http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: maggio 2013

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venerdì 31 maggio 2013

Avvocato penalista - Usare un profilo falso in internet può costituire il reato di sostituzione di persona.


Avvocato penalista - Usare un profilo falso in internet può costituire il reato di sostituzione di persona.
 
Ma solo quando il profilo falso usato appartenga o si riferisca a persone fisiche o giuridiche reali o realmente esistenti e non pure quando sia di pura fantasia, inventato o non sia di nessuno.
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Avvocato penalista - Usare un profilo falso in internet può costituire il reato di sostituzione di persona.
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""" Profilo falso su internet: è un grave reato (sostituzione di persona).

Nonostante il vuoto normativo, si può parlare di “sostituzione di persona” chi crea una identità falsa su internet anche solo con un nickname, riconducibile a un’altra persona, all’ignaro di ciò.
 
Sebbene non esista ancora una esplicita norma nel nostro ordinamento (per niente al passo coi tempi) che sanziona la creazione di un profilo falso su una chat o un social network, secondo la Cassazione [1] chi pone in essere tale condotta risponde comunque del reato di sostituzione di persona [2].
 
Si tratta peraltro di un reato assai grave, sanzionato con la reclusione fino a un anno.
 
A detta della Suprema Corte, tale reato ricorre non solo quando si “rubi” il nome di battesimo di un altro soggetto, ma anche quando si utilizzi un semplice nickname (soprannome) riconducibile inequivocabilmente a una persona fisica esistente.
 
Nel caso di specie, una donna si era iscritta a una chat erotica usando, come nick, le iniziali della propria ex datrice di lavoro – con cui aveva una causa in corso – e pubblicando il numero di cellulare di quest’ultima al solo fine di danneggiarne l’immagine.
 
È vero, dice la Cassazione, che il nickname è solo una identità virtuale usata nello spazio telematico, ma non per questo è priva di una sua valenza concreta, perché proprio attraverso i nick gli utenti di internet si riconoscono e comunicano. Dunque, anche un profilo falso che utilizzi il nickname di un soggetto esistente costituisce il reato di “sostituzione di persona”.
 
[1] Cass. sent. n. 18826/2013 del 29.04.13.
[2] Art. 494 cod. pen. """
 
Fonte La legge per tutti.it .
 
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Avvocato penalista - Usare un profilo falso in internet può costituire il reato di sostituzione di persona.
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giovedì 30 maggio 2013

Avvocato penalista - Integra il reato di appropriazione indebita il fatto di chi trova per strada un cane e se ne appropria; ma solo quando ricorrono determinate circostanze.

Avvocato penalista - Integra il reato di appropriazione indebita il fatto di chi trova per strada un cane e se ne appropria; ma solo quando ricorrono determinate circostanze.
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Avvocato penalista - Integra il reato di appropriazione indebita il fatto di chi trova per strada un cane e se ne appropria; ma solo quando ricorrono determinate circostanze.
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""" Quando è reato adottare un cane smarrito per strada.

Non sempre l’appropriazione di un cane smarrito costituisce reato: ecco i chiarimenti della Cassazione.
 
Chi raccoglie un cane dalla strada (o qualsiasi altro animale mansuefatto) non commette reato di appropriazione indebita se esso non viene reclamato, dal legittimo proprietario, entro venti giorni da quando è stato scoperto [1]. Esiste, infatti, una norma che legittima il ritrovatore a impossessarsi degli animali non reclamati dal proprietario [2].
 
Secondo la Cassazione affinché l’appropriazione di un cane smarrito costituisca reato è necessario che:
 
- il cane sia stato trovato per caso fortuito [3];

- il cane abbia segni di riconoscimento (collare, microchip, targhetta) che consentano di risalire al proprietario e nonostante ciò il ritrovatore non lo abbia restituito [4];
 
- il cane sia stato rivendicato dal proprietario entro venti giorni dalla scoperta del luogo in cui si trova. Se il cane non è rivendicato entro questi termini, esso appartiene a chi se ne è impossessato.
In pratica

Chi trova un cane per strada farebbe bene a controllare, prima di tenerlo per sé, se questo sia di qualcun altro, rivolgendosi in caso di dubbi, all’anagrafe canina regionale. In questo modo ci si può salvare da una querela del proprietario particolarmente affezionato.
 
[1] Cass. sent. n. 18749 del 29.04.2013.
[2] Art. 925 cod. civ. Secondo i giudici, in caso di appropriazione di animali, questa norma civilistica deve essere coordinata con la norma penale che disciplina il reato di appropriazione indebita (art. 647 cod. pen.).
[3] Se l’appropriazione avviene con dolo si ha reato di furto.
[4] Cass. sent. n. 11700 del 28.03.2012. """
 
Fonte La legge per tutti.it .

http://www.laleggepertutti.it/28755_quando-e-reato-adottare-un-cane-smarrito-per-strada
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Avvocato penalista - Integra il reato di appropriazione indebita il fatto di chi trova per strada un cane e se ne appropria; ma solo quando ricorrono determinate circostanze.
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mercoledì 29 maggio 2013

Avvocato penalista - Il furto in auto o di un'auto, all'interno del parcheggio condominiale, equivale al furto in casa.

Avvocato penalista - Il furto in auto o di un'auto, all'interno del parcheggio condominiale, equivale al furto in casa.
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Avvocato penalista - Il furto in auto o di un'auto, all'interno del parcheggio condominiale, equivale al furto in casa.
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""" Cassazione: rubare il navigatore dell’auto nel parcheggio condominiale è come rubare in casa.

Furto in abitazione non solo per la privata dimora, ma anche negli spazi aperti al pubblico e adibiti a parcheggio condominiale, in quanto pertinenze dell’edificio.

Rubare un semplice navigatore satellitare nell’auto parcheggiata nel cortile condominiale integra il reato di “furto in abitazione” [1] e non il furto semplice (punito quest’ultimo in modo più lieve).
 
Infatti il “furto in abitazione” si realizza non solo all’interno della dimora vera e propria, ma anche in ogni altro luogo ove il derubato si sofferma a esercitare (seppure transitoriamente) le proprie attività per i motivi più svariati, come studio, cultura, lavoro, svago e commercio.
 
Così, è compreso nel concetto di abitazione anche lo studio, la sede dell’azienda, i negozi.

Finanche le aree di sosta al servizio degli edifici condominiali, e ciò anche se nel parcheggio vi è una servitù pubblica che consente il passaggio pedonale a chiunque e non solo ai condomini.

Il parcheggio, infatti, resta pur sempre una pertinenza del condominio e, quindi, della dimora privata del derubato.

A chiarire questo concetto, certamente più sfavorevole nei confronti dei ladruncoli – così assimilati ai “topi di appartamento – è stata una recente sentenza della Cassazione [2].


[1] Art. 624 bis cod. pen.
[2] Cass. sent. n. 4215/13. """

Fonte La legge per tutti.it .

http://www.laleggepertutti.it/28267_cassazione-rubare-il-navigatore-dellauto-nel-parcheggio-condominiale-e-come-rubare-in-casa
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Avvocato penalista - Il furto in auto o di un'auto, all'interno del parcheggio condominiale, equivale al furto in casa.
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martedì 28 maggio 2013

Avvocato penalista - Le telefonate erotiche a pagamento non equivalgono ad una attività di prostituzione.

Avvocato penalista - Le telefonate erotiche a pagamento non equivalgono ad una attività di prostituzione.
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Lo ha stabilito una recente sentenza della Corte di Cassazione.

Sebbene immorali, non integrano alcuna delle fattispecie delittuose connesse al mestiere più antico del mondo, quali, per esempio, il favoreggiamento o lo sfruttamento della prostituzione.

Per cui il gestore od il proprietario di """ un’attività di telefonate erotiche a pagamento non può essere condannato per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione [1] non essendo le telefonate erotiche considerate come un’attività di prostituzione vera e propria in quanto non “impegnano” le zone erogene del corpo. """
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Avvocato penalista - Le telefonate erotiche a pagamento non equivalgono ad una attività di prostituzione.
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""" Fare telefonate erotiche a pagamento non è reato.

Si ha prostituzione solo quando l’attività sessuale interessi le parti erogene del proprio corpo.

Chi gestisce un’attività di telefonate erotiche a pagamento non può essere condannato per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione [1] non essendo le telefonate erotiche considerate come un’attività di prostituzione vera e propria in quanto non “impegnano” le zone erogene del corpo.

Questo è il principio stabilito dalla Cassazione [2] dopo aver svolto le seguenti considerazioni.

Per prostituzione si intende qualsiasi attività sessuale svolta a pagamento dalla prostituta che mette il proprio corpo a disposizione del cliente al fine di soddisfarne la libidine. L’attività sessuale può essere compiuta anche dalla prostituta su se stessa e quindi senza contatto fisico tra prostituta e cliente. Dunque, in teoria, l’attività di prostituzione può essere svolta anche a distanza, come ad esempio nel caso di una prestazione sessuale richiesta ed effettuata al telefono.

Comunque la predetta attività sessuale può definirsi “prostituzione” solamente se la prostituta, retribuita, compie atti sulle zone erogene del proprio corpo in modo tale da soddisfare la libidine del cliente.

E infatti la Corte stessa, ad esempio, non considera attività di prostituzione il solo fatto di spogliarsi dietro corrispettivo al fine di eccitare l’istinto sessuale (ballerine di lap dance) a meno che a ciò non si aggiungano anche contatti corporei (se ai clienti è consentito  accarezzare le ballerine).

Quindi, non è considerata attività di prostituzione quella di una ragazza che effettua conversazioni dal contenuto erotico al telefono senza compiere atti sessuali sulle zone erogene del proprio corpo. Non rileva poi se l’interlocutore, autonomamente, compia su se stesso atti sessuali a seguito delle suddette conversazioni.

Infatti, anche se hanno il fine di eccitare sessualmente l’interlocutore, le prestazioni vocali non possono assolutamente essere considerate come attività sessuale in quanto non “impegnano” le zone erogene del corpo. Di conseguenza, non può essere condannato per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione chiunque gestisca un servizio di telefonate erotiche a pagamento.

In sintesi. Una cosa è il fare, altra cosa è il dire. Una cosa è compiere atti sessuali, altra cosa è effettuare telefonate dal contenuto erotico.
 
[1] Art. 3 L. 75/58.
[2] Cass. sent. 33546/12. """

Fonte La legge per tutti.it .

http://www.laleggepertutti.it/27500_fare-telefonate-erotiche-a-pagamento-non-e-reato

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Avvocato penalista - Le telefonate erotiche a pagamento non equivalgono ad una attività di prostituzione.
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lunedì 27 maggio 2013

Avvocato penalista - Tangenti: la semplice richiesta della bustarella, della mazzetta o della tangente, non è reato, ma è solo un tentativo di reato od un reato tentato (art. 56 c.p.).

Avvocato penalista - Tangenti: la semplice richiesta della bustarella, della mazzetta o della tangente, non è reato, ma è solo un tentativo di reato od un reato tentato (art. 56 c.p.).
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Peccato che, nel caso, la Corte di Cassazione non abbia tenuto conto di quanto prevede l'art. 56 del codice penale, in punto di differenze tra il reato consumato ed il reato tentato, nel caso di specie.
 
Com'è noto, per reato perfetto si intende il reato consumato ovvero quello progettato dall’agente e dallo stesso portato a termine (es. l'omicidio, che si consuma con la morte del soggetto passivo).

L’art. 56 c.p. “Delitto tentato” prevede accanto al delitto consumato, anche una tipica ipotesi in cui la condotta criminosa, pur posta in essere validamente da parte dell’agente non determina il risultato sperato o voluto.

Si tratta del cd. delitto tentato e si realizza sia quando la condotta criminosa dell’agente non è stata portata a termine (tentativo incompiuto) sia quando la condotta, pur essendo stata portata a termine, non ha ottenuto il risultato sperato o voluto dal soggetto agente (tentativo compiuto).

Esempio del primo caso è il ladro che sorpreso mentre ruba scappa senza portare con sé la refurtiva, mentre del secondo è il caso di Tizio che spara contro Sempronio per ucciderlo; il proiettile colpisce Sempronio ma non lo uccide.

La distinzione tra atto compiuto e incompiuto si basa su un criterio di valutazione ex post.

In particolare, il primo comma dell’art. 56 c.p. stabilisce che “chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica”.

Al delitto tentato viene applicata una pena inferiore rispetto a quella prevista per il reato perfetto (quello consumato) e ciò in quanto, sotto l’aspetto sostanziale, si è in presenza di un reato perfetto.

Caratteristiche del delitto tentato sono dunque: idoneità ed univocità degli atti posti in essere dall’agente.
 
L’azione posta in essere dal soggetto attivo deve essere idonea a realizzare il reato voluto dall’agente.

Ed, a parere di chi qui scrive, non pare che la richiesta di una mazzetta o di una tangente al fine di compiere un atto dovuto del proprio ufficio, non sia un fatto costituente un delitto tentato ...
  
E’ una valutazione da effettuarsi in concreto (cd. criterio della prognosi postuma).
 
La punizione del delitto tentato trova giustificazione nell’intento dell’Ordinamento di prevenire l’esposizione a pericolo dei beni giuridicamente protetti.
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Avvocato penalista - Tangenti: la semplice richiesta della bustarella, della mazzetta o della tangente, non è reato, ma è solo un tentativo di reato od un reato tentato (art. 56 c.p.).
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""" Tangenti: la semplice richiesta della bustarella non è reato.

La Cassazione interviene sulla differenza tra il reato di concussione e di induzione indebita.

La Corte di Cassazione [1], ha affermato che se i funzionari della Pubblica Amministrazione richiedono una tangente a un imprenditore agricolo per un accertamento tecnico non commettono il reato di concussione quando non lo costringono alla consegna della bustarella stessa.

Scatta, invece, al posto della concussione, il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità [2].
 
L’induzione infatti si ha in presenza di un’attività di suggestione, di persuasione o di pressione morale effettuata dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio nei confronti del privato che, seppur l’avverta come illecita, non sente condizionata la propria libertà di autodeterminazione.
 
[1] Cass. sent. n. 17285 del 15.04.2013.
[2] Art. 319 quater cod. pen. “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.
Ne casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione
fino a tre anni”. """

Fonte La legge per tutti. it .

http://www.laleggepertutti.it/28250_tangenti-la-semplice-richiesta-della-bustarella-non-e-reato

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Avvocato penalista - Tangenti: la semplice richiesta della bustarella, della mazzetta o della tangente, non è reato, ma è solo un tentativo di reato od un reato tentato (art. 56 c.p.).
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domenica 26 maggio 2013

Avvocato penalista - Gettare o lanciare oggetti dal balcone è un'azione (od un fatto) che può costituire reato.

Avvocato penalista - Gettare o lanciare oggetti dal balcone è un'azione (od un fatto) che può costituire reato.
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L'art. 674 del Codice Penale, intitolato al Getto pericoloso di cose, infatti, prevede che:

Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a duecentosei euro.
 
Note:

Commette reato chi innaffia vasi da fiori posti sui balconi lasciando gocciolare l'acqua sulla pubblica via, o chi sputa per strada.

Oggetto del getto sono i corpi solidi, mentre il versamento si riferisce ai liquidi e le emissioni riguardano i gas, i vapori od i fumi fastidiosi e/o maleodoranti
 
Per la sussistenza del reato, doloso o colposo, non è richiesto un effettivo nocumento, essendo sufficiente l'idoneità della cosa gettata o versata o della emissione di gas, fumo o vapore, ad offendere, imbrattare o molestare persone.
 
Per la punibilità delle emissioni previste dall'art. 674, non è, però, necessario che esse siano espressamente vietate dalla legge, ma debbono ritenersi non consentite anche le emissioni vietate o in contrasto con un provvedimento dell'autorità amministrativa, emanato in base a disposizioni legislative.

Importo incrementato a norma dell'art. 113, c. 1, l. n. 689/1981.

Oblabile ex art. 162 bis.

La giurisprudenza ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo di una stalla da cui promanino continuamente esalazione maleodoranti.
 
Cfr. art. 2, d.P.R. 24.5.1988, n°. 203, in materia di inquinamento derivante da impianti industriali.
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Avvocato penalista - Gettare o lanciare oggetti dal balcone è un'azione (od un fatto) che può costituire reato.
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""" È reato gettare oggetti dal balcone.

Attenzione ai piani inferiori: imbrattare le altrui proprietà non è solo un illecito civile.
 
La Corte di Cassazione [1] ha confermato la condanna penale di una condomina che rovesciava immondizia nel balcone sottostante al proprio appartamento gettando sigarette, cenere e detersivi corrosivi, come la candeggina.
 
La condomina “maleducata” può essere quindi dichiarata colpevole del reato di getto pericoloso di cose [2] ed subire una condanna alla pena di 120 euro di ammenda.
 
A tal fine è necessario che il comportamento sia considerato grave e pericoloso e che l’operazione si ripeta più volte.
 
L’importanza della sentenza è l’aver considerato l’azione della condomina un reato.

[1] Cass. sent. n. 16459/2013.
[2] Art. 674 cod. pen. """

Fonte La legge per tutti.it .

http://www.laleggepertutti.it/28083_e-reato-gettare-oggetti-dal-balcone

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Avvocato penalista - Gettare o lanciare oggetti dal balcone è un'azione (od un fatto) che può costituire reato.
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sabato 25 maggio 2013

Avvocato penalista - Le telefonate personali o private, se effettuate mediante il telefono del proprio ufficio pubblico, costituiscono reato, ai sensi dell'art. 314 del codice penale.

Avvocato penalista - Le telefonate personali o private, se effettuate mediante il telefono del proprio ufficio pubblico, costituiscono reato, ai sensi dell'art. 314 del codice penale.  
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Avvocato penalista - Le telefonate personali o private, se effettuate mediante il telefono del proprio ufficio pubblico, costituiscono reato, ai sensi dell'art. 314 del codice penale.  
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""" Chiamate personali col telefono dell’ufficio è reato

Reato di peculato d’uso per il dipendente pubblico che usa il telefono dell’ufficio per chiamate personali.

Scatta il reato di peculato d’uso per il dipendente pubblico che fa uso personale del telefono dell’ufficio. Lo ha ricordato, di recente, la Corte di Cassazione con una sentenza che molti dipendenti pubblici farebbero bene a conoscere [1].
 
Il peculato d’uso, a differenza del peculato ordinario, si configura quando il soggetto fa uso solo momentaneo della cosa appartenente alla Pubblica amministrazione e la restituisce immediatamente dopo [2].

Secondo i giudici, affinché il reato sussista, è necessario che le telefonate abbiano un valore economicamente apprezzabile. Non sono, quindi, condannate le telefonate brevi, anche se solo “ricreative” e non dettate da ragioni d’urgenza.

Per misurare la rilevanza delle telefonate ai fini della condannabilità del dipendente chiacchierone si fa riferimento a:
 
- tempo perso al telefono e sottratto al lavoro
- danno economico dovuto al costo delle chiamate.

Quest’ultimo si misura diversamente a seconda del tipo di contratto di utenza telefonica. Il costo sarà maggiore se il contratto prevede una tariffa a consumo e più lieve nel caso di un a forfait.

Il valore economico delle telefonate è sicuramente rilevante dal punto di vista penale quando il dipendente usa di continuo il telefono dell’ufficio: più telefonate consecutive possono essere considerate come un’unica lunga e dispendiosa chiamata.

In passato la Cassazione [3] riteneva che le telefonate prolungate fatte dal telefono dell’ufficio integrassero il reato, più grave, del peculato ordinario che avviene quando il colpevole si appropria della cosa della Pubblica amministrazione di cui dispone per ragioni di lavoro e non la restituisce.
 
L’appropriazione avrebbe riguardato non il telefono in sé, ma “le energie costituite da impulsi elettronici” di proprietà della Pubblica amministrazione.
 
Con il recente orientamento, invece, questa interpretazione viene superata. Secondo i giudici, infatti, l’abuso di telefonate dall’ufficio può configurare solo peculato d’uso che presuppone un uso solo momentaneo della cosa pubblica.

[1] Cass. sez. unite, sent. n. 19054/2013.
[2] Art. 314 cod. pen. : “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da tre a dieci anni (peculato ordinario). Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita (peculato d’uso).
[3] Cass. sent. n. 3883/2002. """

Fonte La legge per tutti.it

http://www.laleggepertutti.it/29060_chiamate-personali-col-telefono-dellufficio-e-reato
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Avvocato penalista - Le telefonate personali o private, se effettuate mediante il telefono del proprio ufficio pubblico, costituiscono reato, ai sensi dell'art. 314 del codice penale.  
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venerdì 24 maggio 2013

Avvocato penalista - Le false o non veritiere dichiarazioni, rese per ottenere l'esenzione dal ticket sanitario, possono costituire reato, ma solo entro certi e predeterminati limiti; al di sotto di essi, sono sanzionabili solo in via amministrativa e non pure penalmente.

Avvocato penalista - Le false o non veritiere dichiarazioni, rese per ottenere l'esenzione dal ticket sanitario, possono costituire reato, ma solo entro certi e predeterminati limiti; al di sotto di essi, sono sanzionabili solo in via amministrativa e non pure penalmente.   
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Avvocato penalista - Le false o non veritiere dichiarazioni, rese per ottenere l'esenzione dal ticket sanitario, possono costituire reato, ma solo entro certi e predeterminati limiti; al di sotto di essi, sono sanzionabili solo in via amministrativa e non pure penalmente.   
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""" False dichiarazioni per esenzione ticket: solo sanzioni amministrative.

Non commette reato chi rilascia false dichiarazioni per ottenere l’esenzione dal ticket se il vantaggio economico che riceve è inferiore a € 3.999,96.

Il cittadino che rilascia delle dichiarazioni false per ottenere un’esenzione dal pagamento del ticket per prestazioni sanitarie non commette il reato di falso, ma di “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”: se la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a € 3.999,96, si applica soltanto una sanzione amministrativa da € 5.164,00 a euro 25.822,00. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

La conferma viene da una recente sentenza della Cassazione [1] che, riqualificando la condotta dell’imputato, ha dichiarato che il fatto non costituisce reato.

Le leggi regionali o nazionali possono prevedere, in favore di soggetti in difficoltà economiche, esenzioni dal pagamento del ticket per prestazioni assistenziali o sanitarie. Per beneficiare di tali esenzioni, il richiedente deve rilasciare delle dichiarazioni in cui attesta che il proprio reddito è inferiore a una determinata cifra.

A volte, presi dall’urgenza o necessità di ricevere la prestazione, tali dichiarazioni vengono rilasciate con una “certa leggerezza”, senza rendersi conto o conoscere effettivamente quello che è il proprio reddito.

Ciò, in passato, ha creato non pochi problemi per chi ha rilasciato dichiarazioni inesatte, anche a fronte di vantaggi minimi (nel caso della sentenza, il risparmio è stato di € 26,00 per il ticket). Sono stati, infatti, avviati procedimenti penali con richieste di condanne per truffa aggravata e falsità ideologica.

La Suprema Corte ha però ricordato [2] che l’attestazione falsa per ottenere le esenzioni del ticket integra il reato di “indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato” [3] e non quello di falso [4].
 
Ciò ha risvolto pratico non indifferente. Riconducendo infatti la condotta al “reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”, anziché del “reato di falso”, si ha l’applicazione di una causa di esclusione della pena se il beneficio economico ottenuto è inferiore a € 3.999,96, con applicazione di una semplice sanzione pecuniaria tra € € 5.164,00 e € 25.822,005, che non può mai superare tre volte l’indebita somma percepita.

[1] Cass. sent. n. 17300/2013 del 16.04.13.
[2] Cfr. anche Cass. sent. n. 7537/2010 del 16.12.10.
[3] Art. 316-ter cod. pen.
[4] Art. 483 cod. pen. """

Fonte La legge per tutti.it.

http://www.laleggepertutti.it/28345_false-dichiarazioni-per-esenzione-ticket-solo-sanzioni-amministrative
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Avvocato penalista - Le false o non veritiere dichiarazioni, rese per ottenere l'esenzione dal ticket sanitario, possono costituire reato, ma solo entro certi e predeterminati limiti; al di sotto di essi, sono sanzionabili solo in via amministrativa e non pure penalmente.   
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giovedì 23 maggio 2013

Avvocato penalista - Configura il reato di ingiuria (art. 594 del codice penale), aggravata dal razzismo, il fatto di apostrofare una persona, chiamandola " terrone " o " terrona ".

Avvocato penalista - Configura il reato di ingiuria (art. 594 del codice penale), aggravata dal razzismo, il fatto di apostrofare una persona, chiamandola " terrone " o " terrona ".
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Peraltro ed al di là della giustezza della sentenza di merito, che qui di seguito è stata bene annotata e che ci denota che anche la nostra giustizia penale qualche volta ce l'azzecca ... vi è da far rilevare che il fatto vagliato dai giudici di Varese ci comprova, ancora una volta, che il buon gusto, lo stile, la classe o la buona educazione non sono da tutti, per tutti od alla portata di tutti e, soprattutto, che sono alla portata di coloro che presumono di averne in gran quantità.

Ed il dover rilevare ciò, mi rattrista non poco sul piano personale, etico ed umano, poiché mi conferma la stupidità e, non da meno, l'alterigia e la malvagità di certi miei connazionali.    
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Avvocato penalista - Configura il reato di ingiuria (art. 594 del codice penale), aggravata dal razzismo, il fatto di apostrofare una persona, chiamandola " terrone " o " terrona ".

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""" “Terrone”: per i giudici è ingiuria aggravata dal razzismo.
 
Additare il cittadino meridionale come appartenente a una diversa razza, con un giudizio di disvalore nei confronti di quest’ultima, implica l’aggravante dell’odio razziale.

Dire “terrone di m…!” costituisce ingiuria, per di più aggravata da finalità di discriminazione o di odio etnico o razziale [1]. È quanto stabilito dal Tribunale di Varese, con una recente sentenza [2].

Secondo il tribunale, l’aggravante a sfondo razzista collegata all’espressione ingiuriosa scatta per aver espresso, in modo inequivoco, un sentimento di grave pregiudizio e un giudizio di disvalore nei confronti di una categoria di cittadini italiani, quelli del Mezzogiorno, intesa come popolazione distinta per origini e tradizioni. Pertanto vi è, nell’espressione in commento, tutto il riferimento a una diversità di razza e alla inferiorità della stessa.

L’imputato pagherà dunque un risarcimento del danno nei confronti delle vittime – quantificato dal giudice in via equitativa – pari a 1.000 euro, oltre a 400 euro di multa e a 2000 euro di spese processuali.

[1] Aggravante di cui all’art. 3 L. 133/1993.
[2] Trib. Varese, sent. n. 67 del 29.03.2013. """

Fonte La legge per tutti.it

http://www.laleggepertutti.it/27919_terrone-per-i-giudici-e-ingiuria-aggravata-dal-razzismo

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Avvocato penalista - Configura il reato di ingiuria (art. 594 del codice penale), aggravata dal razzismo, il fatto di apostrofare una persona, chiamandola " terrone " o " terrona ".
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mercoledì 22 maggio 2013

Avvocato penalista - Antiusura bancaria e difesa delle vittime dell'usura bancaria.

Avvocato penalista - Antiusura bancaria e difesa delle vittime dell'usura bancaria.
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Avvocato penalista - Antiusura bancaria e difesa delle vittime dell'usura bancaria.
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E' il nuovo servizio legale professionale altamente innovativo, qualificato e specialistico, ideato dall'Avvocato Cirolla e rivolto alle vittime dell'usura bancaria.
 
Esso consiste nelle varie attività di assistenza, consulenza, difesa e rappresentanza legali in favore delle vittime del reato di usura bancaria, a partire dalla fase delle indagini preliminari - a cui si affiancheranno le indagini difensive, dirette dall'Avvocato Cirolla e supportate dai migliori investigatori privati di sua fiducia, nonché dai suoi più qualificati collaboratori scientifici, tutti altamente preparati e competenti nelle varie e rispettive branche delle scienze criminalistiche di cui si occupano - fino al giudizio di cassazione ed al successivo giudizio per le restituzioni ed il risarcimento dei danni.
 
Si tratta di un servizio legale nuovo ed innovativo, nonché efficace ed utile per le vittime del reato di usura bancaria, che viene svolto da professionisti competenti, seri, qualificati e specialisti ognuno nel proprio settore.
 
Possono usufruire di questo specifico servizio legale anche le Associazioni, le Fondazioni o le altre organizzazioni anti-usura bancaria esistenti nel territorio italiano od europeo, sia che operino in ambito ecclesiastico o diocesano, sia che operino in ambito civile o laico.
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Avvocato penalista - Antiusura bancaria e difesa delle vittime dell'usura bancaria.
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martedì 21 maggio 2013

Avvocato penalista - Anti truffa contrattuale e difesa delle vittime della truffa contrattuale.

Avvocato penalista - Anti truffa contrattuale e difesa delle vittime della truffa contrattuale.
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Avvocato penalista - Anti truffa contrattuale e difesa delle vittime della truffa contrattuale.
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E' il nuovo servizio legale professionale altamente innovativo, qualificato e specialistico, ideato dall'Avvocato Cirolla e rivolto alle vittime della truffa contrattuale.
 
Esso consiste nelle varie attività di assistenza, consulenza, difesa e rappresentanza legali in favore delle vittime del reato di truffa contrattuale , a partire dalla fase delle indagini preliminari - a cui si affiancheranno le indagini difensive, dirette dall'Avvocato Cirolla e supportate dai migliori investigatori privati di sua fiducia, nonché dai suoi più qualificati collaboratori scientifici, tutti altamente preparati e competenti nelle varie e rispettive branche delle scienze criminalistiche di cui si occupano - fino al giudizio di cassazione ed al successivo giudizio per le restituzioni ed il risarcimento dei danni.
 
Si tratta di un servizio legale nuovo ed innovativo, nonché efficace ed utile per le vittime della truffa contrattuale, che viene svolto da professionisti competenti, seri, qualificati e specialisti ognuno nel proprio settore.

Possono usufruire di questo specifico servizio legale gli enti pubblici, le aziende, le imprese, le società, i professionisti, i privati, nonché le Associazioni, le Fondazioni, gli Enti Morali  o le altre organizzazioni anti truffa contrattuale esistenti sul territorio italiano od europeo, sia che operino in ambito ecclesiastico o diocesano, sia che operino in ambito civile o laico.
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Avvocato penalista - Anti truffa contrattuale e difesa delle vittime della truffa contrattuale.
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lunedì 20 maggio 2013

Avvocato penalista - Sottrazione e trattenimento di minore all’estero.

Avvocato penalista - Sottrazione e trattenimento di minore all’estero.
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Avvocato penalista - Sottrazione e trattenimento di minore all’estero.
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L'art. 574 bis del Codice Penale (Sottrazione e trattenimento di minore all’estero), prevede che:

""" Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della potestà genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori».  """
 
Queste potrebbero essere le conseguenze, civili e penali, di certi contegni non battezzati bene ... 
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""" Sottrazione di minore e fuga all’estero: sentenza italiana esecutiva in Europa.

Scappare all’estero con il proprio bambino può comportare un processo in contumacia e il decadimento dalla potestà genitoriale.

Il coniuge che abbia la potestà genitoriale sul minore non può sottrarlo all’altro genitore, per esempio, portandolo con sé all’estero. Tale comportamento, in quanto considerato particolarmente grave, viene sanzionato con la perdita della potestà genitoriale.

La sanzione.

La perdita della potestà genitoriale comporta, per il coniuge fuggito all’estero, la sospensione dei propri diritti nei confronti del minore e può essere pronunciata anche in sua assenza [1].
 
La sentenza con cui il giudice dichiara il decadimento della potestà genitoriale è valida in tutti i Paesi dell’Unione Europea, ed è accompagnata dalla richiesta di rientro immediato del minore nel suo Stato di origine.

Richiesta di rientro del minore.

Più complicata è la fase relativa alle modalità di esecuzione della richiesta di rientro del minore, in tutti quei casi in cui il coniuge si rifiuti o non provveda a riconsegnare il minore sotto la custodia dell’altro genitore.
 
Quest’ambito è infatti disciplinato dalla legge nazionale dello Stato in cui si trova il minore, che pertanto deve riconoscere la validità della richiesta del giudice italiano [2].

Certificato.

La procedura di riconoscimento della richiesta prevede che il genitore, o chi ne sia interessato, debba rivolgersi al giudice dello Stato in cui il minore risiede abitualmente, e chiedergli di produrre un apposito certificato [3].
 
Tale certificato rende la sentenza inoppugnabile [4] ossia definitiva, ed il suo riconoscimento da parte delle Autorità straniere rende la richiesta di rientro del minore suscettibile di immediata applicazione anche nell’ordinamento estero.

In pratica.
 
Per ottenere il rientro del minore è necessario rivolgersi al giudice dello Stato in cui il minore ha la residenza abituale per avviare la procedura di decadimento della potestà genitoriale dell’altro coniuge.
 
Tale sentenza, che può essere pronunciata anche in assenza dell’altro coniuge, una volta certificata e quindi riconosciuta dalle Autorità estere, comporta che la richiesta di rientro del minore è valida ed esecutiva anche nel territorio dello Stato estero, e pertanto, suscettibile di essere applicata anche nell’ordinamento straniero.

[1] La materia è disciplinata dal Regolamento CE n. 2201/2003 del Consiglio europeo.
[2] Art. 47 Reg. CE n. 2201/2003.
[3] Art. 36 Reg. CE n. 2201/2003.
[4] Art. 24 Reg. CE n. 2201/2003. “Se non nel caso di errore materiale, ossia se il certificato non rispecchia correttamente il contenuto della decisione”. """
  
Fonte La legge per tutti.it

http://www.laleggepertutti.it/27546_sottrazione-di-minore-e-fuga-allestero-sentenza-italiana-esecutiva-in-europa
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Avvocato penalista - Sottrazione e trattenimento di minore all’estero.
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domenica 19 maggio 2013

Avvocato penalista - Fare il parcheggiatore abusivo non è reato.

Avvocato penalista - Fare il parcheggiatore abusivo non è reato.
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Lo ha stabilito una recente sentenza della Corte di Cassazione.

Ma soltanto nel caso in cui l'esercizio del mestiere di parcheggiatore abusivo venga svolto in assenza di ulteriori e più gravi condotte, penalmente rilevanti, o di modalità e mezzi che aggravino il suo già irregolare esercizio, in quanto costituiscono autonomamente e di per se, azioni o fatti reato, come, per esempio, nei casi in cui il parcheggiatore abusivo minacciasse chi non gli corrisponde il suo pur meritato compenso (minaccia); o gli prospettasse l'eventualità di un male ingiusto (estorsione); o, ed infine, procurasse danni alla sua autovettura (danneggiamento), e via dicendo.       
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Avvocato penalista - Fare il parcheggiatore abusivo non è reato. 
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""" Attività di parcheggiatore abusivo: non è reato.

Salvo il velato ricatto che si nasconde dietro la richiesta di denaro, l’attività di parcheggiatore abusivo non costituisce un reato penale.
 
L’esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore non è reato, ma semplice illecito punibile con una sanzione amministrativa.

Il Codice della Strada vieta infatti di esercitare senza autorizzazione l’attività di parcheggiatore e prevede che chi la eserciti sia punito con il solo pagamento di una sanzione da 765 a 3076 euro [1].
 
Chi ignora l’ordine dell’Autorità amministrativa di cessare questa attività abusiva non può quindi essere condannato per avere commesso un reato.
 
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione [2] in un caso in cui un soggetto è stato accusato di non aver osservato un provvedimento del Questore che gli imponeva di cessare l’esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore. Il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità [3] è commesso infatti soltanto se l’ordine dell’autorità abbia ad oggetto una condotta che non sia già vietata dalla legge. Poiché il provvedimento del Questore riguardava un divieto già previsto da una norma specifica, l’attività del parcheggiatore non è punibile come reato, ma soltanto con la sanzione amministrativa stabilita dal Codice della Strada.
 
Questo a meno che, si presti attenzione, le particolari modalità con cui l’attività abusiva viene esercitata non rendano più grave il fatto, che potrebbe quindi in questo caso costituire reato. Se ad esempio il parcheggiatore minacci delle ritorsioni nei confronti di chi si rifiuta di pagare, questo comportamento potrebbe essere punito come minaccia o addirittura come estorsione.
 
In conclusione, chiunque eserciti senza autorizzazione l’attività di parcheggiatore e sia oggetto di un provvedimento dell’autorità che ne vieta la prosecuzione non commette reato se ignora il divieto. Egli si espone soltanto al pagamento di una sanzione amministrativa.
 
[1] Art. 7 c. 15 bis del Codice della Strada
[2] C. Cass. sent. n. 15936/2013
[3] Art. 650 cod. pen. """

Fonte La legge per tutti.it

http://www.laleggepertutti.it/27724_attivita-di-parcheggiatore-abusivo-non-e-reato

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Avvocato penalista - Fare il parcheggiatore abusivo non è reato. 
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sabato 18 maggio 2013

Avvocato penalista - Le condizioni disumane del carcere giustificano il differimento della pena.

Avvocato penalista - Le condizioni disumane del carcere giustificano il differimento della pena.
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Quando le condizioni di vita all'interno del carcere sono disumane, si può richiedere ed ottenere il differimento dell'esecuzione della pena che si deve espiare.

Lo ha stabilito una recente ed, a mio avviso, molto giusta pronuncia del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, la quale ha statuito un ottimo principio di diritto e di giustizia "giusta", al quale mi auguro - ed auguro di cuore ad essi - che si uniformino tutti gli uffici giudiziari d'Italia e del mondo.

La Giustizia ed i Suoi palazzi sono un qualcosa di alquanto diverso e di più elevato rispetto alla Legge, alla sedicente Legalità ed ai loro ipocriti palazzi; e, se è giusto che la Giustizia non deve mai andare contro la Legge, non è affatto ingiusto, né tanto meno, illecito od illegale, che vada oltre la Legge, poiché, se e quando fa così, fa soltanto ciò che è il suo onesto, onorato e naturale mestiere, che non è quello di amministrare la giustizia, ma - e piuttosto - quello di rendere Giustizia.

Ed inoltre - ma non da meno - se e quando fa così, denota, senza ombra di dubbio alcuno, di avere colto nel segno tutto ciò che c'era o che c'è da cogliere circa la sua più essenziale od intima funzione; nonché di essere più accorta e più avveduta di certi legislatori e di certe loro leggi, poiché, con la sua onorevole opera - se e quando è davvero tale, come nel caso - ne colma le grossolane lacune e le ingiuste o parziali previsioni, sostituendosi di fatto ad essi, che di Giustizia non pare che se ne intendono gran che o minimamente.    
 
I carcerati, avendo commesso delle azioni gravi, gravissime e, spesso, atroci, hanno contratto un debito verso la società cosiddetta civile ma, soprattutto, verso le vittime delle loro cattive azioni, e mi sembra giusto che lo debbano estinguere, con l'espiazione delle pene che l'ordinamento giuridico prevede per i reati da essi rispettivamente commessi, nonché col risarcimento dei danni che hanno provocato agli altri loro simili.

Ma sono anche persone che hanno una loro coscienza - se ne fossero privi, non sarebbero punibili penalmente, infatti - e, dunque, se è così, come indubitabile pare che sia, sono anche persone che hanno e vivono l'inferno dentro, sapendo di aver commesso ciò che hanno rispettivamente commesso ed il cui ricordo li accompagnerà per tutta la vita, anche al di là della pena che è stata loro inflitta e che essi hanno espiato.

Per ogni peccato c'è un castigo (e non due) e per ogni reato c'è una pena (e non due).

Non mi sembra molto giusto o gran che rispondente a sani criteri di Giustizia che i poveri carcerati debbano espiare due pene per i loro delitti: una (giustamente) per ciò che hanno combinato e l'altra (molto ingiustamente) per l'ignavia, l'indolenza o la disumanità delle loro istituzioni cosiddette o sedicenti "civili" ...
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Avvocato penalista - Le condizioni disumane del carcere giustificano il differimento della pena.
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""" Carceri: pena rinviata per condizioni disumane della detenzione.
 
A causa delle condizioni di vita disumane nelle carceri si può ottenere il rinvio dell’esecuzione della pena detentiva: il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Venezia.
 
Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, con un originale provvedimento [1], ha accolto la richiesta di differimento della pena avanzata da un condannato a più di due anni di reclusione per via delle condizioni inumane delle carceri italiane.
 
In generale, la nostre legge prevede che il rinvio dell’esecuzione della pena possa essere richiesto solo in cinque casi ben precisi [2]:
 
- richiesta di grazia;
- stato di gravidanza e puerperio;
- grave infermità fisica;
- AIDS;
- madre con figli di età inferiore a 3 anni.

Invece, nel caso di specie, l’istanza per ottenere il rinvio della carcerazione è stata formulata sulla base delle condizioni di vita disumane nei nostri penitenziari.

Proprio a causa di ciò, l’Italia è stata recentemente condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo [3].

La fatiscenza, le precarie condizioni igienico-sanitarie, ma soprattutto il sovraffollamento delle carceri rendono la detenzione insostenibile.
 
Celle di 20 metri quadrati ospitano fino a 11 detenuti, violando così quel principio sancito a livello comunitario che individua in 3 metri quadrati calpestabili lo spazio minimo vitale per ciascun recluso.
 
Il Tribunale di sorveglianza di Venezia è andato dunque ben oltre il dettato della legge, accogliendo una richiesta di rinvio dell’esecuzione della pena per un motivo – la disumanità delle condizioni di vita in carcere dovute al sovraffollamento - diverso da quelli espressamente codificati.
 
Tale provvedimento rappresenta un importante precedente e costituisce un segnale di apertura verso le problematiche di un mondo troppo spesso avvolto dall’indifferenza.
 
[1] Trib. Sorveglianza di Venezia, ordinanza del 18.02.2013.
[2] Art. 147 cod. pen.
[3] Lo scorso gennaio, la Corte Europea ha condannato l’Italia al pagamento di 100.000 euro nei confronti di 7 detenuti delle carceri di Busto Arsizio e Piacenza per trattamento disumano e tortura: i nostri istituti non garantiscono a ciascun recluso quei 3 metri quadrati di superficie calpestabile che rappresentano, secondo la Corte, lo spazio minimo vitale. """
 
Fonte La legge per tutti.it

http://www.laleggepertutti.it/27744_carceri-pena-rinviata-per-condizioni-disumane-della-detenzione

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Avvocato penalista - Le condizioni disumane del carcere giustificano il differimento della pena.
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venerdì 17 maggio 2013

Avvocato penalista - Nel delitto di Atti persecutori (art. 612 bis c.p.) o stalking rilevano molto gli scopi del persecutore, invece.

Avvocato penalista - Nel delitto di Atti persecutori (art. 612 bis c.p.) o stalking rilevano molto gli scopi del persecutore, invece.
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E, di più, è essenziale il loro effettivo accertamento, prima di pronunciare qualunque sentenza.

Con tutto il rispetto che si deve alle sentenze ed a chi le ha emesse - soprattutto se si tratta della nostra Corte Suprema ossia del Giudice dei Giudici - e che, personalmente, non ho mai mancato di portare, né alle prime, né ai secondi, non condivido l'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nel caso giudiziario a cui si riferisce la sua sentenza che qui segue.

E, come credo che sia nei miei doveri, spiego perché.

Fin da quando ero poco più che un ragazzo ed ho preso in mano i primi libri di diritto, ho compreso e visto che c'è un'enorme differenza sostanziale - e non soltanto nominale - tra la legge e la giustizia e che questa differenza è la stessa che c'è (o che ci dovrebbe essere) tra i Palazzi della Legge ed i Palazzi della Giustizia e, non da meno, tra coloro che operano negli uni e negli altri.

Una legge può ben essere fisiologicamente e strutturalmente ingiusta o sbagliata, soprattutto se fatta da persone che di legge e di legiferazione non capiscono nulla, come la nostra legislazione dimostra con qualche migliaio di leggi "esemplari" in tale senso; ma una sentenza non può (e non dovrebbe) mai essere ingiusta o sbagliata, se non vuole smentire se stessa e l'intero sistema della nostra  Giustizia.
 
Poiché, se non rientrano tra i compiti od i doveri dei giudici quelli di disapplicare la legge o di andare contro la legge, sicuramente vi rientrano quelli di andare oltre le misere vedute di una legislazione fatta da incompetenti o da faccendieri della politica e, non da meno, di entrare dentro la legge, al fine di colmarne le grossolane lacune, con la giustizia e la giustezza delle loro sentenze.
 
Ci fu un tempo, nel nostro glorioso Paese - come mi ha insegnato uno dei miei migliori Maestri - in cui al tavolo delle leggi sedevano solo i giuristi, i letterati e gli esperti del settore in cui bisognava legiferare; e le leggi che ne venivano fuori erano pressocché  perfette.

Nel nostro tempo, al tavolo delle leggi siedono i congiuristi, gli ignoranti e gli espertologi ed i risultati dei loro prodotti legislativi o legislazionali sono quello che sono.
 
Che l'art. 612 bis del codice penale sia una norma fatta male e contro i principi costituzionali della tassatività e della determinatezza che ogni norma deve rispettare, riesce a vederlo anche un ragazzo al primo anno degli studi di giurisprudenza od una persona che non s'intende di leggi.

Ma, se il nostro ordinamento - molto sbagliato su questo specifico punto - consente anche agli ignoranti od agli avventati di sedere in Parlamento e di poter fare norme come l'art. 612 bis c.p., con la leggerezza, la superficialità e l'incuranza degli effetti finali che certe norme sballate possono arrecare nella loro concreta applicazione, anche ai cittadini innocenti, non consente ai Giudici e, men che mai, ai Supremi Giudici, di mettersi alla loro pari, atteso che i Giudici e, più di essi, i Supremi Giudici, sono persone di alto spessore culturale e giuridico.
 
Infine - e concludo il mio dire sulla questione - nel tempo in cui viviamo ci soccorrono non poco gli avanzamenti od i progressi delle scienze cosiddette ausiliarie o complementari al diritto penale, tra cui ed a mero titolo di esempio, l'antropologia criminale, la criminologia, la criminalistica, le scienze forensi, la psichiatria, la psicologia, ecc., ecc., ecc., che non dovremmo mai trascurare di consultare preventivamente, per farci aiutare nel tracciare un profilo criminale adeguato e corretto o per capire come si fa a distinguerlo dal profilo di un soggetto che non ha nulla di criminale.

Poiché ed al di là del grave e grossolano vuoto legislativo portato dalla norma di cui all'art. 612 bis c.p., se non si comprende adeguatamente e bene l'enorme e sostanziale differenza che intercorre, sul piano psicologico e criminologico, tra un vero persecutore o stalker ed un innamorato respinto o non più amato dalla sua donna, l'enorme e sostanziale differenza che intercorre tra le azioni poste in essere dal primo rispetto a quelle poste in essere dal secondo e l'enorme e sostanziale differenza che intercorre tra lo spirito del primo e lo spirito del secondo, si commetteranno ancora altri gravi errori di valutazione e si emetteranno ancora tante sentenze penali ingiuste.

Non tutte le persone (uomini o donne che siano, atteso che il delitto di atti persecutori non si riferisce solo agli uomini, quali soggetti attivi dello stesso, ma anche alle donne) sono od agiscono come e con gli scopi evidenti con cui agisce il soggetto raffigurato nella prima foto che qui segue; molte di esse hanno solo il disperato intento di riconquistare un amore perduto e nessun intento di persecuzione, come il soggetto raffigurato nella seconda foto.

Equiparare gli uni agli altri, solo per una lacuna di legge, non mi sembra per nulla conforme a giustizia.
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Avvocato penalista - Nel delitto di Atti persecutori (art. 612 bis c.p.) o stalking rilevano molto gli scopi del persecutore, invece.
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""" Stalking: non rileva quale obiettivo abbia lo stalker -
 
Scatta il reato di stalking anche se il colpevole non ha premeditato l’obiettivo della propria condotta.

Scatta lo stalking quando il soggetto perseguita la propria vittima, in modo ripetuto e ossessivo, a prescindere da quale sia, concretamente, il suo obiettivo e il risultato che voglia ottenere con tale comportamento. Lo stalker, infatti, è punito per il solo fatto di aver voluto compiere le condotte minacciose, consapevole comunque delle conseguenze che ciò avrebbe determinato sulla vittima.

Non è richiesto, invece, che lo stalker abbia un fine premeditato, un obiettivo da raggiungere nel perseguitare la propria vittima. Questa importante precisazione è stata fornita dalla Cassazione con una recentissima sentenza [1].

Per aversi stalking, le minacce o molestie reiterate devono essere tali da:
- provocare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura,
- o da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di altra persona legata alla vittima,
- o da costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita [2].

Il caso

La sentenza in oggetto riguarda il caso di un uomo che assillava e minacciava ripetutamente la propria ex, con frequentissime telefonate e sms, scenate di gelosia, tentativi di ostacolare le sue scelte di frequentazione sociale, intrusioni moleste nella vita privata di persone a lei vicine. La donna aveva finito per cambiare le proprie amicizie, i percorsi abituali e staccare il telefono.
 
Allo stalker non è servito giustificarsi mostrando il proprio ravvedimento e la disponibilità ad indennizzare la vittima.

[1] Cass. sent. n. 20993 del 2013.
[2] Art. 612 bis cod. pen. """

Fonte La legge per tutti. it

http://www.laleggepertutti.it/29832_stalking-non-rileva-quale-obiettivo-abbia-lo-stalker
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Avvocato penalista - Nel delitto di Atti persecutori (art. 612 bis c.p.) o stalking rilevano molto gli scopi del persecutore, invece.
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giovedì 16 maggio 2013

Avvocato penalista - Commette violenza sessuale (art. 609 bis del codice penale) la persona che continua nel rapporto sessuale in atto, nonostante la venuta meno del consenso dell'altro o dell'altra.

Avvocato penalista - Commette violenza sessuale (art. 609 bis del codice penale) la persona che continua nel rapporto sessuale in atto, nonostante la venuta meno del consenso dell'altro o dell'altra.

E' quanto ha stabilito una recente sentenza della Corte di Cassazione.
 
Secondo la Cassazione, non basta il solo consenso iniziale, ma il consenso dev'essere costante.
 
Dunque, si ha violenza sessuale in tutti quei casi in cui e se il consenso del soggetto passivo di questo ignobile reato, sebbene prima prestato, venga meno in seguito o durante il rapporto sessuale in atto.

Il principio di diritto stabilito dalla Cassazione si connota per la sua notevole elevatezza culturale, giuridica e, non da meno, civile; ma credo che incontrerà non poche difficoltà sul piano probatorio.

Poiché penso che sarà molto difficile provare se, davvero e da quale momento il consenso è mancato.

E la mia perplessità nasce proprio dal caso specifico deciso dalla Corte di Cassazione ossia del rifiuto di proseguire nel rapporto sessuale in atto da parte di una donna, perché non ha gradito le modalità violente di consumazione dello stesso; la qual cosa mi sembra molto giusta per lei e rispettosa della sua libertà.

Ma - e salvo che la signora abbia avuto un rapporto sessuale clandestino o casuale con uno sconosciuto, che e se così, denoterebbe tutta la sua imprudenza e la sua scarsa onorabilità - in ogni altro caso, a mio sommesso avviso, è molto difficile essere credibili o creduti circa la venuta meno (o riuscire a provare la revoca) del proprio consenso alla prosecuzione del rapporto sessuale in atto ed a partire da un determinato momento del suo svolgimento in poi, per la ragione semplicissima che, poiché si suole congiungersi carnalmente con persone che si conoscono bene e, soprattutto, con cui si desidera farlo - o almeno così è nella gran parte dei casi - sapendo che una persona (uomo o donna che sia) è di indole violenta, se ne dovrebbe dedurre, per logica, che è una persona violenta in ogni ambito i cui si estrinseca la sua "nobile personalità", ivi incluso il letto ... e, dunque, indursi, saggiamente e da se, ad evitare di accordarle alcun consenso, sia all'inizio, che in corso d'opera ...       
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Avvocato penalista - Commette violenza sessuale (art. 609 bis del codice penale) la persona che continua nel rapporto sessuale in atto, nonostante la venuta meno del consenso dell'altro o dell'altra.
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""" Stupro se lei, durante il rapporto sessuale, ci ripensa.
 
Non basta il consenso iniziale della vittima: c’è stupro se il consenso della vittima prima prestato poi viene meno durante il rapporto.
 
Commette reato di violenza sessuale [1] chi insiste nel rapporto sessuale nonostante la donna, pur essendo stata all’inizio consenziente, si rifiuti di proseguire perché non gradisce le modalità violente di consumazione dello stesso.
 
Il consenso deve infatti durare per l’intero rapporto sessuale senza soluzione di continuità altrimenti l’unione diventa stupro.
 
È quanto definito dalla Cassazione [2] che ha recentemente condannato un ventitreenne il quale, con violenza e minaccia, aveva costretto la propria ragazza, peraltro minorenne, a rapporti sadomaso.
 
La vittima, pur avendo accettato altri rapporti, si era opposta esplicitamente alle forme e modalità eccessivamente violente poste in essere dal giovane prevaricatore.
 
Già in passato la Suprema Corte [3] aveva chiarito che, soprattutto in caso di pratiche sessuali estreme, non basta il consenso iniziale della vittima per escludere il reato di violenza sessuale.
 
Quest’ultimo scatta se il partner insiste nonostante l’altro mostri esplicitamente, o mediante comportamenti univoci, di non essere più consenziente, per un ripensamento o una non condivisione delle modalità di consumazione del rapporto.
 
[1] Art. 609 bis cod. pen.
[2] Cass. sent. n. 15334 del 3.04.2013.
[3] Cass. sent. n. 25727/2004. """

Fonte La legge per tutti.it

http://www.laleggepertutti.it/27290_stupro-se-lei-durante-il-rapporto-sessuale-ci-ripensa .
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Avvocato penalista - Commette violenza sessuale (art. 609 bis del codice penale) la persona che continua nel rapporto sessuale in atto, nonostante la venuta meno del consenso dell'altro o dell'altra.
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