dei tanti e vari loro aspetti (la pena), peraltro spesso marginale, è menomativo, alla stessa maniera di come riduttiva si denota la definizione di diritto o di procedura penale, poichè la pena non è tutto, né è la cosa più importante di un crimine o di un contegno criminale.
 
Forse sarebbero più adatte delle diverse e nuove qualificazioni, tanto per il diritto, quanto per l'avvocato, per il quale ultimo vedrei più corretto definirlo avvocato criminalista, piuttosto che avvocato penalista.
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L'avvocato penalista: chi è, di cosa si occupa e perchè è chiamato così?
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venerdì 20 maggio 2011

La riforma della giustizia, di cui necessita la Giustizia Italiana, anche in materia penale, non è quella proposta dal Governo.

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Alcune osservazioni di ordine generale.

La riforma della giustizia, come ogni altra iniziativa legislativa adottata dal Parlamento Italiano nel tempo a noi più prossimo, ha una connotazione tutta sua propria e squisitamente nostrana.
 Da molti anni in qua, nel nostro Paese, gli interventi normativi vengono effettuati più sulla spinta delle contingenze, che non per l'esigenza di dare una seria sistemata agli ambiti che non vanno come dovrebbero (o che non vanno proprio) od ai settori che, per le nuove esigenze connesse ai progressi od alle nuove esigenze sociali, necessitano di avere una adeguata disciplina normativa; più che ispirate od imposte da una visione e, non da meno, da una pre-visione oculata, intelligente e saggia del futuro e delle sue esigenze di regolamentazione, le leggi del nostro tempo sembrano (e, per molti aspetti, sono) solo il risultato del bisogno di dover correre presto ai ripari, con l'effetto che la fretta si ripercuote sulla bontà dei contenuti.
 
Una nuova "tecnica legislativa", molto in uso ai giorni nostri, conferma quanto qui viene asserito e denota ulteriormente con quanta cura e con quale cuore si lavora per gli italiani: in un solo testo di legge (che, generalmente, assume la forma del decreto legislativo), suddiviso in vari articoli, si trattano e si regolamentano materie ed ambiti diversi e distinti, ai quali la legge moderna dedica uno o pochi articoli ed, a volte, uno o pochi commi del medesimo articolo, rimettendo ai destinatari le fatiche di andarsi a trovare da sè ciò che gli serve.
 
Si sceglie un nome, perchè bisogna pur dergliene uno (decreto mille fiori; decreto mille frutti; decreto mille certezze, ecc.) e ci si mette dentro di tutto, come se fosse "un'insalata mista".
E' evidente: i nostri legislatori hanno fretta, vanno di fretta e devono fare in fretta, perchè fare le leggi è impegnativo e toglie del tempo prezioso da dover dedicare ad altre faccende; dunque, non avendo molto tempo da dedicare distintamente ai vari ambiti suscettivi di regolamentazione, li si raggruppa e, con una sola legge, li si rende tutti normati, felici e contenti.
 
La ragione d'essere essenziale e finale di un corpo politico e di un'assemblea legislativa, entro cui il primo unicamente si può e si deve esplicare, consiste proprio nella sua funzione, alla quale è intrinseca ed inscindibile, ed è data dal fatto che il suo compito (ossia la sua funzione) si identifica col dovere di attenzione verso la società civile (dal latino civis = cittadino), cioè verso tutti noi, e verso le sue necessità di regolamentazione connesse al vivere in comune, auspicabilmente senza conflitti od ingiustizie sociali, senza prevaricazioni o furberie, senza privilegi od oligarchie, ecc., ma cercando di creare le condizioni perchè chiunque abbia la dignità di persona e di cittadino italiano, anche se non fortunato o non accriccato.
 
Diversamente ed a ragion veduta, si denota di avere una mentalità parziale e limitata, direttamente proporzionale e proporzionata alla visione che si da a vedere di avere della società civile, dei suoi problemi e delle sue esigenze, con la conseguenza che questo modo di essere inevitabilmente si riflette sull'azione politica e sulle scelte, anche di natura legislativa.
  
Gli effetti li conosciamo tutti e non mi sembra proprio il caso di ricordarli né a me, né a tutti noi, poichè li vediamo e ne subiamo le deleterie conseguenze tutti i giorni dell'anno.
 
Chi è o si sente così fortunato da essere in una condizione di privilegio o di accriccamento che gli consente di fare una vita senza alcun problema - beato lui, se davvero è così - la faccia e la viva pure, atteso che agli altri potrebbe anche non interessare gran che della sua vita, di come la svolge, di come la impiega, di come la usa, di come la vive o di come la spreca.
 
Per gli altri la sua vita assume una certa rilevanza solo nella misura in cui in certe esposizioni politico-mediatiche (per esempio, attraverso la televisione di Stato), ci si presenta come i risolutori delle problematiche sociali e si asserisce che si è aumentata la pensione degli anziani di 40,00 Euro al mese, perchè questa è un'affermazione che offende tanto l'intelligenza, quanto la dignità di tutti gli altri, i quali, qualche volta, ci vanno pure loro al bar od a fare la spesa e, dunque, sanno bene che (sempre per esempio) 40,00 Euro, non al mese, ma al giorno, molti di quegli stessi signori, che dicono di aver risolto certi problemi agli anziani, li spendono per comprare quel pacco di quotidiani che gli vediamo sempre sotto il braccio, (che non leggono mai, ma che amano farseli vedere), o per pagare i caffè, i cappuccini o le colazioni loro personali e dei vari portaborse, che solitamente stanno al loro seguito, e, con quella stessa somma, un povero anziano dovrebbe aver risolto tutti i suoi problemi per un mese, mentre è noto a tutti che se compra 1 Kg. di mele, non può comprare 1 Kg. di pere.

l senso che si ha della giustizia sociale non può che essere in tutto e per tutto sintonico col senso che si ha della giustizia in genere e della giustizia giudiziaria, per quanto qui interessa.
 
Fin da piccolo, nella mia mente e secondo la mia personale concezione idealistica della vita, che, come tutti a quell'età, identificavo con la realtà, ho sempre paragonato, associandoli, l'uomo politico al giudice e, secondo questa mia visione, vedevo il primo come il dirimatore delle contese sociali ed il secondo come il dirimatore delle contese giudiziarie.
 
La penso ancora così anche ora, ma con una lieve modifica d'opinione su entrambi: non è più la categoria a far stato; oggi considero e stimo solo il buon politico ed il buon giudice!
 
I fatti e l'esperienza di ogni giorno mi confermano che è così davvero: le qualità necessarie od essenziali ad entrambi non si acquisiscono, ma si posseggono da sempre e per talento.
 
Per la mia modesta, ma onesta opinione, tanto nell'uno, quanto nell'altro ambito di attività e, dunque, di incidenza sociale, il problema non è di simpatia o di antipatia, di corporazioni o di schieramenti, di qua o di là, ecc.; il problema è alquanto diverso, oggettivo e tangibile ed involge esclusivamente sia la cultura della politica, sia la cultura della giurisdizione.
 
Per me, non è in discussione né la magistratura, né la politica; ma sono alquanto discutibili e da frenare un certo modo di fare il giudice ed un altro certo modo di occuparsi di politica.
 
Perchè certi modi di svolgere le rispettive e distinte funzioni e certi altri modi di confliggere di e tra poteri dello Stato moderno, che pretendono di avere l'uno la meglio sull'altro, nella sciocca convinzione di essere ognuno nel vero e nel giusto, e che tanto per la concezione sottacentesi alla moderna divisione dei poteri dello Stato, quanto, e non da meno, per la nostra legge fondamentale, che i Padri ci hanno donato, sono e devono essere separati, distinti ed ininterferenti, denotano soltanto che non si è capito nulla della storia, dei ruoli e della realtà.
 
Che il nostro ordinamento giuridico contenga una grossa lacuna normativa quasi da sempre lo hanno compreso in pochi; come pochi hanno la consapevolezza che, alcuni anni orsono, sempre sulla spinta di certe emergenze, qualche "intelligentone" ha pensato bene di aprire una nuova e grossa falla ordinamentale, col pretesto delle esigenze di giustizia e di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, ma con l'intento vero di contribuire così a distruggere per via giudiziaria gli avversari politici che non è mai riuscito a sconfiggere per via elettorale.
 
Questi gravi errori del passato remoto e prossimo non possono costituire la comoda e poco leale via perchè i poteri dello Stato confliggano o debordino l'uno negli ambiti dell'altro.
 
Non è giusto, non è onesto e non è questa la via per risolvere i gravi problemi che abbiamo e che pagano sempre i più deboli di e tra noi; ma, infine, e certo non da meno, ma, anzi, da più, non è questo il modo migliore e più degno di rendere onore a chi ci ha preceduto e che ha dato la sua vita per consegnarci un mondo migliore di quello toccato a lui in cui vivere.
 
In ogni millimetro quadrato del suolo d'Italia che calpestiamo quotidianamente ci sono impregnate per sempre le gocce del sudore e del sangue dei nostri Padri e, se solo avessimo un briciolo di quella sensibilità che pare che ci manchi, dovremmo semplicemente tremare al solo pensiero di fare qualcosa che non sia in sintonia coi loro immani ed impagabili sacrifici.
 
Tanto nelle aule in cui si confezionano le leggi, quanto nelle camere in cui si confezionano le sentenze, se davvero tenessimo nella dovuta considerazione la delicatezza, l'importanza ed i riflessi delle funzioni che ivi si devono svolgere e se davvero ci ricordassimo in ogni momento di chi ci ha regalato ciò che abbiamo, senza avere fatto nulla per guadagnarcelo o per meritarcelo, la prima cosa che faremmo, oltre a far il nostro dovere come dovremmo, toglieremmo gli orologi e bandiremmo tutte le nostre inutili frette da ognuna di quelle stanze.
      
Invece e purtroppo non è così ed un certo moderno modo di essere e di fare il legislatore-politico, da una parte, sedicente democratico, liberale, libertario, civile ed evoluto; ed una certa parte della magistratura, pure essa sedicente moderna, autonoma, indipendente, ecc.,  continuano a confliggere tra loro ed a far parlare la gente di loro e dei loro gravi contrasti.
 
In questo clima sociale e su tali presupposti storico-istituzionali, nasce la legge sulla riforma della giustizia, anche penale, della quale ci occuperemo, punto per punto, negli interventi all'uopo previsti e distintamente programmati, e che non può lasciare nell'indifferenza intelletuale od etica un "avvocato penalista" o l'uomo che l'impersona, né "tutti coloro che hanno il senso della storia, della politica e della giustizia nel sangue" ...

La riforma della giustizia, di cui necessita la Giustizia Italiana, anche in materia penale, non è quella proposta dal Governo.
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giovedì 19 maggio 2011

La riforma della Giustizia: il testo del Disegno di Legge Costituzionale presentato dal Governo, articolo per articolo.

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Il disegno di legge costituzionale di riforma della Giustizia, presentato dal Governo Italiano, prevede per grandi linee, la riforma di alcuni punti essenziali del sistema della nostra giustizia, che a suo parere, sarebbero essenziali al fine di ottenere l'effetto da tutti desiderato ed ambito ossia una giustizia migliore e che funziona.

(L'articolo è in fase di ultimazione; nel frattempo, chi vorrà, potrà consultare il testo della legge di riforma proposta dal governo, nella sua versione integrale, cliccando su Il disegno di legge che precede qui sopra). 
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