http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: gennaio 2015

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sabato 31 gennaio 2015

Avvocato penalista - Il delinquente, la sua scarsa capacità a delinquere e gli effetti di essa in tema di diminuzione della pena da irrogargli.

Avvocato penalista - Il delinquente, la sua scarsa capacità a delinquere e gli effetti di essa in tema di diminuzione della pena da irrogargli.
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Avvocato penalista - Il delinquente, la sua scarsa capacità a delinquere e gli effetti di essa in tema di diminuzione della pena da irrogargli.
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"" Diminuzione pena per scarsa capacità a delinquere

Diminuzione della pena per scarsa capacità a delinquere

Suprema Corte di Cassazione V Sezione Penale
Sentenza 21 giugno 2013 – 4 marzo 2014, n. 10264
Presidente Zecca – Relatore Micheli

La sentenza che riportiamo al link in fondo alla pagina, tratta dei reati previsti dal codice penale agli articoli 630, 628, 582, 614 nonché di porto di armi comuni da sparo.

Reati gravissimi visto che parliamo di rapina, lesioni, sequestro di persona e violazione di domicilio però, anche in questo caso, la Corte, seppur negando l’applicazione di alcune circostanze attenuanti richieste dalla difesa dell’imputato ha comunque ritenuto “doveroso un nuovo esame della fattispecie da parte del giudice di merito, tenendo conto della portata della sentenza n. 68 del 23/03/2012 della Corte Costituzionale, di cui la pronuncia oggetto di ricorso non poté ovviamente tenere conto, essendo stata emessa esattamente in pari data.

La possibilità che il caso in esame venga ritenuto di lieve entità, alla luce dei parametri indicati dal giudice delle leggi, può del resto desumersi sia dalla non particolare entità del lucro perseguito dall’imputato (il quale avanzò una richiesta in denaro decisamente inferiore a quanto poteva registrarsi nella casistica delle vicende degli anni Settanta ed Ottanta che determinarono l’inasprimento del regime sanzionatorio), sia dalla stessa scelta del Tribunale di Tivoli di determinare il computo della pena muovendo dai minimi edittali”. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/diminuzione-pena-scarsa-capacita-di-delinquere/
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Avvocato penalista - Il delinquente, la sua scarsa capacità a delinquere e gli effetti di essa in tema di diminuzione della pena da irrogargli.
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venerdì 30 gennaio 2015

Avvocato penalista - La violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro è sempre del datore di lavoro e del capo cantiere.

Avvocato penalista - La violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro è sempre del datore di lavoro e del capo cantiere.
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Avvocato penalista - La violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro è sempre del datore di lavoro e del capo cantiere.
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"" Violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, responsabilità.

Violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, responsabilità.

Suprema Corte di Cassazione IV Sezione  Penale,
Sentenza 13 – 27 febbraio 2014, n. 9699
Presidente Brusco – Relatore Dell’Utri

In materia di: violazione, norme, prevenzione degli infortuni sul lavoro, danni, responsabilità, lesioni personali colpose, datore di lavoro, capo cantiere, caduta, lavoratore, ponte.

La Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato il caso relativo alla responsabilità penale, per lesioni personali colpose, per la caduta di un lavoratore da un ponte di 4 metri.

In particolare, Piazza Cavour ha considerato le posizioni penalmente rilevanti del capo cantiere e del datore di lavoro per la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Ai due imputati erano state contestate le colpevoli omissioni concernenti il rispetto delle suddette norme per la sicurezza nei cantieri edili e nella vigilanza circa il ricorso delle condizioni di sicurezza del lavoro nel cantiere dagli stessi gestito poichè proprio per tali omissioni avevano provocato la caduta del lavoratore che si procurava lesioni personali guaribili in oltre venti giorni.

Entrambi gli imputati, condannati in primo e secondo grado, proponevano ricorso per cassazione ma, ritenuti infondati, venivano rigettati perchè “a conferma della correttezza della decisione dei giudici di merito, l’orientamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l’esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti (Cass., Sez. 4, n. 9491/2013, Rv. 254403).

Sotto altro profilo, gli ermellini osservano anche che  “in modo del tutto pertinente la corte territoriale ha fatto riferimento, nel caso di specie, al vigore del principio generale ai sensi del quale, in tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano (come nel caso di specie) più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitarle ad ognuno dei titolari di tale posizione (Cass., Sez. 4, n. 18826/2012, Rv 253850; Cass., Sez. 4, n. 46849/2011, Rv. 252149)”.

Infine, continua la Corte, in relazione al mancato riconoscimento, in favore di uno dei due imputati, delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p., ha precisato che “avendo la corte territoriale a tal fine correttamente evidenziato, con motivazione congruamente e logicamente argomentata, l’incidenza ostativa dei diversi precedenti penali dell’imputato (anche per gravi reati) e atteso l'assoluto difetto di alcuna allegazione di natura argomentativa o probatoria a fondamento dell’asserito ricorso dei presupposti per l'applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p. in questa sede per la prima volta invocata dall’imputato“. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/violazione-delle-norme-la-prevenzione-degli-infortuni-sul-lavoro-responsabilita/
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Avvocato penalista - La violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro è sempre del datore di lavoro e del capo cantiere.
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giovedì 29 gennaio 2015

Avvocato penalista - Guida in stato di alterazione psico-fisica determinata dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope: legittimo il rifiuto del prelievo delle urine.

Avvocato penalista - Guida in stato di alterazione psico-fisica determinata dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope: legittimo il rifiuto del prelievo delle urine.
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Avvocato penalista - Guida in stato di alterazione psico-fisica determinata dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope: legittimo il rifiuto del prelievo delle urine.
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"" Guida in stato di ebbrezza, prelievo delle urine, rifiuto

Guida in stato di ebbrezza, prelievo delle urine, rifiuto

Suprema Corte di Cassazione IV Sezione Penale
Sentenza 5 novembre 2013 – 3 marzo 2014, n. 10136
Presidente Brusco – Relatore Foti

Con la sentenza che si riporta al link in fondo alla pagina, la Cassazione ha trattato un caso molto interessante in materia di guida in stato di ebbrezza e di tutte le conseguenze che possono verificarsi e, in particolare, sul prelievo delle urine e sulla legittimità o meno di un rifiuto.

La Cassazine sul punto ha osservato che in tema di accertamenti concernenti la verifica delle condizioni psico-fisiche dei conducenti di autoveicoli coinvolti in incidenti stradali e della loro utilizzabilità processuale con riguardo alle ipotesi di guida in stato di ebbrezza alcolica, ha condivisibilmente affermato che i risultati del prelievo ematico, non preordinato ai fini di prova della responsabilità penale ma effettuato, secondo i normali protocolli medici di pronto soccorso, durante il ricovero in una struttura ospedaliera a seguito di incidente stradale, sono certamente utilizzabili ai fini dell’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica, irrilevante dovendo ritenersi, in tali casi, la mancanza del consenso dell’interessato.

E’ stato, quindi, anche affermato che i prelievi non necessari a fini terapeutici, effettuati in assenza di consenso dell’interessato, sono inutilizzabili, per violazione del diritto, costituzionalmente garantito, di inviolabilità della persona (Cass. nn. 38537/07, 4118/09, 26108/12, 6755/13).

Applicando tali principi alla vicenda oggi in esame, concernente la guida in stato di alterazione psico-fisica determinata dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, cioè un’ipotesi di reato del tutto simile a quella della guida in stato di ebbrezza alcolica, deve osservarsi che, non risultando che il prelievo delle urine fosse necessario a fini terapeutici, legittimamente il C. ha rifiutato il prelievo che, peraltro, avrebbe dovuto eseguirsi tramite cateterizzazione vescicale, cioè con un metodo invasivo e doloroso al quale egli aveva tutto il diritto di opporsi.

Rifiuto legittimamente opposto anche perché non risulta che il personale operante abbia preventivamente verificato la disponibilità dell’imputato di sottoporsi ad accertamenti meno invasivi, secondo le modalità descritte nell’art. 187 del codice della strada.

Deve quindi dichiararsi, con riguardo al reato di cui all’art. 187 co. 8 C.S., contestato sub capo B) della rubrica, previo annullamento senza rinvio, sul punto, della sentenza impugnata, che il fatto non sussiste; con rigetto, nel resto, del ricorso. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/guida-stato-ebbrezza-prelievo-delle-urine-rifuto/
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Avvocato penalista - Guida in stato di alterazione psico-fisica determinata dall’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope: legittimo il rifiuto del prelievo delle urine.
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mercoledì 28 gennaio 2015

Avvocato penalista - Integra il reato di cui all'Articolo 660 del Codice Penale, Molestia o disturbo alle persone, suonare troppo il campanello di casa.

Avvocato penalista - Integra il reato di cui all'Articolo 660 del Codice Penale, Molestia o disturbo alle persone, suonare troppo il campanello di casa.
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Avvocato penalista - Integra il reato di cui all'Articolo 660 del Codice Penale, Molestia o disturbo alle persone, suonare troppo il campanello di casa.
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"" Condannato per aver suonato troppo il campanello

Condannato per aver suonato troppo il campanello

Suprema Corte di Cassazione I Sezione Penale
Sentenza 12 – 28 febbraio 2014, n. 9780
Presidente Giordano – Relatore Bonito

Voler passare del tempo coi propri figli è certamente una cosa lodevole, specie in seguito ad una separazione ma abusarne potrebbe costar caro.

La Cassazione, con la sentenza che riportiamo di seguito, ha condannato un uomo che, per salutare i propri figli, non ha esitato a suonare il campanello per circa un ora (dalle 5.30 alle 6.30 del mattino).

L’imputato è stato condannato dal GUP del Tribunale di Trento perché, per petulanza e per altri biasimevoli motivi, tramite continui e frequenti contatti telefonici nonché appostamenti nella pubblica via, poneva in essere comportamenti di disturbo e di molestia in danno della moglie separata.

Per la Cassazione, “il fatto in sé è stato correttamente inserito dal giudicante nell’ipotesi tipica contestata ed alla tesi accusatoria la difesa ha opposto ragioni di merito volte a fornire una versione alternativa dei fatti di causa, versione alternativa peraltro per più profili irragionevole: vedere i figli alle sei del mattino ed attendere a quell’ora che uscissero per andare a scuola è francamente ricostruzione assolutamente illogica ed irrazionale.

Lo sforzo maggiore della difesa, anche in questa fase di legittimità, si è però indirizzato sulla valutazione della prova a carico e sulla attendibilità delle accuse della ex moglie.

Sul punto di nessun rilievo sono i documenti acquisiti al processo a riprova dell’instabilità mentale della p.o. e del suo astio verso l’ex marito, dappoichè  il giudicante ha logicamente concluso per la credibilità delle denunce in atti sulla base dell’intervento dei CC., chiamati dalla p.l. e sopraggiunti verso le ore 6.40 per constatare la singolare presenza a quell’ora dell’imputato davanti alla casa della p.l..

A ciò si aggiunga che nessuna plausibile e ragionevole giustificazione di quella presenza è stata data dall’interessato prima e dalla difesa successivamente“. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/condannato-aver-suonato-troppo-il-campanello/
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Avvocato penalista - Integra il reato di cui all'Articolo 660 del Codice Penale, Molestia o disturbo alle persone, suonare troppo il campanello di casa.
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martedì 27 gennaio 2015

Avvocato penalista - E' diffamazione a mezzo stampa, Artt. 57 e 596 del Codice Penale, anche quella commessa attraverso una testata giornalistica online.

Avvocato penalista - E' diffamazione a mezzo stampa, Artt. 57 e 596 del Codice Penale, anche quella commessa attraverso una testata giornalistica online.

Ma solo se e quando i fatti riferiti sui siti web dei giornali online non siano veri e, ferma la indubbia rilevanza sociale degli stessi, se essi non siano stati esposti con la dovuta continenza, vale a dire senza l’utilizzo di espressioni gravemente infamanti e inutilmente umilianti o che, dunque, trasmodino in una mera aggressione verbale del/i soggetto/i criticato/i.
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Avvocato penalista - E' diffamazione a mezzo stampa, Artt. 57 e 596 del Codice Penale, anche quella commessa attraverso una testata giornalistica online. 
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"" Giornali online e oscuramento degli articoli

Giornali online e oscuramento degli articoli

Suprema Corte di Cassazione V Sezione Penale
Sentenza 5 novembre 2013 – 5 marzo 2014, n. 10594
Presidente Oldi – Relatore Fumo

La Cassazione ha esaminato un caso che riguarda la diffamazione a mezzo stampa e l’oscuramento degli articoli online.

Abbiamo parlato molto della pubblicazione degli articoli online e della differenza tra le testate giornalistiche e i blog d’informazione, con la sentenza in commento invece la Corte di Piazza Cavour chiarisce le differenze tra le testate giornalistiche “vecchio stile” ovvero i giornali di carta stampata e quelle sul web facendo delle osservazioni sulla possibilità di oscurare gli articoli pubblicati su queste ultime.

Il caso di specie tratta del processo a carico di tre individui, due indagati per il delitto di diffamazione a mezzo stampa (art. 596 c.p.) e l’altro invece indagato con riferimento al delitto di cui all’articolo 57 c.p.

Articolo 595 Codice Penale Diffamazione.

1. Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.

2. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro.

3. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

4. Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Articolo 596 Codice Penale Diffamazione col mezzo della stampa.

Se il delitto di diffamazione è commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche al direttore o vice-direttore responsabile, all’editore e allo stampatore, per i reati preveduti negli articoli 57, 57-bis e 58.

Articolo 57 Codice Penale Reati commessi col mezzo della stampa periodica.

Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati [528, 565, 596bis, 683, 684, 685], è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.

Il tribunale del riesame di Roma confermava il decreto di sequestro preventivo degli articoli giornalistici pubblicati sulle pagine web www.ilfattoquotidiano.it , ma la questione finiva inevitabilmente dentro le aule del Palazzaccio dove gli ermellini decidevano per l’annullamento del provvedimento impugnato, rinviando tutto per un nuovo esame al Tribunale di Roma al fine di chiarire se i fatti riferiti sui siti web in sequestro siano veri e, ferma la indubbia rilevanza sociale degli stessi, se essi siano stati esposti con la dovuta continenza, vale a dire senza l’utilizzo di espressioni gravemente infamanti e inutilmente umilianti, che dunque trasmodano in una mera aggressione verbale dei soggetto criticato. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/giornali-online-oscuramento-degli-articoli/
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Avvocato penalista - E' diffamazione a mezzo stampa, Artt. 57 e 596 del Codice Penale, anche quella commessa attraverso una testata giornalistica online. 
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lunedì 26 gennaio 2015

Avvocato penalista - I maltrattamenti contro familiari e conviventi, ovvero il reato previsto e punito dall'Articolo 572 del Codice Penale.

Avvocato penalista - I maltrattamenti contro familiari e conviventi, ovvero il reato previsto e punito dall'Articolo 572 del Codice Penale.
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Avvocato penalista - I maltrattamenti contro familiari e conviventi, ovvero il reato previsto e punito dall'Articolo 572 del Codice Penale.
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L'Articolo 572 del Codice Penale, intitolato ai Maltrattamenti contro familiari e conviventi, prevede e stabilisce che:

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni. 

"" La Cassazione in materia di maltrattamenti in famiglia

La Cassazione in materia di maltrattamenti in famiglia
Suprema Corte di Cassazione III Sezione Penale
Sentenza 31 gennaio – 20 marzo 2014, n. 13017
Presidente Gentile – Relatore Franco

La Cassazione, con la sentenza che si riporta, ha esaminato un caso di maltrattamenti in famiglia.

L’imputato veniva denunciato dalla moglie per rispondere dei reati di cui:

A) artt. 81 cpv e 572 cp, per maltrattamenti nei confronti della moglie e dei figli minori;

B) agli artt. 61 n. 2, 81 cpv, 582 e 585 in relazione all’art. 577 cp per lesioni alla moglie;

C) agli artt. 81 cpv e 609/bis cp, per avere costretto la moglie ripetute volte a rapporti sessuali contro la sua volontà;

D) agli artt. 81 cpv, 56, 609/bis, 609/ter co. 1 n. 5 e comma 2, 609/quater comma 1 n. 2 e comma 5 cp, per avere tentato di compiere atti sessuali con la figlia;

E) agli artt. 81 cpv e 609/quinquies cp per avere costretto i figli minori a vedere film pornografici;

F) agli artt. 81 e 629 cod. pen. per avere costretto la moglie a consegnargli il suo bancomat, col quale prelevava mensilmente la somma di € 1.500 corrispondente allo stipendio mensile della stessa;

G) all’art. 629 cod. pen. per avere costretto la moglie a consegnargli la somma di 24 milioni di lire, che lei aveva ricevuto in dono dal padre;

H) agli artt. 81 cpv e 609/bis poichè in tre occasioni aveva costretto la moglie, che era andata a trovarlo con i figli nella roulotte in cui era andato ad abitare, a subire rapporti sessuali.

L’uomo tra le altre cose lamentava che non era stata presa in considerazione la versione dei fatti da lui fornita, sebbene trovasse riscontro negli sms scambiati con la moglie, nelle perizie sui minori, nonché nelle deposizioni degli insegnanti, del sacerdote, della sorella e del cognato e di altri, dal Tribunale e dalla Corte immotivatamente relegate tutte a deposizioni inattendibili e di favore.

Contraddittoriamente i giudici hanno acriticamente ritenuto attendibili le deposizioni dei testi di accusa perché avrebbero ad oggetto fatti di conoscenza diretta, mentre sono quasi tutte de relato e anche la mancata assunzione di una prova decisiva.

A tal proposito osserva che la sentenza del tribunale aveva evidenziato che gli elementi di prova non erano sufficienti, essendo stati assunti dal giudice in maniera parziale ed erronea.

La difesa aveva quindi chiesto la riapertura del dibattimento e l’audizione di alcuni testi, nonché l’esperimento di CTU, volta ad accertare le condizioni psichiche dei figli, della persona offesa e l’imputabilità.

Erroneamente la corte d’appello non ha disposto queste prove, che invece sono indispensabili.

Per la Corte, il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/la-cassazione-materia-maltrattamenti-famiglia/
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Avvocato penalista - I maltrattamenti contro familiari e conviventi, ovvero il reato previsto e punito dall'Articolo 572 del Codice Penale.
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domenica 25 gennaio 2015

Avvocato penalista - Il giudice di appello e il divieto di reformatio in peius della pena.

Avvocato penalista - Il giudice di appello e il divieto di reformatio in peius della pena.
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Avvocato penalista - Il giudice di appello e il divieto di reformatio in peius della pena.
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"" Reformatio in peius, appello, calcolo della pena, divieto

Reformatio in peius, appello, calcolo della pena, divieto

Suprema Corte di Cassazione Quinta Sezione Penale
Sentenza 5 dicembre 2013 – 24 marzo 2014, n. 13833
Presidente Ferrua – Relatore Oldi

La quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza che si riporta di seguito, ha trattato il caso del divieto di reformatio in peius nel giudizio d’appello precisando che il principio deve valere non solo relativamente al risultato finale ma si estende anche a tutti gli altri elementi riguardanti il calcolo della pena.

Nel caso di specie, la ricorrente deduceva la violazione dell’art. 597 cod. proc. pen. per essersi tenuta ferma l’entità della pena, malgrado la disposta applicazione delle attenuanti generiche.

La Cassazione ha ritenuto fondato il suddetto motivo di ricorso affermando che “con la sentenza di primo grado il Tribunale di Lecce, riconosciuta la configurabilità del contestato reato ex artt. 477 e 482 cod. pen., aveva condannato l’imputata alla pena di mesi quattro di reclusione, corrispondente al minimo edittale.

La Corte d’Appello, riqualificando il fatto nell’area del reato, più gravemente punito, di cui all’art. 485 cod. pen., mai avrebbe potuto aumentare la pena, in difetto di impugnazione del pubblico ministero: sicché, avendo deciso di riconoscere all’imputata l’applicazione delle attenuanti generiche, aveva l’obbligo di far luogo alla corrispondente riduzione di pena in ottemperanza al disposto dell’art. 597, comma 4, cod. proc. pen.“

Dunque, continuano i giudici di Piazza Cavour, “l’aver tenuto fermo il trattamento sanzionatolo, pur in presenza delle attenuanti generiche, presuppone l’aumento della pena base da quattro mesi a sei mesi di reclusione: il che si traduce in una manifesta violazione di legge. In proposito va ricordato il principio, già ripetutamente affermato da questa Corte Suprema, secondo cui il divieto della reformatio in peius nel giudizio di appello riguarda non soltanto il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena: sicché, in caso di accoglimento dell’appello dell’imputato in ordine alle circostanze o al concorso di reati, discende non solo l’obbligatoria diminuzione della pena complessiva, ma anche l’impossibilità di elevare la pena comminata per singoli elementi (così Sez. 5, n. 14991 del 12/01/2012, Strisciuglio, Rv. 252326; v. anche Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522)“.

Pertanto, conclude la Corte, “è possibile emendare il vizio in questa sede in quanto non sono richiesti a tal fine ulteriori accertamenti o valutazioni incompatibili con la cognizione di legittimità, essendo sufficiente ricondurre la pena base all’entità sortita dal giudizio di primo grado. Pertanto, annullata in parte qua senza rinvio la sentenza impugnata, si ridetermina la pena in mesi due e giorni venti di reclusione, quale risultato della riduzione di un terzo della pena base di quattro mesi di reclusione“.

Articolo 597 Codice di Procedura Penale Cognizione del giudice di appello

1. L’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti.

2. Quando appellante è il pubblico ministero:

a) se l’appello riguarda una sentenza di condanna [533], il giudice può, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge;

b) se l’appello riguarda una sentenza di proscioglimento [529-532], il giudice può pronunciare condanna ed emettere i provvedimenti indicati nella lettera a) ovvero prosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appellata;

c) se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza.

3. Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata né revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado.

4. In ogni caso, se è accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita.

5. Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condizionale della pena[c.p. 163], la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale [c.p. 175] e una o più circostanze attenuanti [c.p. 62, 62bis]; può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma dell’articolo 69 del codice penale. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/reformatio-peius-appello-calcolo-della-pena-divieto/
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Avvocato penalista - Il giudice di appello e il divieto di Reformatio in peius della pena.
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sabato 24 gennaio 2015

Avvocato penalista - La Bancarotta fraudolenta e l'attenuante speciale prevista dall'Articolo 219, ultimo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n°. 267.

Avvocato penalista - La Bancarotta fraudolenta e l'attenuante speciale prevista dall'Articolo 219, ultimo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n°. 267.
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Avvocato penalista - La Bancarotta fraudolenta e l'attenuante speciale prevista dall'Articolo 219, ultimo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n°. 267.
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"" Bancarotta fraudolenta e attenuante speciale

Bancarotta fraudolenta e attenuante speciale

Suprema Corte di Cassazione V Sezione Penale
Sentenza 14 febbraio – 20 marzo 2014, n. 13070
Presidente Savani – Relatore Lignola

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza che si riporta di seguito, ha esaminato il caso sorto da una sentenza emessa nel 2005 dal Tribunale di Monza e confermata successivamente dalla Corte d’Appello di Milano dove l’imputato veniva condannato alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di banca rotta fraudolenta poichè in qualità di amministratore unico di una società, che era stata dichiarata fallita nel 2000 dal Tribunale di Monza, “sottraeva od occultava tutti i libri e le scritture contabili con lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto venendo inceve assolto dall’accusa di bancarotta fraudolenta per distrazione, in relazione al corrispettivo di una fattura emessa da una ditta per la fornitura di materiali“.

Il  ricorrente nel ricorso, oltre che per manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità, lamentava anche la violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E, per erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine all’elemento intenzionale evidenziando di essere stato assolto dall’iniziale imputazione di bancarotta distrattiva patrimoniale, per cui è provato che il ceto creditorio della società fallita non ha subito alcun danno patrimoniale diretto ed immediato conseguente ad alcun reato e, pertanto, lo stesso affermava di non aver tratto alcun ingiusto profitto patrimoniale.

Per la Cassazione il ricorso è fondato poichè “per la configurabilità delle ipotesi di reato consistenti nella sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili deve ritenersi necessario, a mente dell’art. 219 co. 1 n. 2 R.D. 16/3/1942, n. 267, il dolo specifico consistente nello “scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori”, mentre nei casi di irregolare tenuta della contabilità, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e/o del movimento degli affari, è sufficiente il dolo generico in quanto la finalità dell’agente è riferita ad un elemento costitutivo della stessa fattispecie normativa – l’impossibilità di ricostruire il patrimonio e gli affari dell’impresa – e non ad un elemento ulteriore, quello del pregiudizio dei creditori, non necessario per la consumazione del delitto (Sez. 5, n. 1137 del 17/12/2008 – dep. 13/01/2009, Vianello, Rv. 242550)“.

Inoltre, proseguono gli ermellini “i giudici di merito non hanno distinto e non hanno motivato, come avrebbero dovuto, in ordine al dolo specifico necessario per l’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale per distruzione rispetto a quello generico, sufficiente per la bancarotta documentale attraverso la tenuta dei libri e delle scritture contabili in maniera non idonea a consentire la ricostruzione del patrimonio e/o del movimento d’affari della società“.

Infine, riguardo all’altro motivo del ricorso Piazza Cavour ha ritenuto fondata anche questa censura in quanto “Erroneamente la decisione impugnata afferma che l’attenuante speciale prevista dall’art. 219, ultimo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 non       è riscontrabile nelle ipotesi di bancarotta documentale, ove risulta difficilmente calcolabile il danno causato all’intero ceto dei creditori”.

“Viceversa deve affermarsi il principio di diritto opposto: in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’attenuante di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall. è applicabile, ma la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 219, comma terzo, legge fall., deve essere valutata in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori (Sez. 5, n. 19304 del 18/01/2013, Tumminelli, Rv. 255439; Sez. 5, n. 24325 del 18/05/2005, Piati, Rv. 232206)“. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/bancarotta-fraudolenta-attenuante-speciale/
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Avvocato penalista - La Bancarotta fraudolenta e l'attenuante speciale prevista dall'Articolo 219, ultimo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n°. 267.
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venerdì 23 gennaio 2015

Avvocato penalista - Il sequestro preventivo di un sito internet può essere disposto solo se e quando ricorrano determinate condizioni e non ogni volta che...

Avvocato penalista - Il sequestro preventivo di un sito internet può essere disposto solo se e quando ricorrano determinate condizioni e non ogni volta che...
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Avvocato penalista - Il sequestro preventivo di un sito internet può essere disposto solo se e quando ricorrano determinate condizioni e non ogni volta che...
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"" Sequestro preventivo di un sito internet. Ecco cosa dice la Cassazione
 
Sequestro preventivo di un sito internet. Ecco cosa dice la Cassazione
 
Suprema Corte di Cassazione – V sezione Penale
Sentenza del 12 marzo 2014 n. 11895
In materia di : Sequestro preventivo, libertà di parola, violazione, blog, internet, articolo, cautelare.
 
Con la sentenza che si riporta la Cassazione ha esaminato un caso che interesserà tutti coloro che navigano sul web o meglio, tutti coloro che gestiscono un sito internet.
 
Gli ermellini, che hanno dovuto valutare il sequestro preventivo di un sito internet, inevitabilmente hanno dovuto anche fare delle precise considerazioni sulla violazione della libertà di parola e sull’importanza dei blog nella rete.
 
Con la sentenza in commento hanno quindi affermato che “Un giusto contemperamento di opposti interessi di rilievo primario impone allora che l’imposizione dei vincolo sia giustificata da effettiva necessità e da adeguate ragioni, il che si traduce, in concreto, in una valutazione della possibile riconducibilità del fatto all’area del penalmente rilevante e delle esigenze impeditive, tanto serie quanto è vasta l’area della tolleranza costituzionalmente imposta per la libertà di parola (Sez. 5, n. 7155 del 10/01/2011, in motivazione).“
 
“Il Tribunale per il riesame di Udine, con ordinanza del 14 maggio 2013, confermava il provvedimento di sequestro, osservando che il sito è stato lo strumento attraverso il quale i messaggi diffamatori sono stati diffusi e che ben potrebbe, anche in futuro, essere utilizzato al medesimo scopo, sicché  riteneva il vincolo imposto ‘pienamente adeguato e congruo’.“
 
“Nel caso di specie il sito internet è stato oggetto di sequestro solo perché adoperato per commettere diffamazioni (nemmeno da parte dell’indagato, ma di terze persone), ma non vi è alcun elemento da cui desumere una potenzialità offensiva del sito in se, e quindi l’attualità  e concretezza del periculum in mora.
 
Anzi, lo sviluppo di un blog sul dominio internet rappresenta una modalità fisiologica ed ordinaria dell’utilizzo del bene, per cui non si ravvisa alcun elemento da cui poter inferire che vi sia un tale rischio, non potrebbero essere individuati ulteriori elementi da parte del Tribunale del riesame“. ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Avvocato penalista - Il sequestro preventivo di un sito internet può essere disposto solo se e quando ricorrano determinate condizioni e non ogni volta che...
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giovedì 22 gennaio 2015

Avvocato penalista - Assegno divorzile, mancato pagamento del mantenimento e violazione degli obblighi di assistenza familiare, Articolo 570 del Codice Penale.

Avvocato penalista - Assegno divorzile, mancato pagamento del mantenimento e violazione degli obblighi di assistenza familiare, Articolo 570 del Codice Penale.
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Avvocato penalista - Assegno divorzile, mancato pagamento del mantenimento e violazione degli obblighi di assistenza familiare, Articolo 570 del Codice Penale.
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"" Assegno divorzile e mancato pagamento del mantenimento
 
Assegno divorzile e mancato pagamento del mantenimento
 
Suprema Corte di Cassazione – VI Sezione Penale
Sentenza n. 10110 del 3 marzo 2014
 
La Cassazione, con la sentenza che si riporta, ha trattato il caso relativo al mantenimento del coniuge dopo il divorzio e, più nello specifico ha esaminato una questione riguardante il mancato pagamento dell’assegno divorzile e le derivanti conseguenze penali.
 
Secondo i giudici di Piazza Cavour, “la pena per il reato di cui all’art. 3 della legge n. 54 del 2006 è quella alternativa prevista dal primo comma dell’art. 570 c.p., occorre constatare che nel nostro caso la pena concordata tra le parti ed applicata dal Giudice (quattro mesi di reclusione e 200,00 euro di multa) deve giudicarsi illegale.“
 
“Da ciò – conclude la Corte – consegue l’insussistenza del reato come contestato all’imputato in relazione all’omissione nei confronti della coniuge, ai sensi dell’art. 129 c.p.p.: la già commentata assenza di alcun riferimento all’essere venuti meno i mezzi di sostentamento della stessa esclude infatti alcuna possibilità di riqualificazione ai sensi dell’art. 570, 2, c.p.p.“ ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Avvocato penalista - Assegno divorzile, mancato pagamento del mantenimento e violazione degli obblighi di assistenza familiare, Articolo 570 del Codice Penale.
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mercoledì 21 gennaio 2015

Avvocato penalista - Praticante avvocato, esercizio abusivo della professione legale e Art. 348 del Codice Penale.

Avvocato penalista - Praticante avvocato, esercizio abusivo della professione legale e Art. 348 del Codice Penale.
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Avvocato penalista - Praticante avvocato, esercizio abusivo della professione legale e Art. 348 del Codice Penale.
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"" Praticante avvocato, esercizio abusivo della professione legale
 
Praticante avvocato, esercizio abusivo della professione legale
 
Suprema Corte di Cassazione VI Sezione Penale
Sentenza 21 ottobre 2013 – 10 marzo 2014, n. 11493
Presidente Di Virginio – Relatore Paoloni
 
Con la sentenza che si riporta, la Cassazione è stata chiamata a decidere un caso relativo all’esercizio abusivo della professione legale poichè la Corte d’Appello di Caltanissetta condividendo le conclusioni del giudice di primo grado, ha considerato univocamente dimostrata responsabilità dell’imputata sul piano oggettivo e soggettivo (consapevolezza e volontarietà dell’abusiva opera legale svolta) dalle evenienze documentali acquisite in atti.
 
Nello specifico, l’imputata, iscritta nel registro dei praticanti avvocati di Gela, aveva patrocinato davanti al Giudice di Pace di Gela una causa civile (azione risarcitoria per inadempimento contrattuale promossa dalla madre) del valore di Euro 50.000, eccedente i limiti del patrocinio legale consentitole, altresì riassumendo (dichiaratosi incompetente per valore il G.d.P.) la causa innanzi al Tribunale, ivi continuando a svolgere il patrocinio pur dopo la notifica della sanzione disciplinare dell’avvertimento inflittale dal locale Consiglio dell’Ordine degli avvocati per aver espletato patrocinio legale non permesso dalla sua qualità di praticante abilitato.
 
Per la Cassazione “la rilevanza economica o i risvolti patrimoniali dell’abusiva attività professionale esercitata dall’imputato sono elementi affatto estranei alla struttura della fattispecie criminosa.
 
Il reato di cui all’art. 348 c.p. è un reato contro la pubblica amministrazione, il cui evento è costituito dalla elusione di una previa “speciale abilitazione”, rilasciata una tantum da appositi organi pubblici o da enti pubblici professionali, per il durevole esercizio di attività professionali riservate a soggetti muniti di specifica qualificazione.
 
L’eventuale scopo di lucro che possa aver spinto l’agente alla condotta abusiva non connota la lesione del bene protetto dalla norma incriminatrice, cioè il bene immateriale della P.A. rappresentato dall’esigenza di garanzia, nell’interesse della collettività, di un controllo generale e preventivo dei requisiti per l’esercizio di specifiche professioni di più o meno elevato spessore tecnico.
 
Avuto riguardo alla indisponibilità dell’interesse protetto dall’art. 348 c.p., la mancanza nell’azione dell’imputato di finalità di profitto o guadagno patrimoniale ovvero i moventi di natura meramente privata e perfino il previo assenso del destinatario dell’attività professionale al suo illegale (id est abusivo) svolgimento non possono produrre alcun effetto esimente sulla inequivoca apprezzabilità penale della condotta tecnico – professionale esercitata dall’imputato con la sicura contezza di essere privo del corrispondente titolo abilitativo (cfr.: Sez. 6,29.11.1983 n. 2286, Rosellini, rv. 163146; Sez. 2,22.8.2000 n. 10816, Magaddino, rv. 217219).
 
Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio.“ ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Avvocato penalista - Praticante avvocato, esercizio abusivo della professione legale e Art. 348 del Codice Penale.
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martedì 20 gennaio 2015

Avvocato penalista - Le misure di prevenzione patrimoniale antimafia possono essere considerate sanzioni vere e proprie o sono assimilabili alle misure di sicurezza?

Avvocato penalista - Le misure di prevenzione patrimoniale antimafia possono essere considerate sanzioni vere e proprie o sono assimilabili alle misure di sicurezza?
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Avvocato penalista - Le misure di prevenzione patrimoniale antimafia possono essere considerate sanzioni vere e proprie o sono assimilabili alle misure di sicurezza?
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"" Misure di sicurezza e prevenzione patrimoniale antimafia
 
Misure di sicurezza e prevenzione patrimoniale antimafia
 
Suprema Corte di Cassazione VI Sezione Penale
Sentenza 30 gennaio – 11 marzo 2014, n. 11751
Presidente Garribba – Relatore Raddusa
 
Con la sentenza che si riporta la sesta sezione penale della Suprema Corte di cassazione, in materia di misure di prevenzione patrimoniale antimafia, ha posto un quesito alle Sezioni Unite affinché si pronuncino sulla natura stessa della misura e chiarisca se debba essere considerata sanzione vera e propria oppure se si tratta di qualcosa assimilabile alle misure di sicurezza.
 
Nel caso di specie, veniva proposto il ricorso alla massima corte per impugnare il decreto della Corte di Appello di L’Aquila con il quale è stata data parziale conferma alla confisca di prevenzione, disposta dal Tribunale di Teramo, relativa a diverse utilità ritenute nella disponibilità delle ricorrenti.
 
Nei ricorsi si segnala che “la Corte territoriale avrebbe ritenuto di procedere ugualmente alla confisca in ragione della affermata retroattività delle disposizioni normative (leggi nn. 125/08 e 94/09) che hanno novellato la legge 575/65; ciò in considerazione della correlata equiparazione delle misure di prevenzione patrimoniale alle misure di sicurezza ex art 240 cp, con conseguente applicabilità alle stesse del dato normativo offerto dall’art. 200 stesso codice tanto da pervenire, in tal modo, all’ingiustificato ampliamento della platea dei soggetti destinatari della ablazione in prevenzione nonché all’aggressione di beni, quali quelli nella titolarità delle ricorrenti, acquistati precedentemente alla entrata in vigore di tali novità legislative“.
 
La Procura Generale ha chiesto il rigetto dei ricorsi o in subordine rimettere alle SS.UU. l’evidenziato conflitto tra gli opposti orientamenti emersi in alcuni arresti di legittimità, espressamente richiamati, in punto alla retroattività delle sopra citate novelle legislative avuto riguardo in particolare, alla possibilità di procedere alla ablazione in prevenzione malgrado la non attualità della pericolosità sociale del proposto così da colpire acquisti non proporzionati alle relative disponibilità reddituali ed economiche posti in essere da soggetti il cui profilo di pericolosità (non più attuale) sarebbe emerso precedentemente alla entrata in vigore delle suddette innovazioni normative.
 
Il collegio, anche in considerazione dei profili di criticità sollevati dalla sentenza “Occhipinti” richiamata ha deciso per la rimessione della questione alle Sezioni Unite “avuto riguardo alla effettiva possibilità di procedere, secondo il consolidato orientamento espresso sul tema da questa Corte, alla equiparazione tra misure di sicurezza e misure di prevenzione patrimoniale una volta espunto, in esito alle novelle più volte citate, dai profili costitutivi della confisca di prevenzione, il requisito della attualità della pericolosità; questione cui sono peraltro immediatamente correlati gli ulteriori sviluppi interpretativi legati alla retroattività delle novelle oggetto di interesse in esito alla coerente individuazione della natura effettiva della confisca in disamina, nonchè quello del legame logico e temporale che deve intercorrere tra emergere della pericolosità e momento di acquisizione delle utilità da ablare“.
 
Articolo 240 Codice Penale. Confisca.
 
Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto [c.p.p. 676, 733 2, 316 e segg., 321 e segg., 86 disp. att. c.p.p.].
 
È sempre ordinata la confisca:
 
1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
 
2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione e l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
 
Le disposizioni della prima parte e del numero 1 del capoverso precedente non si applicano se la cosa appartiene a persona estranea al reato.
 
La disposizione del numero 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa [c.p.p. 676].
 
Articolo 200 Codice Penale. Applicabilità delle misure di sicurezza rispetto al tempo, al territorio e alle persone.
 
Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione.
 
Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione.
 
Le misure di sicurezza si applicano anche agli stranieri, che si trovano nel territorio dello Stato [4 2].
 
Tuttavia l’applicazione di misure di sicurezza allo straniero non impedisce l’espulsione di lui dal territorio dello Stato, a norma delle leggi di pubblica sicurezza.  ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Avvocato penalista - Le misure di prevenzione patrimoniale antimafia possono essere considerate sanzioni vere e proprie o sono assimilabili alle misure di sicurezza?
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lunedì 19 gennaio 2015

Avvocato penalista - Commette abuso o reato edilizio solo chi realizza l'opera e non pure chi è stato nominato custode di essa.

Avvocato penalista - Commette abuso o reato edilizio solo chi realizza l'opera e non pure chi è stato nominato custode di essa.
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Avvocato penalista - Commette abuso o reato edilizio solo chi realizza l'opera e non pure chi è stato nominato custode di essa.
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"" Abuso edilizio, ne risponde chi realizza l’opera

Abuso edilizio, ne risponde chi realizza l’opera

Suprema Corte di Cassazione III Sezione Penale
Sentenza 21 gennaio – 24 marzo 2014, n. 13841
Presidente Squassoni – Relatore Scarcella

Con la sentenza che di seguito si riporta, la Cassazione ha esaminato un caso di abuso edilizio precisando che “la circostanza di aver accettato la nomina quale custode giudiziario, in difetto di ulteriori elementi, non costituisce, ex se, comportamento che si risolve in un contributo causale alla realizzazione del fatto illecito“.

Riguardo ad uno dei motivi del ricorso, gli ermellini hanno spiegato che “la Corte territoriale si limita ad affermare nell’impugnata sentenza che la richiesta di escussione dei testimoni ex art. 507 c.p.p. si appalesava come assolutamente non necessaria ai fini del decidere.

La difesa ritiene che la mancata assunzione della prova richiesta a discarico, violi l’art. 606, lett. d) c.p.p. per mancata applicazione dell’art. 507 c.p.p.“

Si legge ancora in sentenza “È infatti pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione – può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a norma dell’art. 495, secondo comma, cod. proc. pen., sicché il motivo non può essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione (v., tra le tante: Sez. 2, n. 9763 del 06/02/2013 – dep. 01/03/2013, Pg in proc. Muraca e altri, Rv. 254974)“.  ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/abuso-edilizio-ne-risponde-chi-realizza-lopera/
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Avvocato penalista - Commette abuso o reato edilizio solo chi realizza l'opera e non pure chi è stato nominato custode di essa.
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domenica 18 gennaio 2015

Avvocato penalista - Dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 4 bis del D.L. n°. 272/2005 (Legge Fini - Giovanardi), le pene, in materia di stupefacenti, vanno rivisitate in melius...

Avvocato penalista - Dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 4 bis del D.L. n°. 272/2005 (Legge Fini - Giovanardi), le pene, in materia di stupefacenti, vanno rivisitate in melius...
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Avvocato penalista - Dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 4 bis del D.L. n°. 272/2005 (Legge Fini - Giovanardi), le pene, in materia di stupefacenti, vanno rivisitate in melius... 
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"" Stupefacenti, pene da rimodulare dopo la decisione della Corte Costituzionale

Stupefacenti, pene da rimodulare dopo la decisione della Corte Costituzionale

Suprema Corte di Cassazione VI Sezione Penale
Sentenza 20 marzo – 2 aprile 2014, n. 15152
Presidente Ippolito – Relatore Paoloni

Dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 4 bis del D.L. n. 272/2005 (Legge Fini – Giovanardi – sul punto leggi questo articolo correlato) la Cassazione ha osservato che qualcosa cambia nella determinazione della pena da infliggere.

E’ questo quello che emerge dalla sentenza in commento, emessa esaminando il caso di tre imputati, riconosciuti colpevoli dalla Corte d’Appello di Catanzaro prima anche dal GIP del Tribunale di Crotone, per aver coltivato numerose piante di canapa indiana (altezza variabile da 70 a 120 cm.), idonee alla produzione, per l’avanzato stato di infiorescenza e maturazione rilevato dal consulente chimico del p.m., di sostanza stupefacente del tipo marijuana per “migliaia di singole dosi” droganti.

Con riferimento alle pene inflitte agli imputati, la Corte territoriale ha ritenuto le stesse eque e commisurate alla offensività del contestato reato, puntualizzando che l’estensione della piantagione, gli esiti delle indagini chimiche e la cospicua quantità di dosi droganti ricavabili non consentono di rimodulare le pene in senso più favorevole agli imputati.

La difesa degli imputati ha invocato l’applicazione della recente sentenza n. 32/2014, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali le disposizioni della L. 49/2006 modificative della disciplina penale degli stupefacenti, così reintroducendo il previgente regime precettivo e sanzionatorio, imperniato sulla radicale differenza tra droghe c.d. pesanti e droghe c.d. leggere e su un connesso diverso regime punitivo, assai più mite per le sostanze del secondo tipo rispetto a quello stabilito dalla normativa divenuta oggi incostituzionale.

La Cassazione ha precisato che “è evidente che le pene così inflitte non possono più valutarsi assistite da legittimità.

In simili casi, infatti, non può che trovare applicazione la più favorevole disciplina (previgente e) oggi nuovamente vigente risultante dalla descritta dinamica successoria delle norme incriminatrici (art. 73 co. 4 L.S.: pena minima due anni di reclusione; art. 73 co. 5 L.S.: pena minima quattro mesi di reclusione).

È chiaro che in tali situazioni (e soltanto in esse) il giudice di appello, quale giudice di merito di secondo grado o quale giudice di rinvio, è vincolato (a meno di convalidare un improprio incremento dell’afflittività sostanziale della sanzione) alla rimodulazione della pena, rendendola conforme ai “nuovi” più favorevoli minimi edittali detentivi e altresì pecuniari (se anch’essi definiti nel minimo edittale)“.

Pertanto, ha riconosciuto anche nella vicenda in commento che “le due conformi sentenze di merito hanno esplicitamente chiarito di voler assumere a base del calcolo sanzionatorio una pena fedelmente corrispondente alla misura detentiva minima dell’editto allora vigente, pari cioè a sei anni di reclusione (la misura base delle pene pecuniarie inflitte ai due imputati è stata individuata in termini compatibili con la tassonomia punitiva comune alle due serie di sanzioni).

Anche per gli imputati diviene, allora, necessaria una rivisitazione correttiva del trattamento punitivo in conformità al più favorevole regime dettato dall’art. 73 co. 4 nel testo in vigore prima della L. 49/2006. Ciò sia per le pene detentive, sia per le pene pecuniarie loro inflitte.

Rivisitazione cui non procede questo stesso giudice di legittimità (art. 620, lett. 1, c.p.p.), avuto riguardo alla indeterminata percentuale delle sanzioni pecuniarie individuate dai giudici di merito e alla coeva necessità di rinviare comunque gli atti al giudice a quo per la definizione della pena, detentiva e pecuniaria, da applicarsi.

La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata in riferimento alla sola misura delle pene inflitte ai tre ricorrenti, rinviandosi gli atti alla Corte di Appello di Catanzaro (diversa sezione) perché proceda a una loro nuova determinazione, conforme al dettato del vigente art. 73 co. 4 L.S. secondo i criteri in precedenza illustrati.

Quanto alle residue censure degli imputati, i ricorsi vanno – per quanto detto – rigettati“.  ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/stupefacenti-pene-rimodulare-la-decisione-della-corte-costituzionale/
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Avvocato penalista - Dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 4 bis del D.L. n°. 272/2005 (Legge Fini - Giovanardi), le pene, in materia di stupefacenti, vanno rivisitate in melius... 
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sabato 17 gennaio 2015

Avvocato penalista - Se un operaio muore sul lavoro, la responsabilità è del datore di lavoro, perché deve garantirgli la sicurezza mediante l’impiego di mezzi appropriati e intelligenti.

Avvocato penalista - Se un operaio muore sul lavoro, la responsabilità è del datore di lavoro, perché deve garantirgli la sicurezza mediante l’impiego di mezzi appropriati e intelligenti.
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Avvocato penalista - Se un operaio muore sul lavoro, la responsabilità è del datore di lavoro, perché deve garantirgli la sicurezza mediante l’impiego di mezzi appropriati e intelligenti
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"" Morte operaio, responsabile il datore di lavoro negligente

Morte operaio, responsabile il datore di lavoro negligente

Suprema Corte di Cassazione IV Sezione Penale
Sentenza 23 gennaio – 31 marzo 2014, n. 14788
Presidente Sirena – Relatore Massafra

La Corte di Cassazione ha trattato il caso di un operaio deceduto a seguito di una caduta da un ponteggio mentre si trovava sulla volta di una chiesa senza indossare l’attrezzatura per la sicurezza.

Per la Cassazione “Si trattava di un obbligo di vigilanza incombente sul datore di lavoro in via generale ed astratta la cui inottemperanza si desume dall’omesso uso della cintura da parte del lavoratore: se mai sarebbe stato necessario dimostrare che la vittima aveva deliberatamente rifiutato di indossarla“

Si legge in sentenza “In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, a norma dell’art. 376 del d.P.R. n. 547 del 1955 l’accesso ai posti elevati di edifici deve essere reso sicuro ed agevole mediante l’impiego di mezzi appropriati di sicurezza in tutti i casi in cui devono eseguirsi lavori di manutenzione e riparazione, a nulla rilevando che simili lavori siano normali o straordinari, in quanto la finalità della norma è di prevenire la caduta dall’alto dei lavoratori che devono accedere ed operare in simili condizioni ad altezze pericolose, senza che ciò escluda che il datore di lavoro doti i lavoratori che accedono al tetto di cinture di sicurezza (essendo essi esposti a pericoli di caduta), e vigili perché di tale mezzo facciano effettivo uso (Cass. pen. Sez. IV, n. 7682 del 21.1.2010, Rv. 246802)“.

“L’obbligo concernente la predisposizione di un sistema di ponteggi ed opere antinfortunistiche tese ad impedire il crollo della volta, sussiste anche e soprattutto a carico del datore di lavoro.

E ciò al punto che “In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’obbligo del datore di lavoro, nel caso di lavorazioni eseguite ad altezza superiore a due metri, di apprestare (quando possibile) impalcature, ponteggi o altre opere provvisionali non può essere sostituito dall’uso delle cinture di sicurezza, previsto solo sussidiariamente o in via complementare” (Cass. pen. Sez. IV, n. 25134 del 19.4.2013, Rv. 256525)”.  ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/morte-operaio-responsabile-il-datore-lavoro-negligente/
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Avvocato penalista - Se un operaio muore sul lavoro, la responsabilità è del datore di lavoro, perché deve garantirgli la sicurezza mediante l’impiego di mezzi appropriati e intelligenti
 
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venerdì 16 gennaio 2015

Avvocato penalista - L'affido in prova ai servizi sociali e i collegamenti con la criminalità organizzata: la mancata prova della attualità della pericolosità non equivale alla prova della esclusione della attualità.

Avvocato penalista - L'affido in prova ai servizi sociali e i collegamenti con la criminalità organizzata: la mancata prova della attualità della pericolosità non equivale alla prova della esclusione della attualità.
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Avvocato penalista - L'affido in prova ai servizi sociali e i collegamenti con la criminalità organizzata: la mancata prova della attualità della pericolosità non equivale alla prova della esclusione della attualità.
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"" Affidamento in prova ai servizi sociali e collegamenti con la criminalità organizzata
 
Affidamento in prova ai servizi sociali e collegamenti con la criminalità organizzata
 
Suprema Corte di Cassazione I Sezione Penale
Sentenza del 28/01/2014 – dep.14/02/2014 n.7304
Dott. GIORDANO Umberto – Presidente –
Dott. VECCHIO Massimo – rel. Consigliere –
Dott. TARDIO Angela – Consigliere –
Dott. BONITO Francesco M.S – Consigliere –
Dott. CAPRIOGLIO Piera M.S. – Consigliere -
 
Avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Palermo, che aveva dichiarato inammissibili le richieste del condannato di applicazione delle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale e, gradatamente, della semilibertà, motivando che, avuto riguardo al titolo del delitto per il quale era stata inflitta la pena in espiazione (corruzione aggravata ai sensi del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, convertito nella L. 12 luglio, 1991, n. 203), ostava la carenza dei requisiti, prescritti dall’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario, della collaborazione colla giustizia (ovvero della impossibilità o della irrilevanza della collaborazione in parola) e della comprovata esclusione di collegamenti attuali colla criminalità organizzata, veniva proposto ricorso per Cassazione poiché il condannato lamentava la violazione dell’art. 4 bis, comma 1 bis, dell’Ordinamento penitenziario mancanza e manifesta illogicità della motivazione, ritenuta meramente apparente.
 
Il difensore, censurando l’omessa valutazione in proposito, oppone il favorevole scrutinio (circa la esclusione della attualità delle pericolosità) operato dal giudice della prevenzione che ha respinto la proposta avanzata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo nei confronti del ricorrente.
 
La Cassazione, con la sentenza in commento (testo integrale in fondo alla pagina), sostenendo le osservazioni del Procuratore Generale, ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese di giustizia facendo presente che “la mancata prova della attualità della pericolosità”, ritenuta dal giudice della prevenzione “non equivale alla prova della esclusione della attualità” di collegamenti colla criminalità organizzata.
 
“ Né, peraltro, il ricorrente ha confutato la carenza del requisito della collaborazione colla giustizia”.
 
“Conclusivamente non si apprezza la ricorrenza né del vizio della violazione di legge, né dei vizi della mancanza e della illogicità della motivazione” ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Avvocato penalista - L'affido in prova ai servizi sociali e i collegamenti con la criminalità organizzata: la mancata prova della attualità della pericolosità non equivale alla prova della esclusione della attualità.
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giovedì 15 gennaio 2015

Avvocato penalista - Integra il reato di Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, Art. 571 del Codice Penale, il contegno del maestro che impone all'alunno di girare carponi alla presenza degli altri alunni e di emettere grugniti.

Avvocato penalista - Integra il reato di Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, Art.  571 del Codice Penale, il contegno del maestro che impone all'alunno di girare carponi alla presenza degli altri alunni e di emettere grugniti.
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Avvocato penalista - Integra il reato di Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, Art.  571 del Codice Penale, il contegno del maestro che impone all'alunno di girare carponi alla presenza degli altri alunni e di emettere grugniti.
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"" Maestro condannato per abuso dei mezzi di correzione

Maestro condannato per abuso dei mezzi di correzione

Suprema Corte di Cassazione Sesta Sezione Penale
Sentenza 19 marzo – 2 aprile 2014, n. 15149
Presidente De Roberto – Relatore Conti

Con la sentenza che si riporta la Cassazione ha esaminato il caso di un insegnante, condannato in primo e secondo grado alla pena di due mesi di reclusione oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile in quanto responsabile del reato di cui all’art. 571 del codice penale, per avere abusato dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di un alunno per averlo costretto a girare carponi in aula alla presenza degli altri alunni e ad emettere suoni simili a grugniti.

L’alunno di sette anni aveva indirizzato un suono di dileggio con la bocca verso l’insegnante che, per punirlo, gli ha imposto la condotta sopra descritta.

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione in quanto denunciava  la violazione dell’art. 571 cod. pen. e il vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità penale osservando che, considerato anche il contesto culturale-ambientale in cui era collocato l’istituto scolastico, la lezione di forte contenuto simbolico imposta all’alunno, che aveva gravemente compromesso la credibilità dell’insegnante davanti alla scolaresca, era perfettamente adeguata alle esigenze dei caso, a pena di minare i percorsi educativi che dovevano informare il rapporto tra insegnante e alunni.

Il ricorrente ha poi depositato motivi aggiunti, con i quali si sviluppano le considerazioni svolte nel ricorso anche sulla base dello “Statuto delle Studentesse e degli Studenti” approvato con d.P.R. 24 giugno 1998, n. 249.

La Corte ha osservato che “dall’accertata condotta prevaricatrice dell’imputato è derivato, come esattamente osservato dai giudici di merito, un evidente pericolo per la salute del bambino, dimostrato dai turbamenti di cui hanno riferito gli allarmati genitori, risultando dunque pienamente integrata la fattispecie contestata” e, per questi motivi ha dichiarato il ricorso infondato condannando l’imputato al pagamento delle processuali.

Articolo 571 Codice Penale Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina

Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.

Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni [572] ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/maestro-condannato-abuso-dei-mezzi-correzione/
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Avvocato penalista - Integra il reato di Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, Art.  571 del Codice Penale, il contegno del maestro che impone all'alunno di girare carponi alla presenza degli altri alunni e di emettere grugniti.
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