http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: novembre 2015

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martedì 17 novembre 2015

Avvocato penalista - Quando si rischia la sospensione e quando si rischia la revoca della patente per guida in stato di ebbrezza.

Avvocato penalista - Quando si rischia la sospensione e quando si rischia la revoca della patente per guida in stato di ebbrezza.
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Avvocato penalista - Quando si rischia la sospensione e quando si rischia la revoca della patente per guida in stato di ebbrezza.
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" Dopo quale valore di tasso alcolemico scatta il ritiro della patente?

Guida in stato di ebbrezza ed alcoltest: a seguito dell’etilometro scatta la sospensione della patente e la confisca del veicolo superati i limiti di legge.

L’assunzione di alcool, anche in modesti quantitativi, prima di mettersi alla guida di un’auto o di un altro veicolo (moto o bicicletta) compromette le funzioni psicofisiche del conducente, stante il venir meno di quella concentrazione e rapidità di riflessi sulle performance di guida, indispensabili alla sicurezza della circolazione.

Il Codice della Strada pone, quindi, il divieto di guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche [1].

Non si può stabilire con certezza il livello di tolleranza all’alcool.

Esso varia su base individuale; la capacità di assorbimento dipende da variabili come: peso; età; sesso (le donne metabolizzano una quantità di alcool 4 volte inferiore a quella degli uomini); quantità di cibo assunta (a digiuno l’alcool viene assorbito in 1 ora; dopo i pasti occorrono da 2 a 6 ore); tempo intercorso dall’assunzione (la curva di assorbimento ed eliminazione, curva di Widmark, raggiunge la massima concentrazione tra la mezz’ora e le due ore dall’assunzione); stato di salute generale; affaticamento e stress; associazione con psicofarmaci e sostanze psicoattive; abitudine alcolica.

Dalle analisi di campioni si evince che il tasso di g/l (grammi per litro di sangue) produce i seguenti effetti:da 0,2 a 0,5 g/l: tendenza a guidare in modo rischioso e lieve alterazione psicomotoria e psicosensoriale: disturbo dei riflessi, riduzione delle cautele, manovra di frenata più brusca, alterazione della funzione visiva e della percezione dei segnali stradali; da 0,6 a 0,9 g/l: compaiono errori di guida, dilatazione dei tempi medi di reazione, riduzione della capacità di adattamento al buio, di regolare la velocità, di valutare le distanze e le manovre di guida; da 1,0 a 1,5 g/l: netto peggioramento dei tempi di reazione e della capacità di attenzione; inabilità a valutare le distanze e i tempi; da 1,5 a 2 g/l: sonnolenza, attimi di assenza dall’attenzione alla guida; da 2 a 3 g/l: incapacità di avviare e guidare veicoli; da 3 a 4 g/l: incordinazione motoria; oltre 4 g/l: perdita di coscienza.

Le sanzioni: dopo quando scatta il ritiro della patente.

La legge prevede tre livelli differenti di violazione a seconda della quantità di alcol rinvenuta nel sangue:

Tasso alcolemico da 0 a 0,5 g/l: NESSUNA CONSEGUENZA.

Il conducente non viene multato.

Tasso alcolemico superiore a 0,5 fino a 0,8 g/l: IPOTESI LIEVE.

Sono previste solo sanzioni amministrative e non penali.

In particolare, scatta la sanzione del pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.000, e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi.

Tasso alcolemico superiore a 0,8 e fino a 1,5 g/l: IPOTESI MEDIA.

Scatta il reato (quindi si entra nell’orbita del penale), con l’applicazione anche di sanzioni amministrative.

In particolare scatta la sanzione penale dell’ammenda da euro 800 a euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi.

All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno.

Tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l: IPOTESI GRAVE.

Scatta la sanzione penale dell’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000, l’arresto da sei mesi ad un anno. All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni.

Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata.

La patente di guida è sempre revocata in caso di recidiva nel biennio.

Accertamento.

Gli organi di polizia stradale possono, infatti, imporre al conducente di sottoporsi ad una prova preliminare, tesa a verificare su strada la sussistenza di tracce di uso di sostanze alcoliche, mediante “accertamenti qualitativi non invasivi” o “prove”, anche attraverso apparecchi portatili, secondo le direttive fornite dal Ministero dell’Interno [2].

Potranno essere utilizzati test comportamentali (con verifica dei riflessi, dei tempi di reazione a stimoli semplici o complessi) e di prove di equilibrio, di abilità e di coordinazione.

Inoltre, esistono apparecchi che, utilizzando tecniche colorimetriche di rilevamento chimico-immunologico, consentono l’accertamento della presenza di alcol mediante lo strofinamento di un tampone (stick) sulla pelle e che, dall’analisi del sudore (emuntore accessorio) presente, sono in grado di fornire informazioni circa la presenza di alcol – pur senza quantificazione del valore – a un elemento di individuazione che assume, in caso di positività alla sostanza, a mo’ di cartina di tornasole, una determinata colorazione. Per tali strumenti, non è richiesta alcuna omologazione.

Si tratta di uno screening propedeutico di primo livello che consente di individuare, in caso di esito positivo della prova, i soggetti da sottoporre ad ulteriori controlli.

L’esito del controllo preliminare – che legittima la richiesta di procedere all’ulteriore accertamento con etilometro – non ha alcun valore di prova legale dell’eccessiva assunzione di alcol e, in quanto tale, non necessita di documentazione.

Tre sono le modalità di accertamento del reato previste dalla legge.

a) L’accertamento strumentale.

Può essere posto in essere dagli organi di polizia (che ne hanno quindi “facoltà” e non obbligo) a seguito dell’esito positivo della prova preliminare, “in ogni caso d’incidente” o quando abbiano altrimenti motivo di ritenere che il conducente sia in stato di ebbrezza.

Il test viene effettuato mediante un apparecchio denominato etilometro che utilizza un criterio matematico-quantitativo-oggettivo.

La prova potrà essere effettuata, non solo sul luogo del controllo, ma anche previo accompagnamento del conducente presso il più vicino ufficio o comando di polizia.

Tale accertamento potrà essere utilizzato in giudizio.

Ne deriva che, sotto il profilo delle garanzie difensive, gli ufficiali o gli agenti di polizia che vi procedono, dovranno avvertire la persona da sottoporre alla prova, che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia (mentre non è prevista la nomina di un difensore d’ufficio) l’arrivo del quale non deve essere, tuttavia, necessariamente atteso, salvo il caso del suo immediato sopraggiungere.

Il mancato avvertimento al conducente, da sottoporre all’esame alcolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, integra una nullità di ordine generale a regime intermedio che può essere tempestivamente dedotta fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado [3].

L’omissione dell’avviso al difensore da parte della P.G. che proceda a sottoposizione dell’indagato al test alcoolimetrico, integra una nullità intemedia e deve ritenersi sanata se non dedotta tempestivamente.

b) L’accertamento con verifica e descrizione degli indici sintomatici.

Nel caso di impossibilità di eseguire l’accertamento (carenza strumentale, incapacità all’insufflazione) o di rifiuto del conducente di sottoporsi al test, lo stato di alterazione può essere accertato anche attraverso la descrizione degli indici sintomatici, relativi al comportamento o allo stato del soggetto, sul verbale redatto dal pubblico ufficiale.

Il giudice, infatti, può desumere lo stato di alterazione psicofisica da elementi sintomatici che, alla stregua di indizi, assurgono a prova del fatto, quando divengano gravi, precisi e concordanti.

Tali indici possono riguardare:

1) lo stato del soggetto – quali: alito fortemente vinoso, linguaggio sconnesso, difficoltà di espressione verbale e di coordinamento motorio, tono di voce immotivatamente alto, eccessiva loquacità, forte euforia, stato confusionale, eccessiva sudorazione, andatura barcollante, respirazione affannosa;

2) la condotta di guida – quali: andatura a zigzag, ingiustificati e improvvisi scarti laterali, utilizzazione dei dispositivi luminosi senza necessità, imprudenze varie anche con tono di sfida verso gli agenti del traffico, reazioni inconsulte e scoordinate all’intimazione dell’alt, ecc.

Anche se non è obbligatorio l’uso dell’etilometro, in mancanza di tale test (che certamente è più attendibile), l’accertamento sintomatico va valutato con maggior attenzione e rigore.

c) L’accertamento a mezzo di certificazione rilasciata dalle strutture sanitarie.

I risultati del prelievo ematico, effettuato per le terapie di pronto soccorso secondo i normali protocolli medici, ben possono essere utilizzati anche per l’accertamento della contravvenzione di guida sotto l’influenza dell’alcool, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica (cartella clinica, reperti di laboratorio), e restando irrilevante, ai fini dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso.

Solo il prelievo ematico effettuato, in assenza di consenso, al di fuori dell’ambito di un protocollo medico di pronto soccorso – e dunque non necessario a fini sanitari – è inutilizzabile per violazione del principio costituzionale che tutela l’inviolabilità della persona [4].

In tali ipotesi, è legittimata la richiesta degli organi di polizia di accertamento del tasso alcolemico da parte delle strutture sanitarie, di base o equiparate.

Diviene, quindi, obbligatorio il rilascio all’organo di polizia della relativa certificazione medica, estesa alle prognosi delle lesioni accertate, assicurando il rispetto della privacy.

[1] Art. 186 Cod. str.

[2] Circ. Min. Int. 29.12.2005 n. 300/A/1/42175/109/42

[3] Cass. S.U. sent. n. 5396/2015.

[4] Cass. sent. n. 4118/2009. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/104614_dopo-quale-valore-di-tasso-alcolemico-scatta-il-ritiro-della-patente
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Avvocato penalista - Quando si rischia la sospensione e quando si rischia la revoca della patente per guida in stato di ebbrezza.
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domenica 15 novembre 2015

Avvocato penalista - Non è più reato l'omesso versamento di ritenute Inps o Inail, se l'importo non supera i 10 mila euro.

Avvocato penalista - Non è più reato l'omesso versamento di ritenute Inps o Inail, se l'importo non supera i 10 mila euro.
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Avvocato penalista - Non è più reato l'omesso versamento di ritenute Inps o Inail,  se l'importo non supera i 10 mila euro.
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" Omesso versamento ritenute all’Inps: niente penale sotto 10 mila euro.
 
Depenalizzato l’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali versate all’Inps e Inail.
 
A poco più di un mese dalla depenalizzazione dell’omesso versamento delle ritenute erariali inferiori a 150 mila euro (cioè le ritenute d’imposta sui pagamenti dei dipendenti e professionisti: leggi “Omesso versamento di ritenute e IVA: cosa rischi”), ora tocca alle ritenute previdenziali ed assistenziali (per capirci meglio, si tratta di quelle che si versano all’INPS ed INAIL).
 
In questo caso la soglia sotto la quale non scatta più il penale è di 10.000 euro.
 
Com’è ora la legge.
 
La legge [1] punisce, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 1.032,91 euro, il datore di lavoro che omette di versare le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.
 
Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti debbono essere versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.
 
Il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento del dovuto entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
 
La depenalizzazione.
 
Con lo schema di decreto legislativo approvato venerdì scorso dal Governo, attuativo della legge delega sulla disciplina sanzionatoria di alcuni reati [2], l’omesso versamento di ritenute previdenziali fino a 10.000 euro non costituirà più reato ma sarà punito con una sanzione da 10mila e 50mila euro.
 
In pratica, l’illecito in questione – almeno fino alla soglia di 10mila euro – passa da penale ad “amministrativo”. Resta comunque la possibilità per il datore di lavoro di non subire neanche la sanzione amministrativa, se provvede al versamento entro il predetto termine di tre mesi.
 
I precedenti.
 
Qualche Tribunale aveva già ritenuto di fatto depenalizzata la violazione penale in questione se di importo non superiore ai 10mila euro, per via della semplice esistenza della legge delega che aveva incaricato il Governo di effettuare la depenalizzazione.
 
Di tale avviso però, non è stata la Cassazione [3] che ha ribadito sempre l’esistenza del reato, essendosi la legge limitata a stabilire una delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie, non apportando in nessun modo modifiche alla figura del reato in questione.
 
I procedimenti in corso.
 
Per il principio del “favor rei” e per espressa previsione del decreto legislativo appena approvato, le disposizioni che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o decreto divenuti irrevocabili.
 
Nel caso in cui i procedimenti siano stati definiti con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti.
 
[1] Art. 2 del decreto legge 463/1983.
 
[2] L. 67/2014.
 
[3] Cass. sent. n. 38080/2014. "
 
Fonte laleggepertutti.it, qui:
 
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Avvocato penalista - Non è più reato l'omesso versamento di ritenute Inps o Inail, se l'importo non supera i 10 mila euro.
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sabato 14 novembre 2015

Avvocato penalista - Gli Atti osceni, Art. 527 C.P., non sono più reato, per cui si potrà fare sesso in pubblico, come le bestie; una scelta di civiltà del governo Renzi.

Avvocato penalista - Gli Atti osceni, Art. 527 C.P., non sono più reato, per cui si potrà fare sesso in pubblico, come le bestie; una scelta di civiltà del governo Renzi.
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Avvocato penalista - Gli Atti osceni, Art. 527 C.P., non sono più reato, per cui si potrà fare sesso in pubblico, come le bestie; una scelta di civiltà del governo Renzi.
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" Atti osceni: fare sesso in pubblico non è più reato.

Atti osceni in luogo pubblico: depenalizzato l’amore su strade, spiagge e non al riparo da occhi indiscreti.

Ieri il governo ha  approvato lo schema di due decreti legislativi sulla depenalizzazione di reati come l’ingiuria e gli atti osceni: in tutto sono circa 60 gli illeciti che escono dall’area della rilevanza penale.

Il Consiglio dei ministri ha così licenziato, in via preliminare, i testi dei due decreti legislativi attuativi della delega parlamentare [1] che sarebbe scaduta a breve.

Ora l’ultima parola tocca al Parlamento.

In particolare si prevede la depenalizzazione dei reati per i quali come pena è prevista una multa, come l’omesso versamento di contributi e ritenute da parte del datore di lavoro, purché sotto i 10 mila euro annui.

Con alcune eccezioni, relative a reati non marginali: edilizia e urbanistica; alimenti e bevande; ambiente, territorio e paesaggio; sicurezza pubblica e dei luoghi di lavoro; giochi d’azzardo e scommesse; armi e esplosivi; finanziamento ai partiti; proprietà intellettuale e industriale.

Diremo addio alle auto tappezzate di giornali sui vetri?

Il reato di atti osceni è previsto e punito codice penale [2], il quale prevede che “chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni ovvero manifestazioni di concupiscenza, sensualità, inverecondia sessuale, in grado di offendere il sentimento della morale sessuale e del pudore al punto da destare in chi possa assistervi disgusto e repulsione [3].

La sanzione consiste nella reclusione da tre mesi a tre anni.

La fattispecie è aggravata e la pena aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso “all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori”, se da ciò deriva il pericolo che i minori vi assistano.

Ai fini della configurabilità del reato la condotta deve essere tenuta in un luogo pubblico, aperto al pubblico o comunque esposto al pubblico, ovvero in qualsiasi luogo visibile a terzi [4].

Si tratta di un reato di pericolo concreto e richiede, perciò, che la visibilità del luogo in cui gli atti vengono compiuti sia valutabile sin dall’inizio tenendo conto della natura del luogo, del momento del fatto e delle condizioni oggettive.

È prevista anche un’ipotesi colposa, nel qual caso il soggetto agente ha tenuto per negligenza e imprudenza la condotta in un luogo che possa assumere in concreto il carattere di visibilità.

Con la depenalizzazione varata dal Governo gli atti osceni verranno puniti solo con una sanzione amministrativa di tipo pecuniario con un massimo di 30mila euro invece dei tre anni di carcere.

Stessa sorte è toccato ai reati di atti contrari alla pubblica decenza, le pubblicazioni e gli spettacoli osceni, l’abuso della credulità popolare, le rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive.

Quanto alla distinzione tra atti osceni e atti contrari alla pubblica decenza, la Cassazione ha osservato che:

– gli atti osceni offendono, in modo intenso e grave il pudore sessuale, suscitando nell’osservatore sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici (per esempio due persone che consumano un atto sessuale in auto).

– gli atti contrari alla pubblica decenza ledono il normale sentimento di costumatezza, generando fastidio e riprovazione (per es. un uomo che dorme nudo in auto).

[1] L. n. 67/2014.

[2] Art. 527 cod. pen.

[3] Cass. sent. n. 48532/2004.

[4] Cass. sent. n. 3855/1997. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/104377_atti-osceni-fare-sesso-in-pubblico-non-e-piu-reato
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venerdì 6 novembre 2015

Avvocato penalista - Non commette Evasione, Art. 385 C. P., chi fugge dagli arresti domiciliari, perché preferisce il carcere ai litigi con la moglie.

Avvocato penalista - Non commette Evasione, Art. 385 C. P., chi fugge dagli arresti domiciliari, perché preferisce il carcere ai litigi con la moglie.
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Avvocato penalista - Non commette Evasione, Art. 385 C. P., chi fugge dagli arresti domiciliari, perché preferisce il carcere ai litigi con la moglie.
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" Domiciliari: non è evasione se si scappa dalla moglie.

Non costituisce fuga agli arresti domiciliari il comportamento dell’uomo che esce di casa perché preferisce la galera ai litigi con la moglie.

Meglio le patrie galere alla moglie: è così scagionato dal reato di evasione dagli arresti domiciliari l’uomo che, dopo un pesante litigio coniugale, chiude dietro di sé la porta di casa avvertendo però immediatamente il 113 di venirlo a prendere per portarlo in prigione.

È quanto disposto dalla Cassazione con una recente sentenza [1].

La vicenda.

Ennesima lite con la moglie.

E l’uomo, costretto ai ‘domiciliari’, capisce che è meglio vivere in carcere…

Così, chiama le forze dell’ordine, comunica la propria decisione, e scende in strada, fermandosi poco fuori dalla propria abitazione, in attesa dei carabinieri.

Ma, passata la rabbia momentanea per l’incomprensione con la consorte, l’uomo ha pensato che, in fondo, è comunque meglio la propria casa del carcere.

La sentenza.

La condotta illecita tipica del reato di evasione dagli arresti domiciliari deve consistere nell’allontanarsi senza autorizzazione dal domicilio coatto e nel sottrarsi ai controlli dell’autorità.

Ma entrambi gli elementi non sussistono nel caso esaminato. Infatti, si legge nella sentenza in commento, bisogna valutare il comportamento complessivo dell’uomo.

Quest’ultimo è stato sì trovato fuori dall’abitazione, ma in attesa dell’arrivo dei carabinieri, prontamente informati della sua intenzione di volere andare in carcere per scappare dall’incubo della vita domestica con la moglie.

Ciò significa che, in concreto, egli in nessun momento si è sottratto alla possibilità, per gli addetti al controllo, di effettuare le dovute verifiche, restando nelle immediate vicinanze del domicilio coatto.

Tenendo presenti i dati – comunicazione dell’imminente violazione del divieto di allontanamento, permanenza nei pressi del domicilio allo scopo di far rilevare l’allontanamento, manifestazione dell’intento di volere un regime cautelare più rigoroso, cioè il carcere – è illogico parlare di evasione."

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/103521_domiciliari-non-e-evasione-se-si-scappa-dalla-moglie
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Avvocato penalista - Non commette Evasione, Art. 385 C. P., chi fugge dagli arresti domiciliari, perché preferisce il carcere ai litigi con la moglie.
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giovedì 5 novembre 2015

Avvocato penalista - Commette Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico, Art. 656 C. P., chi scrive notizie false su internet.

Avvocato penalista - Commette Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico, Art. 656 C. P., chi scrive notizie false su internet.
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Avvocato penalista - Commette Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico, Art. 656 C. P., chi scrive notizie false su internet.
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" Scrivere notizie false su internet: quali sanzioni?

Notizie bufala e articoli falsi diffusi su internet non sempre sono innocui: le possibili sanzioni e come riconoscerli.

È sempre più frequente trovare su internet notizie non del tutto vere o totalmente inventate.

Lo scopo è attirare visitatori sul proprio blog o sul proprio sito per guadagnare con i banner pubblicitari.Il pacco è confezionato con un titolo votato al sensazionalismo, corredato, alle volte, da un’immagine “forte”; all’interno c’è la bufala, capace di calamitare click e condivisioni.

Le sanzioni.

In base al codice penale, chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro [1].

Il reato in questione può dirsi commesso indipendentemente dal fatto che il contenuto di un articolo incida effettivamente sulle coscienze; è infatti sufficiente che quell’articolo sia potenzialmente idoneo a ottenere questo risultato [2].

Notizie false sugli immigrati.

Molte notizie tarocche sono innocue, riconoscibili e anche piuttosto divertenti.

Altre, invece, hanno, o possono avere, pesanti ripercussioni sull’opinione pubblica, sulle scelte e i convincimenti delle persone e sulla percezione delle cose.

Questo tipo di disinformazione rappresenta un reale pericolo ed è fortemente dannosa.

I siti che utilizzano le notizie false hanno compreso che gli articoli che tirano maggiormente sono quelli che alimentano l’indignazione, per non dire l’odio, verso qualcuno o qualcosa.

E così, oltre alla politica, che è un evergreen, la problematica dell’immigrazione è diventata l’eldorado per chi costruisce bufale a tavolino:

“Somalo stupra bambina di 3 anni”; “4 rumeni gonfiano gattino con un compressore”; “Coppia selvaggiamente picchiata da un gruppo di africani”.

Questi sono solo alcuni dei titoli ad alto impatto emotivo che si possono trovare in rete.

Simili pezzi dalla dubbia fonte, click dopo click, diventano virali, accrescono il clima di allarme sociale e l’indignazione, e hanno un effetto devastante sul già complicato rapporto di integrazione tra cittadini e immigrati.

In buona sostanza, istigano alla violenza e all’odio razziale.

La legge prevede la reclusione da sei mesi a quattro anni per chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi [3].

Notizie false su facebook: come riconoscerle.

Ci sono aziende specializzate nella diffusione di notizie su facebook sotto forma di articoli o di video.

Il sistema è pagare i frequentatori dei social in cambio di condivisioni, “like” o commenti.

Gli utenti che svolgono questa attività in genere creano un profilo facebook fatto apposta.

Lo utilizzano, cioè, soltanto per condividere contenuti da pagine specifiche.

Gli amministratori di queste pagine caricano le notizie e ne commissionano la diffusione e la condivisione a questi soggetti.

I contenuti di tal fatta sono riconoscibili poiché hanno scritte ben visibili e a contenuto sensazionalistico, accompagnate da immagini altrettanto forti.

Sono, inoltre, sempre sprovvisti di link esterni che possano confermare la veridicità delle notizie. Lo scopo è ottenere più visibilità e traffico possibile.

Il consiglio è di ignorare questi link, e quindi non condividere, non commentare e soprattutto non aprirli.

[1] Art. 656 cod. pen.

[2] Cass. sent. n. 9475 del 1.07.1996.

[3] L. n. 205/93. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/103488_scrivere-notizie-false-su-internet-quali-sanzioni
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Avvocato penalista - Commette Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico, Art. 656 C. P., chi scrive notizie false su internet.
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domenica 1 novembre 2015

Avvocato penalista - Il reato di Consulenza finalizzata all’evasione può essere imputabile anche agli avvocati.

Avvocato penalista - Il reato di Consulenza finalizzata all’evasione può essere imputabile anche agli avvocati.
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Avvocato penalista - Il reato di Consulenza finalizzata all’evasione può essere imputabile anche agli avvocati.
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" Anche per gli avvocati il reato di consulenza finalizzata all’evasione.

Evasione fiscale: l’aggravante dell’elaborazione di modelli seriali di evasione si applica a chiunque faccia consulenza fiscale, non solo agli intermediari soggetti alla trasmissione delle dichiarazioni dei redditi.

Reati tributari a maglie larghe anche per i professionisti: la nuova aggravante prevista nei confronti del consulente che elabora “modelli seriali di evasione fiscale” si applicherà non solo agli intermediari abilitati dall’Agenzia delle Entrate alla trasmissione delle dichiarazioni dei redditi, ma anche a tutti coloro che, in senso lato, fanno consulenza fiscale, ivi compresi – in prima linea – gli avvocati.

È quanto chiarito dall’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione nella relazione sulla revisione del sistema sanzionatorio penale-tributario, riforma appena entrata in vigore in attuazione della delega fiscale [1].

La relazione, dunque, propende per una interpretazione estensiva della nuova norma, ricomprendendo non solo i professionisti la cui attività è tipicamente e istituzionalmente rivolta all’ambito tributario, ma anche a qualsiasi altro consulente, ivi compresi gli intermediari bancari e finanziari. Gli avvocati rientreranno, dunque, a pieno titolo tra le categorie di professionisti “avvisati”.

Quando si applica l’aggravante.

La nuova aggravante dell’elaborazione di modelli seriali di evasione fiscale si applicherà a tutti i delitti tributari.

Non è ancora chiaro il contorno della nuova aggravante; in particolare non è facile comprendere a cosa si riferisca la legge quando parla di “elaborazione di modelli seriali di evasione fiscale”.

Viene tuttavia subito in luce la serialità della condotta, che farebbe pensare allo studio del professionista “esperto” nell’assistere i clienti che vogliano frodare il fisco.

In ogni caso, per maggiori chiarimenti saranno necessarie le future interpretazioni giurisprudenziali.

L’aggravante dell’elaborazione di modelli seriali di evasione scatterà solo per il professionista e non per il contribuente, salvo che questi sia a conoscenza della condotta criminosa del consulente (non tanto, quindi, dell’attività di consulenza stessa, quando della “serialità” della condotta, che è appunto l’elemento cardine del reato).

La non punibilità: come difendersi.

Le riforma prevede la non punibilità del reato nel caso di:

– reato per omessi versamenti di ritenute, omesso versamento di IVA e indebite compensazioni di crediti non spettanti: è possibile ottenere la non punizione se si effettua l’estinzione del debito tributario, ossia l’integrale pagamento del dovuto prima dell’apertura del dibattimento di primo grado;

– dichiarazione infedele: per ottenere il perdono è necessario che intervenga l’integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso ma l’autore del reato non deve avere avuto formale conoscenza di controlli, accertamenti, procedimenti penali;

– omessa presentazione della dichiarazione: la non punibilità scatta se avviene la presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione previsto per il periodo di imposta successivo, a condizione che l’autore del reato non abbia avuto formale conoscenza di controlli accertamenti, o procedimenti penali.

[1] Cass. Uff. Massimario, relazione n. III/5/2015. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/103050_anche-per-gli-avvocati-il-reato-di-consulenza-finalizzata-allevasione
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Avvocato penalista - Il reato di Consulenza finalizzata all’evasione può essere imputabile anche agli avvocati.
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