http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: febbraio 2014

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venerdì 21 febbraio 2014

Avvocato penalista - L'omicidio ovvero il delitto previsto e punito dall'art. 575 del Codice penale.

Avvocato penalista - L'omicidio ovvero il delitto previsto e punito dall'art. 575 del Codice penale.

L'Articolo 575 del Codice Penale, intitolato all'Omicidio, stabilisce che:

Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
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Avvocato penalista - L'omicidio ovvero il delitto previsto e punito dall'art. 575 del Codice penale.
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Il reato in esame è previsto e disciplinato dal titolo XII del c.p. dedicato ai delitti contro la persona.
 
L’omicidio può assumere la forma dolosa (art. 575 c.p.) o altre forme di cui si è detto in altra sede.
 
Elementi comuni a tutte le ipotesi di omicidio previste dal nostro ordinamento giuridico sono: il bene giuridico protetto, la specifica struttura del reato, la natura o la forma di consumazione.
 
Il bene giuridico protetto è dato dalla vita umana che, nel rispetto del principio di cui all'art. 2 della Costituzione, non è di esclusiva pertinenza del singolo, ma appartiene alla collettività intera, quale espressione di un interesse collettivo e, dunque, statale.
 
Sotto il profilo strutturale, l’omicidio si caratterizza per il necessario rapporto di causalità che collega la condotta umana all’evento morte.

L’offesa deve, dunque, concretizzarsi in una lesione effettiva del bene protetto.

Per tale ragione l’omicidio appartiene alla categoria dei cosiddetti reati di danno.
 
Sotto il profilo formale, l’omicidio si caratterizza per essere un cosiddetto reato comune, nel senso che può essere commesso da chiunque, non essendo necessario che l’autore del fatto rivesta una qualifica particolare; e a forma libera, non richiedendosi per la sua realizzazione modalità specifiche, ma soltanto un comportamento idoneo a cagionare l’evento morte di una o di più persone.

A regolare in modo diversificato la specifica figura delittuosa qui in esame è l’elemento psicologico.

Tra le altre fonti, vedete Treccani.
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Avvocato penalista - L'omicidio ovvero il delitto previsto e punito dall'art. 575 del Codice penale.
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giovedì 20 febbraio 2014

Avvocato penalista - Integra il reato di Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (Art. 392 del Codice Penale) il fatto di chi lasci fuori di casa la moglie cambiando la serratura della porta d’ingresso.

Avvocato penalista - Integra il reato di Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (Art. 392 del Codice Penale) il fatto di chi lasci fuori di casa la moglie cambiando la serratura della porta d’ingresso.
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Avvocato penalista - Integra il reato di Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (Art. 392 del Codice Penale) il fatto di chi lasci fuori di casa la moglie cambiando la serratura della porta d’ingresso.

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"" Condannato per aver cambiato la serratura di casa

Condannato per aver cambiato la serratura di casa
Suprema Corte di Cassazione Sesta Sezione Penale
Sentenza n. 4137/2014
Udienza del 22/01/2014 – depositata il 29/01/2014

Lascia fuori di casa la moglie cambiando la serratura della porta d’ingresso e la Cassazione, confermando la decisione presa dai giudici territoriali, lo condanna per il reato di cui all’art. 392 c.p.

Articolo 392 Codice Penale
Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose

Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa [120; c.p.p. 336, 340], con la multa fino a cinquecentosedici euro.

Agli effetti della legge penale, si ha violenza sulle cose allorché la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione.

Si ha altresì, violenza sulle cose allorché un programma informatico viene alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/condannato-aver-cambiato-la-serratura-casa/

Per leggere il testo della sentenza, cliccare qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/sentenze-cassazione-2014/sentenza-condannato-aver-cambiato-la-serratura-casa/
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Avvocato penalista - Integra il reato di Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (Art. 392 del Codice Penale) il fatto di chi lasci fuori di casa la moglie cambiando la serratura della porta d’ingresso.
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mercoledì 19 febbraio 2014

Avvocato penalista - L'Insolvenza fraudolenta ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 641 del Codice Penale.

Avvocato penalista - L'Insolvenza fraudolenta ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 641 del Codice Penale.
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Avvocato penalista - L'Insolvenza fraudolenta ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 641 del Codice Penale.
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L'Articolo 641del Codice Penale, intitolato all'Insolvenza fraudolenta, prevede e stabilisce che:
 
Chiunque, dissimulando il proprio stato d'insolvenza (Art. 2221, 2540 c. c.), contrae un'obbligazione col proposito di non adempierla è punito, a querela della persona offesa, qualora l'obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a cinquecentosedici euro.
 
L'adempimento dell'obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.
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Avvocato penalista - L'Insolvenza fraudolenta ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 641 del Codice Penale.
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martedì 18 febbraio 2014

Avvocato penalista - L'Usura bancaria e le circostanze in cui si realizza questo odioso reato.

Avvocato penalista - L'Usura bancaria e le circostanze in cui si realizza questo odioso reato.
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Avvocato penalista - L'Usura bancaria e le circostanze in cui si realizza questo odioso reato.
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L'articolo 644 del Codice penale, intitolato all'Usura, prevede che:
 
Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643 si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 3098 euro a 15.493 euro.

Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.

La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.
 
Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.

Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.

Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:
 
1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;

2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari;

3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;

4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale;

5) se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione.

Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni e utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.

L'articolo 1815 del Codice civile, intitolato agli  Interessi, a propria volta prevede che:

Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante.
Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell'articolo 1284.
Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
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""" Nel calcolo dell’usura bancaria ai fini del superamento del tasso soglia vanno conteggiati anche gli interessi di mora.
Avv. Giuseppe Giglio - Lucca, LU

Corte d’Appello di Venezia, sentenza del 18/02/2013 n. 342.

Pubblicato da Avv. Giuseppe Giglio da Lucca, LU

La Corte D’Appello di Venezia, con la sentenza in oggetto, ha confermato quanto già stabilito in varie decisioni della Corte di Cassazione, in relazione al metodo di calcolo dell’Usura, andando a ribadire che anche gli interessi di mora previsti nel contratto di mutuo o di finanziamento, indipendentemente dall’effettiva applicazione, devono essere sommati alle altre voci previste dalla legge per verificare il superamento del tasso soglia.

Questo perché, dice la Corte D’Appello, “l’art. 1815 comma 2 del Cod. Civ. esprime un principio giuridico valido per tutte le obbligazioni pecuniarie e a seguito della revisione legislativa ………. (omissis) esso prevede la conversione forzosa del mutuo usurario in mutuo gratuito, in ossequio all’esigenza di maggior tutela del debitore e ad una visione unitaria della fattispecie, connotata dall’abbandono del presupposto soggettivo dello stato di bisogno del debitore, a favore del limite oggettivo della soglia di cui all’art. 2 comma 4 della Legge 108/96 (tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella G.U., relativa alla categoria di operazione in cui il credito è compreso, aumentato della metà)”.

Ebbene la sanzione così stabilita dell’abbattimento del tasso d’interesse applicabile si applica a qualunque somma fosse dovuta a titolo di interesse, legale o convenzionale, sia agli interessi corrispettivi che agli interessi moratori, con la sola esclusione del caso in cui i rapporti contrattuali presupposti dall’applicazione degli interessi fossero già esauriti alla data dell’entrata in vigore della Legge 108/96.

Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c. si intendono usurari gli interessi che superino il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono stati promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.

Orbene, per l’effetto di quanto sopra esposto, nel caso di superamento del tasso soglia d’usura, nessuna somma è dovuta a titolo di interessi, ed il mutuatario avrà diritto a rimborsare solo la somma capitale e ad ottenere la restituzione di tutte le somme indebitamente pagate a titolo di interessi. """

Fonte Guide Legali.it :
 
http://www.guidelegali.it/sentenze-in-banche-calcolo-degli-interessi-e-mutui/nel-calcolo-dell-usura-bancaria-ai-fini-del-superamento-del-tasso-soglia-vanno-conteggiati-anche-gli-6847.aspx

Per leggere il testo integrale della sentenza della Corte di Appello di Venezia, cliccate qui:

http://www.guidelegali.it/Content/Public/Attachments/12--Sentenza-Corte-d'appello-Venezia-342-2013.pdf
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Avvocato penalista - L'Usura bancaria e le circostanze in cui si realizza questo odioso reato.
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lunedì 17 febbraio 2014

Avvocato penalista - La Combustione illecita di rifiuti, il nuovo reato creato con l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico dell'art. 256 bis del Decreto Legislativo n°. 152/2006, molto più noto come il Codice dell'ambiente.

Avvocato penalista - La Combustione illecita di rifiuti, il nuovo reato creato con l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico dell'art. 256 bis del Decreto Legislativo n°.  152/2006, molto più noto come il Codice dell'ambiente.
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Avvocato penalista - La Combustione illecita di rifiuti, il nuovo reato creato con l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico dell'art. 256 bis del Decreto Legislativo n°.  152/2006, molto più noto come il Codice dell'ambiente.
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""" Il Decreto legge 10 dicembre 2013 n. 136 (provvedimento d'urgenza "Terra dei fuochi", in vigore già dall'11 dicembre 2013, recante “Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate”) ha introdotto l'articolo 256 bis nel Decreto Legislativo n.  152/2006 (Codice dell'ambiente).
 
Trattasi del reato di "combustione illecita di rifiuti", che si configura allorquando taluno ponga in essere una delle seguenti condotte:
 
• appicchi il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate;

• abbandoni o depositi rifiuti;

• immetta rifiuti nelle acque superficiali o sotterranee in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.
 
Il delitto è punito con la reclusione da due a cinque anni.

Il delitto è aggravato nei seguenti casi:
 
• se il fuoco è appiccato a rifiuti pericolosi (reclusione da tre a sei anni);
 
• se è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o di un'attività organizzata (aumento della pena di un terzo);
 
• se i fatti sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel  settore dei rifiuti (aumento della pena fino a un terzo).
 
È prevista la confisca dei mezzi di trasporto utilizzati per la commissione dei suddetti delitti, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea al reato, nonché la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, salvi gli obblighi di bonifica e ripristino.
 
Prima della novella legislativa in esame, le fattispecie sopra descritte avrebbero potuto essere ricondotte ai reati previsti dal Codice penale agli articoli 423, 423-bis, 424 e, quanto alle ipotesi aggravate, 425. Affinché si configurasse il reato, tuttavia, era necessario che l'incendio fosse di proporzioni e possibilità di sviluppo tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità.
 
Inoltre, anche a prescindere dalla messa in pericolo dell'incolumità pubblica, bruciare i rifiuti violava specificamente le disposizioni sullo smaltimento dei rifiuti, con relativa applicazione del reato contravvenzionale di "Attività di gestione dei rifiuti non autorizzata" (articolo 256 del Codice dell'ambiente) che prevede:
 
a) la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a  ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
 
Nella nuova configurazione di cui all'articolo 256 bis del Codice dell'ambiente, il reato è sanzionato ben più gravemente, come sopra si è visto (trattasi ora di delitto e non di contravvenzione).
 
Inoltre, ai fini della sussistenza del reato, si prescinde dalle dimensioni dell'incendio (anche un piccolo incendio è penalmente rilevante).
 
Ciò in quanto è diverso l'interesse giuridico protetto, che non è più l'incolumità pubblica ma la tutela dell'ambiente in generale. """
 
Fonte Guide legali.it :
 
http://www.guidelegali.it/approfondimenti-in-penale-principi-generali/introdotto-il-nuovo-reato-di-combustione-illecita-dei-rifiuti-6782.aspx?catid=31
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Avvocato penalista - La Combustione illecita di rifiuti, il nuovo reato creato con l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico dell'art. 256 bis del Decreto Legislativo n°.  152/2006, molto più noto come il Codice dell'ambiente.
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domenica 16 febbraio 2014

Avvocato penalista - Affittare o subaffittare la casa ad una prostituta non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione.

Avvocato penalista - Affittare o subaffittare la casa ad una prostituta non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione.
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Avvocato penalista - Affittare o subaffittare la casa ad una prostituta non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione.
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"" Affittare la casa ad una escort favorisce la prostituzione?

 La risposta della Cassazione Suprema Corte di Cassazione Terza Sezione Penale

Sentenza 4 febbraio – 17 febbraio 2014, n. 7338
Presidente Squassoni – Relatore Ramacci

E’ favoreggiamento alla prostituzione subaffittare un appartamento ad una prostituta?

La Cassazione, ritenendo infondato il ricorso del Pubblico Ministero, ha detto di no.

La Corte, nella decisione che si riporta di seguito, ha richiamato diversi precedenti sulla materia chiarendo quali siano le condizioni necessarie per integrare la suddetta fattispecie di reato.

In particolare ha ribadito che, in linea generale, “si è affermato come il reato di favoreggiamento della prostituzione sia perfezionato da ogni forma di interposizione agevolativa e da qualunque attività che, anche in assenza di un contatto diretto dell’agente con il cliente, sia idonea a procurare più facili condizioni per l’esercizio del meretricio e che venga posta in essere con la consapevolezza di facilitare l’altrui attività di prostituzione, senza che abbia rilevanza il movente o il fine di tale comportamento (così Sez. I n. 39928, 29 ottobre 2007).

È dunque sufficiente ad integrare il reato in esame qualsiasi condotta consapevole che si risolva, indipendentemente dal movente dell’azione, in una concreta agevolazione dell’altrui meretricio, anche se si è pure specificato che, affinché possa configurarsi il favoreggiamento della prostituzione, occorre che la condotta materiale concreti oggettivamente un ausilio all’esercizio del meretricio, essendo altrimenti irrilevante l’aiuto che sia prestato solo alla prostituta, ossia che riguardi direttamente quest’ultima e non la sua attività di prostituzione, anche se detta attività ne venga indirettamente agevolata (Sez. III n. 36595, 21 settembre 2012; Sez. III n. 8345, 19 luglio 2000)”.

Articolo 81 Codice Penale

Concorso formale. Reato continuato

È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.

Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.

Nei casi preveduti da quest’articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.

Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, l’aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Articolo 3 Legge 75/1958 – Legge Merlin

Le disposizioni contenute negli artt. 531 a 536 del codice penale sono sostituite dalle seguenti:

«È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 258 a euro 10.329, salvo in ogni caso l’applicazione dell’art. 240 del codice penale:

1) chiunque, trascorso il termine indicato nell’art. 2, abbia la proprietà o l’esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;

2) chiunque, avendo la proprietà o l’amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;

3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all’interno del locale stesso, si dànno alla prostituzione;

4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione;

5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;

6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza, al fine di esercitarvi la prostituzione ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;

7) chiunque esplichi un’attività in associazioni ed organizzazioni nazionali od estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l’azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni;

8) chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui.

In tutti i casi previsti nel n. 3) del presente articolo alle pene in essi comminate, sarà aggiunta la perdita della licenza d’esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell’esercizio.

I delitti previsti dai nn. 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano». ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/affittare-casa-ad-escort-favorisce-la-prostituzione-la-risposta-della-cassazione/

Per leggere il testo della sentenza, cliccare qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/sentenze-cassazione-2014/sentenza-favoreggiamento-prostituzione-affitare-casa-escort/
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Avvocato penalista - Affittare o subaffittare la casa ad una prostituta non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione.
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sabato 15 febbraio 2014

Avvocato penalista - Calciopoli - Diffamazione a mezzo stampa: il direttore ed il giornalista sono stati condannati per aver diffamato Moggi e Giraudo.

Avvocato penalista -  Calciopoli - Diffamazione a mezzo stampa: il direttore ed il  giornalista sono stati condannati per aver diffamato Moggi e Giraudo.
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Avvocato penalista -  Calciopoli - Diffamazione a mezzo stampa: il direttore ed il  giornalista sono stati condannati per aver diffamato Moggi e Giraudo.
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"" La sentenza in commento si riferisce a un episodio particolare della vicenda meglio conosciuta come "calciopoli" scandalo che ha investito il mondo del calcio italiano nel 2006 e che ha coinvolto diverse società professionistiche oltre ad alcuni arbitri ed assistenti.
 
Tra i vari dirigenti risultavano coinvolti anche Luciano Moggi e Antonio Giraudo (Juventus) che sono stati definiti da un giornalista "killer" e "latitanti" e, proprio per queste parole, la corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del tribunale di Torino, confermata la concessione delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza, ha ridotto la pena inflitta agli imputati a €. 450 di multa e a €. 300 di multa confermando nei loro confronti la responsabilità del primo in ordine al reato ex artt. 595 co. 1 e 3 c.p. e 13 L. 47/48 e la responsabilità del secondo in ordine al reato ex artt. 57 e 595 co. 1 e 3 c.p. e 13 L. 47/48, nonché le statuizioni civili in favore dei dirigenti juventini.
 
Veniva proposto ricorso alla Corte di Piazza Cavour ma gli ermellini che hanno esaminato il caso, dalle risultanze costituite dall'acquisito testo dell'articolo, hanno considerato il contenuto " lesivo della reputazione dei due personaggi del mondo calcistico".
 
Nello specifico, con riferimento alle parole incriminate, la Corte ha affermato che "trattasi di apprezzamenti critici espressi con parole (killer impunita essersi adoperati malavitosamente, ben conosciuti latitanti per via di una giustizia sportiva molto ingiusta), che correttamente la corte di merito ha ritenuto essere stati scelti all'insegna dell'invettiva e del dileggio superando i limiti della continenza.
 
Questo requisito dell'esimente del diritto di critica non può equivalere ad obbligo di utilizzare un linguaggio grigio e anodino, essendo consentito l'uso di espressioni aspre e polemiche, specialmente quando oggetto della censura siano argomenti di ampio e diffuso interesse pubblico. Confine invalicabile è però costituito dal rispetto del bene fondamentale previsto dall'art. 3 della Costituzione per cui la liceità delle espressioni polemiche va esclusa quando si travalichi questo limite della correttezza del linguaggio, calpestando quel minimo di dignità che va riconosciuto ad ogni essere umano.
 
Nel caso in esame , i giudici di merito con argomentazione logica e costituzionalmente orientata, hanno affermato che il giornalista non ha svolto il corretto ruolo di informazione e di critica, ma ha svolto la funzione di aggressore dell'altrui reputazione con termini inappropriati, slealmente estranei al lessico usuale della polemica sportiva, facilmente sostituibili con altri, ugualmente critici, ma compatibili con civili relazioni umane e sociali".
 
Pertanto, dichiarando inammissibile il ricorso, i giudici hanno concluso osservando che "secondo un condivisibile orientamento interpretativo, la valutazione effettuata dai giudici di merito, essendo affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, è incensurabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio della motivazione, in quanto essa non difetta di giustificazione né si discosta macroscopicamente dai dati di comune esperienza, né presenta alcuna contraddittorietà".
 
Articolo 595 Codice Penale Diffamazione:
 
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
 
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
 
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa [57-58bis] o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [c.c. 2699], la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
 
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio [342], le pene sono aumentate.
 
(Importi incrementati a norma dell'art. 113, c. 1, l. n. 689/1981. Qualora proceda il giudice di pace, si applicano le sanzioni previste ex art. 52, c. 2, lett. a), d.lgs. 274/2000) ""
 
Fonte Sentenze-Cassazione.com .
 
 
Per leggere il testo della sentenza, cliccate al seguente link:
 
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Avvocato penalista -  Calciopoli - Diffamazione a mezzo stampa: il direttore ed il  giornalista sono stati condannati per aver diffamato Moggi e Giraudo.
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venerdì 14 febbraio 2014

Avvocato penalista - Atti persecutori (o Stalking, come è più noto) ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 612 bis del Codice Penale rivisitato dalla Cassazione.

Avvocato penalista - Atti persecutori (o Stalking, come è più noto) ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 612 bis del Codice Penale rivisitato dalla Cassazione.
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Avvocato penalista - Atti persecutori (o Stalking, come è più noto) ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 612 bis del Codice Penale rivisitato dalla Cassazione. 
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"" Stalking, pedinamenti e minacce nei confronti della ex

Stalking, pedinamenti e minacce nei confronti della ex
Suprema Corte di Cassazione Sezione III Penale
Sentenza 20 novembre 2013 – 11 febbraio 2014, n. 6384
Presidente Fiale – Relatore Orilia

La Corte di Cassazione, esaminando un caso relativo al reato di stalking ha precisato che “Il delitto di atti persecutori cosiddetto “stalking” (art. 612 bis cod. pen.) è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 29872 del 19/05/2011 Cc. dep. 26/07/2011 Rv. 250399; Sez. 5, Sentenza n. 34015 del 22/06/2010 Cc. dep. 21/09/2010 Rv. 248412).

Essendo stato dedotto anche il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, è opportuno ribadire che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass. 6.6.06 n. 23528)“.

Secondo i giudici di Piazza Cavour, che hanno ritenuto fondato il ricorso presentato dal P.M. nel quale veniva lamentato anche un vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, hanno affermato che il percorso argomentativo adottato dal giudice di primo grado “si rivela illogico perché il Tribunale, pur dilungandosi sui differenti contenuti delle narrazioni di cui all’atto di querela e alle successive dichiarazioni rese al pubblico ministero, in ogni caso (v. pag. 6) riconosce – come elemento comune ad entrambi gli apporti orali – un comportamento molesto del V. posto in essere col mezzo del telefono, caratterizzato dalla molteplicità di chiamate e sms anche a contenuto minatorio o da atteggiamenti ossessivi (ad esempio, presentandosi nei luoghi frequentati dalla donna oppure contattando persone vicine alla stessa).

E tuttavia, pur in presenza di tali elementi, esclude la sussistenza di quello stato di ansia e paura manifestato dalla parte offesa (di cui non pone neppure in dubbio l’attendibilità), richiamando a tal fine l’esistenza di chiamate della donna dirette al V. e, in definitiva, il contesto conflittuale originato dalla crisi della relazione di coppia tra i due coniugi, cioè un dato che non è assolutamente idoneo ad escludere o ridurre la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato in questione, ma che anzi appare assai rilevante, tant’è che l’art. 612 bis, al secondo comma, prevede addirittura come aggravante l’esistenza di rapporti di coniugio o di pregressi rapporti affettivi tra le parti“. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/stalking-pedinamenti-minacce-nei-confronti-della-ex/

Per leggere il testo della sentenza, cliccare qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/sentenze-cassazione-2014/sentenza-stalking-pedinamenti-minacce-nei-confronti-della-ex/
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Avvocato penalista - Atti persecutori (o Stalking, come è più noto) ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 612 bis del Codice Penale rivisitato dalla Cassazione. 
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giovedì 13 febbraio 2014

Avvocato penalista - Il vizio di motivazione radicale, da cui sia affetta una sentenza emessa dai giudici di merito, non può essere colmato dalla Cassazione.

Avvocato penalista - Il vizio di motivazione radicale, da cui sia affetta una sentenza emessa dai giudici di merito, non può essere colmato dalla Cassazione.
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Avvocato penalista - Il vizio di motivazione radicale, da cui sia affetta una sentenza emessa dai giudici di merito, non può essere colmato dalla Cassazione.
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"" Il vizio motivazionale radicale non può essere colmato dalla Cassazione
 
Il vizio motivazionale radicale non può essere colmato dalla Cassazione
Suprema Corte di Cassazione III Sezione Penale
 
Sentenza 9 gennaio – 13 febbraio 2014, n. 6989
Presidente Mannino – Relatore Marini
 
Ecco sommariamente di cosa tratta la sentenza in commento
 
A causa della intervenuta prescrizione si è tralasciato di sviluppare quelle circostanze che, a parer dell’imputato, avrebbero portato all’assoluzione nel merito.
 
In sede di legittimità la Corte ha affermato che la sentenza impugnata “versa in ipotesi di vizio motivazionale radicale, che non può essere colmato in sede di legittimità e che non consente a questa Corte di procedere al necessario approfondimento”. ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Per leggere il testo della sentenza, cliccare qui:
 
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Avvocato penalista - Il vizio di motivazione radicale, da cui sia affetta una sentenza emessa dai giudici di merito, non può essere colmato dalla Cassazione.
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mercoledì 12 febbraio 2014

Avvocato penalista - E' vietato esporre gli alimenti all’aperto; lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sua recente sentenza qui di seguito riportata.

Avvocato penalista -  E' vietato esporre gli alimenti all’aperto;  lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sua recente sentenza qui di seguito riportata.
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Avvocato penalista -  E' vietato esporre gli alimenti all’aperto;  lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sua recente sentenza che qui di seguito si riporta. 
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"" Vietato esporre gli alimenti all’aperto
 
Vietato esporre gli alimenti all’aperto
Suprema Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale
Sentenza 17 gennaio – 10 febbraio 2014, n. 6108
Presidente Teresi – Relatore Ramacci
 
Con la sentenza che si riporta, la Cassazione ha esaminato il caso di un commerciante, condannato dal Tribunale di Noia alla pena dell’ammenda riconoscendolo colpevole della contravvenzione di cui all’art. 5, lett. b) della legge 283/1962, per aver detenuto per la vendita 3 cassette di verdure di vario tipo in cattivo stato di conservazione.
 
Nello specifico l’uomo aveva esposto fuori dal proprio negozio una cassetta di verdura senza preoccuparsi che, così facendo, avrebbe messo in contatto gli alimenti con le sostanze nocive rilasciate dai gas di scarico delle auto.
 
Per la Cassazione, che ha ricordato alcune precedenti sentenze delle Sezioni Unite, il caso in questione configura “un reato di danno, perché la disposizione è finalizzata non tanto a prevenire mutazioni che nelle altre parti dell’art. 5 legge 283/1962 sono prese in considerazione come evento dannoso, quanto, piuttosto, a perseguire un autonomo fine di benessere, assicurando una protezione immediata all’interesse del consumatore affinché il prodotto giunga al consumo con le cure igieniche imposte dalla sua natura.
 
Conseguentemente, si è escluso che la contravvenzione si inserisca nella previsione di una progressione criminosa che contempla fatti gradualmente più gravi in relazione alle successive lettere indicate dall’art. 5, perché, rispetto ad essi, è figura autonoma di reato, cosicché, ove ne ricorrano le condizioni, può anche configurarsi il concorso (in senso conforme, Sez. III n. 35234, 21 settembre 2007; difforme Sez. III n. 2649, 27 gennaio 2004)“.
 
Secondo Piazza Cavour dunque, “ai fini della configurabilità del reato, non vi è la necessità di un cattivo stato di conservazione riferito alle caratteristiche intrinseche delle sostanze alimentari, essendo sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, che devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza (conf. Sez. III n. 15094, 20 aprile 2010; Sez. III n. 35234, 21 settembre 2007, cit.; Sez. III n. 26108, 10 giugno 2004; Sez. III n.123124, 24 marzo 2003; Sez. IV n. 38513, 18 novembre 2002; Sez. III n. 37568, 8 novembre 2002; Sez. III n. 5, 3 gennaio 2002)“.
 
In altre parole, riguardo alla contravvenzione in esame non si richiede la produzione di un danno alla salute, poiché l’interesse protetto dalla norma è quello del rispetto del cd. ordine alimentare, volto ad assicurare al consumatore che la sostanza alimentare giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte per la sua natura. ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Per leggere il testo della sentenza, cliccare qui:
 
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Avvocato penalista -  E' vietato esporre gli alimenti all’aperto;  lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sua recente sentenza che qui di seguito si riporta. 
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martedì 11 febbraio 2014

Avvocato penalista - Incensuratezza e attenuanti generiche ovvero la concessione delle attenuanti generiche a chi è incensurato.

Avvocato penalista - Incensuratezza e attenuanti generiche ovvero la concessione delle attenuanti generiche a chi è incensurato.
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Avvocato penalista - Incensuratezza e attenuanti generiche ovvero la concessione delle attenuanti generiche a chi è incensurato.
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"" Incensuratezza e attenuanti generiche
 
Incensuratezza e attenuanti generiche
Suprema Corte di Cassazione III Sezione Penale
Sentenza 15 gennaio – 10 febbraio 2014, n. 6102
Presidente Mannino – Relatore Gentili
 
La Cassazione, con la sentenza che riportiamo, ha esaminato una questione di grande interesse, relativa alla concessione delle attenuanti generiche nei confronti di chi è incensurato.
 
La questione giunta fino a Piazza Cavour era stata trattata nelle precedenti fasi di merito con decisioni discordanti tra la Corte d’Appello e il Giudice di prime cure.
 
Gli ermellini hanno ribadito che “come è noto, (l’incensuratezza) non può da sola sostenere il beneficio” ma sul punto hanno anche precisato che è stato per lunghi anni jus receptum che “l’incensuratezza dell’imputato costituisce elemento valido di giudizio per concedere le attenuanti generiche” (Corte di cassazione, Sez. Ili penale, 10 maggio 1965, n. 1600, si cita volutamente una lontana sentenza onde mettere in luce il radicamento temporale del detto orientamento); tale indirizzo, coerente con l’allora vigente assetto normativo, è stato, di recente, superato per effetto dell’espresso dettato legislativo; infatti l’attuale testo dell’art. 62-bis, comma terzo, cod. pen. prevede che: “In ogni caso, l’assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma“.
 
“È questo, evidentemente, il vincolo negativo cui si riferisce la Corte territoriale nell’escludere la concedibilità della circostanze attenuanti generiche nel caso di specie.
 
Va, però, precisato che, inserita la predetta disposizione, sotto forma di novella, nel testo originario dell’art. 62-bis, cod pen., a seguito della entrata in vigore della legge 24 luglio 2008, n. 125, di conversione del decreto legge 27 maggio 2008, n. 92, essa è applicabile, stante la sua schietta natura di norma di diritto penale sostanziale, solo per i fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore (Corte di cassazione, Sez. I penale, 19 maggio 2009, n. 23014)”. ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Per leggere il testo della sentenza, cliccare qui:
 
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Avvocato penalista - Incensuratezza e attenuanti generiche ovvero la concessione delle attenuanti generiche a chi è incensurato.
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lunedì 10 febbraio 2014

Avvocato penalista - Non integra il reato di omessa informativa sulla privacy il fatto del gestore di un servizio di hosting che sia impossibilitato a controllare la massa di video caricati da terzi.

Avvocato penalista - Non integra il reato di omessa informativa sulla privacy il fatto del gestore di un servizio di hosting che sia impossibilitato a controllare la massa di video caricati da terzi.
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Avvocato penalista - Non integra il reato di omessa informativa sulla privacy il fatto del gestore di un servizio di hosting che sia impossibilitato a controllare la massa di video caricati da terzi.  
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"" Video disabile. La Cassazione assolve Google.

Video disabile. La Cassazione assolve Google
Suprema Corte di Cassazione III Sezione Penale
3 febbraio 2014 (ud. 17 dicembre 2013), n. 5107
Presidente Mannino, Relatore Andronio, P. G. Fraticelli

Sono state depositate le motivazioni della sentenza Google Vs Vividown relativa al caso del video pubblicato sulla rete (su Google Video, piattaforma non più attiva dopo l’acquisizione di YouTube dal colosso Californiano) in cui alcuni ragazzi prendevano in giro un loro compagno di classe affetto da sindrome di Down.

La Corte d’appello di Milano riformava la sentenza di condanna inflitta dal giudice di primo grado ai dirigenti di Google assolvendo questi ultimi “perchè il fatto non sussiste“

I giudici di Milano hanno affermato che “ci si trovi davanti ad una vicenda molto complessa….perchè attiene alla questione del governo di internet” e, su questa premessa hanno quindi scelto la strada dell’assoluzione in quanto “non può essere ravvisata la possibilità effettiva e concreta di esercitare un pieno ed efficace controllo sulla massa dei video caricati da terzi, visto l’enorme afflusso di dati”.

Dello stesso avviso la Cassazione che ha respinto il ricorso della Procura osservando che il video era stato pubblicato su Google video che offriva un servizio di Internet hosting, all’insaputa del ragazzo affetto dalla sindrome di down e che alcuni giorni dopo altri utenti avevano segnalato la presenza del video sul sito chiedendone la rimozione che è subito avvenuta.

Per la Cassazione non sussiste alcuna “responsabilità penale dell’internet host provider ma solo di coloro che hanno caricato nello stesso il video pertanto non è configurabile alcun obbligo generale di controllo in capo ai rappresentanti di Google Italy s.r.l., gestore del servizio stesso“. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/video-disabile-la-cassazione-assolve-google/
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Avvocato penalista - Non integra il reato di omessa informativa sulla privacy il fatto del gestore di un servizio di hosting che sia impossibilitato a controllare la massa di video caricati da terzi.  
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domenica 9 febbraio 2014

Avvocato penalista - Il concorso esterno in associazione mafiosa, la presunzione di adeguatezza e la custodia cautelare in carcere.

Avvocato penalista - Il concorso esterno in associazione mafiosa, la presunzione di adeguatezza e la custodia cautelare in carcere.
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Avvocato penalista - Il concorso esterno in associazione mafiosa, la presunzione di adeguatezza e la custodia cautelare in carcere.
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"" Presunzione di adeguatezza, custodia cautelare e concorso esterno in associazione mafiosa

Presunzione di adeguatezza, custodia cautelare e concorso esterno in associazione mafiosa 
Suprema Corte di Cassazione Penale Prima Sezione
Senetnza 22 gennaio 2014 (ud. 17 ottobre 2013), n. 2946
Presidente Siotto, Relatore Magi

Ancora una volta, dopo la sentenza n.57 del 2013, la Cassazione ha affronta il tema del concorso esterno in associazione mafiosa.

L’esame della Corte si è soffermato nella distinzione tra la figura del concorso esterno in associazione mafiosa e quella differente dell’ipotesi della commissione di un reato aggravato dall’art. 7 legge 203 del 1991 –  l’aggravante per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo.

Articolo 275 Codice di Procedura Penale
Criteri di scelta delle misure

1. Nel disporre le misure, il giudicetiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari [274] da soddisfare nel caso concreto.

1 bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell’esito del procedimento delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell’articolo 274, comma 1, lettere b) e c).

2. Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata.

2 bis. Non può essere disposta la misura della custodia cautelare [284, 285, 286] se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.

2 ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all’esito dell’esame condotto a norma del comma 1bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall’articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall’articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole.

3. La custodia cautelare in carcere[285] può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata [292 lett. c-bis)]. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezzain ordine ai delittidi cui all’articolo 51, commi 3 -bis e 3 - quater , nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600 -bis , primo comma, 600 -ter , escluso il quarto comma, e 600 -quinquies del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari [347 3].

4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere [285], salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputatisiano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l’età di settanta anni.

4 bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.

4 ter. Nell’ipotesi di cui al comma 4 bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l’imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.

4 quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall’articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l’applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4 bis e 4 ter. In tal caso il giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie.

4 quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.

[5. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell’ambito di una struttura autorizzata [283 5], e l’interruzione del programma può pregiudicare la disintossicazione dell’imputato. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente prosegua il programma di recupero. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso in cui si procede per uno dei delitti previsti dal comma 3]

Nelle motivazioni della sentenza la Corte osserva che “il concorrente esterno, infatti, è – in modo non difforme rispetto all’ordinario partecipe del reato associativo – un soggetto che assicura, con condotta causalmente orientata, il raggiungimento dei fini cui mira il sodalizio criminoso (la sua condotta è pienamente espressiva dei connotati di  illiceità di cui all’art. 416 bis c.p.); il soggetto che, invece, compie una specifica ipotesi di reato aggravata dalla finalità di agevolazione mafiosa esprime un disvalore limitato al singolo episodio incriminato e non tale da determinare un materiale effetto di stabilizzazione del suo rapporto con il clan. Tali elementi di differenziazione, d’altronde, sono stati considerati dalla citata pronuncia della Corte Costituzionale secondo cui “la posizione dell’autore di delitti commessi avvalendosi del cd. “metodo mafioso”  o al fine di agevolare le attività delle associazione di cui non faccia parte, si rivela non equiparabile a quella dell’associato o del concorrente nella fattispecie associativa, per la quale la presunzione dell’art. 275 c.3 c.p.p risponde a dati di esperienza generalizzati“. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/presunzione-adeguatezza-custodia-cautelare-concorso-esterno-associazione-mafiosa/
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Avvocato penalista - Il concorso esterno in associazione mafiosa, la presunzione di adeguatezza e la custodia cautelare in carcere.
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giovedì 6 febbraio 2014

Avvocato penalista - Non integra il reato di Ingiuria (Art. 594 del Codice Penale) chiamare vipera la suocera.

Avvocato penalista - Non integra il reato di Ingiuria (Art. 594 del Codice Penale) chiamare vipera la suocera.
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Avvocato penalista - Non integra il reato di Ingiuria (Art. 594 del Codice Penale) chiamare vipera la suocera.
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"" Ingiuria, assolto dopo aver chiamato “vipera” la suocera.
 
Non è ingiuria dare della “vipera” alla suocera lo dice la Cassazione assolvendo «perchè il fatto non sussiste» un uomo che, per questa parola, ripetuta più volte anche innanzi agli agenti intervenuti a placare una lite familiare, era stato condannato nel 2012 dal Tribunale di Nicosia (Enna).
 
Con la Sentenza n. 5227 del 4 febbraio 2014, la V sezione penale della Corte di Cassazione ha statuito che la frase «Mia suocera come una vipera», se pronunciata in un contesto familiare teso, senza ledere il decoro e l’onore, non è reato.
 
Dopo una lite familiare che ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine, il genero, nel descrivere l’accaduto ed il comportamento della suocera ha utilizzato per tre volte il termine “vipera”.
 
A seguito della denuncia per ingiuria della suocera nei confronti del genero, i giudici di prime cure hanno condannato l’uomo poiché l’espressione è considerata offensiva.
 
In Cassazione la tesi difensiva del genero si è basata sull’inoffensività del termine, poiché è stato pronunciato dopo un’accesa discussione ed in un contesto litigioso, e "comunque non indirizzato all'interessata, ma agli agenti intervenuti al fine di descrivere la scena".
 
Gli ermellini hanno ritenuto fondata la difesa prospettata dell’uomo, poiché l’uso di una terminologia offensiva e lesiva del decoro e dell’onore della persona, non è da ritenersi tale se detta in una situazione di forte tensione infatti «Se è vero che il reato di ingiuria si perfeziona per il solo fatto che l’offesa al decoro o all’onore della persona avvenga alla sua presenza, è altrettanto vero - scrive l’alta Corte - che non integrano la condotta di ingiuria le espressioni che si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell’altrui onore e decoro, persino se formulate con terminologia scomposta e ineducata».
 
In conclusione, ne "discende che la frase sopra riportata, pronunciata dopo un contrasto che aveva determinato l'intervento delle forze dell'ordine e per descrivere, nella concitazione del momento, le modalità dell'azione della suocera, non si connota in termini di offensività idonei a giustificare l'attivazione della tutela penale". ""
 
Fonte Sentenze-cassazione.com :
 
 
L'Articolo 594 del Codice Penale, intitolato all'Ingiuria, prevede e stabilisce che:
 
Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a cinquecentosedici euro.
 
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
 
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
 
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.
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Avvocato penalista - Non integra il reato di Ingiuria (Art. 594 del Codice Penale) chiamare vipera la suocera.
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sabato 1 febbraio 2014

Avvocato penalista - L'Omicidio colposo ossia il reato previsto e punito dall'Articolo 589 del Codice Penale.

Avvocato penalista - L'Omicidio colposo ossia il reato previsto e punito dall'Articolo 589 del Codice Penale.
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Avvocato penalista - L'Omicidio colposo ossia il reato previsto e punito dall'Articolo 589 del Codice Penale.
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L'Articolo 589 del Codice Penale, intitolato all'Omicidio colposo, stabilisce che:

Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.

Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:

1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni;

2) soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.
 
L'omicidio colposo è il reato consistente nella soppressione di una vita umana ad opera di una persona in conseguenza di un fatto a lei imputabile, ma compiuto senza intenzionalità.

L'assenza dell'intenzionalità distingue l'omicidio colposo dall'omicidio doloso o volontario.

L'omicidio colposo può verificarsi con diverse modalità ed in più ambiti della nostra vita, tra cui ed a puro titolo di esempio, nella circolazione stradale; in campo medico o chirurgico; nei vari settori in cui si svolge la nostra vita lavorativa (industrie, cantieri edili, aziende agricole, trasporti, a scuola, in casa, ecc.).
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Avvocato penalista - L'Omicidio colposo ossia il reato previsto e punito dall'Articolo 589 del Codice Penale.
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