http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: agosto 2015

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lunedì 31 agosto 2015

Avvocato penalista - E' reo di Falsità materiale commessa dal privato, Articolo 482 del Codice Penale, chi fa uso di un permesso per gli invalidi falso.

Avvocato penalista - E' reo di Falsità materiale commessa dal privato, Articolo 482 del Codice Penale, chi fa uso di un permesso per gli invalidi falso.
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Avvocato penalista - E' reo di Falsità materiale commessa dal privato, Articolo 482 del Codice Penale, chi fa uso di un permesso per gli invalidi falso. 
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"" Cassazione: é reato usare un permesso per gli invalidi falso.
 
La Cassazione, con una sentenza che conferma altre decisioni prese dai Supremi Giudici in passato, ribadisce la configurazione di una fattispecie di reato da parte di chi parcheggia l’auto esponendo sul parabrezza  la fotocopia di un permesso per invalidi.
 
Il punto su cui si concentra la decisione della Corte riguarda la qualità del falso e, quindi coglie l’occasione per evidenziare le differenze tra il falso “d’autore” (solo per render l’idea) e quello grossolano.
 
Nel primo caso, la quinta sezione penale ha stabilito che si configura il reato di “falso in autorizzazione amministrativa” chi falsifica a regola d’arte il tagliando di parcheggio invalidi al punto di renderli riconoscibili come falsi solo da esperti del settore.
 
Fotocopiare il permesso di parcheggio produce il reato di falsità materiale del privato in autorizzazione amministrativa, di cui agli articoli 477 e 482 del codice penale e ciò che è penalmente rilevante riguarda la notevole sofisticazione raggiunta dai macchinari utilizzati, capaci di eseguire copie fedeli all’originale e, pertanto, idonee a consentire un uso atto a trarre in inganno la pubblica fede.
 
Relativamente al falso grossolano gli ermellini hanno stabilito che non è punibile perché facilmente riconoscibile “ictu oculi” anche da persone del tutto sprovvedute.
 
Il caso esaminato dai giudici di legittimità, che ha originato la sentenza n. 33214 del 31 maggio 2012 ma pubblicata soltanto il 23 di agosto, riguardava un permesso falso per invalidi riconosciuto tale da un esperto che, dopo un attento esame, ha notato la non rifrangenza di un bollino apposto sull’atto.
 
Anche per la Corte di Cassazione la mancanza di rifrangenza é un elemento rilevante e non subito percepibile e, pertanto, ha respinto il ricorso dell’automobilista confermando la decisione del merito presa dal Tribunale di Bergamo prima e dalla Corte d’Appello di Brescia in secondo grado.
 
""Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
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Avvocato penalista - E' reo di Falsità materiale commessa dal privato, Articolo 482 del Codice Penale, chi fa uso di un permesso per gli invalidi falso. 
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domenica 30 agosto 2015

Avvocato penalista - Il furto in flagranza non giustifica l'arresto, se mancano la gravità del fatto e la pericolosità del soggetto.

Avvocato penalista - Il furto in flagranza non giustifica l'arresto, se mancano la gravità del fatto e la pericolosità del soggetto.
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Avvocato penalista - Il furto in flagranza non giustifica l'arresto, se mancano la gravità del fatto e la pericolosità del soggetto.
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"" Ladro colto in flagranza di reato ma per la Cassazione mancano i presupposti per l’arresto.
 
La Cassazione ha recentemente trattato il caso di un uomo colpevole di aver rubato in un supermercato.
 
La sentenza emessa dalla Corte nei confronti dell’uomo merita di essere approfondita in quanto la situazione delittuosa che si é verificata ha permesso agli ermellini di fare delle importanti precisazioni riguardo alla valutazione della “gravità del fatto e della pericolosità del soggetto, come previsto dall’articolo 381 del codice di procedura penale  per “l’arresto facoltativo in flagranza”.
 
Nel caso de quo un uomo della provincia di Messina é stato sorpreso, dalla sicurezza di un supermarket, a rubare undici scatolette di ragù.
 
L’uomo, colto sul fatto, si é offerto di pagare la merce ma non c’é stato nulla da fare, i proprietari del negozio hanno subito avvisato i carabinieri che hanno proceduto all’arresto in seguito convalidato dal tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
 
Contro il citato provvedimento l’imputato ha fatto ricorso in Cassazione e i giudici della quinta sezione penale, osservando che nel caso di specie non erano stati applicati quei principi fondamentali per procedere all’arresto, ovvero che il quarantasettenne non era pericoloso e la situazione non era così grave, con la sentenza n. 25444, hanno annullato la convalida del provvedimento di arresto in flagranza per tentato furto aggravato.
 
Per la Corte “il controllo del giudice circa il provvedimento adottato dalla polizia giudiziaria non può essere limitato al riscontro dell’osservanza dei requisiti formali dell’arresto (esistenza della flagranza, titolo del reato, osservanza dei termini), ma deve essere estesa al controllo dei presupposti sostanziali per l’arresto (gravità del fatto o pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità e dalle circostanze del fatto) da valutare in termini di ragionevolezza con riferimento agli elementi conosciuti e conoscibili da parte della polizia al momento del fatto”. ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Avvocato penalista - Il furto in flagranza non giustifica l'arresto, se mancano la gravità del fatto e la pericolosità del soggetto.
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sabato 29 agosto 2015

Avvocato penalista - Sono correi di Violenza sessuale su minori i genitori che, invece di impedire, agevolano la violenza sessuale subita dalla figlia minorenne.

Avvocato penalista - Sono correi di Violenza sessuale su minori i genitori che, invece di impedire, agevolano la violenza sessuale subita dalla figlia minorenne.
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Avvocato penalista - Sono correi di Violenza sessuale su minori i genitori che, invece di impedire, agevolano la violenza sessuale subita dalla figlia minorenne.
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"" Cassazione: condannati due genitori per aver “agevolato” i rapporti sessuali della figlia tredicenne.
 
La Cassazione in più occasioni è stata costretta ad “introdursi” dentro le mura domestiche per regolamentare i rapporti tra genitori e figli e soprattutto per tutelare questi ultimi da situazioni anche gravi che in molti casi hanno originato vere e proprie tragedie facendo emergere delle realtà inconcepibili e drammatiche.
 
Già in passato la Corte aveva condannato alcuni genitori per aver avuto un comportamento passivo nei confronti di situazioni delittuose commesse a danno dei propri figli.
 
Un esempio di tolleranza zero nei confronti dei suddetti genitori “complici”  è stata la sentenza n. 36829 depositata il 12/10/2011, in cui la terza sezione della Cassazione, pronunciandosi in materia di violenza sessuale su minori subita in famiglia, ha condannato la madre, ritenendola anch’essa responsabile della violenza subita dalle figlie, perché non ha fatto nulla per impedire che avvenisse.
 
Allo stesso modo, la Corte ha ritenuto responsabili a titolo di concorso una coppia di genitori romana per aver favorito e agevolato o, comunque, per non avere scoraggiato i rapporti sessuali tra un adulto e la figlia di 13 anni.
 
In quest’ultimo caso, i fatti erano ormai diventati di dominio pubblico e, nel quartiere abitato dalla coppia, erano in pochi a non sapere della vicenda giunta fino a Piazza Cavour in seguito alla denuncia fatta nei confronti dei genitori e dell’uomo che intratteneva la relazione con la ragazzina.
 
La terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, ha ricostruito lo svolgimento de fatti di causa riscontrando come i genitori della ragazzina, che non aveva ancora compiuto quattordici anni, “consentivano e anzi incoraggiavano la stabile convivenza” con un uomo, “permettendo e agevolando i costanti rapporti sessuali tra la minore e l’uomo”.
 
Con la sentenza n. 33562 del 2012 la Corte, riconoscendo la responsabilità per la vicenda anche in capo ai genitori della ragazzina, ha convalidato nei confronti di questi ultimi la condanna a 3 anni e 4 mesi. ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
 
Avvocato penalista - Sono correi di Violenza sessuale su minori i genitori che, invece di impedire, agevolano la violenza sessuale subita dalla figlia minorenne.
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venerdì 28 agosto 2015

Avvocato penalista - Legittime le video riprese disposte dal P. M. nelle aule, per rilevare i Maltrattamenti a scuola, anche senza autorizzazione del G.I.P.

Avvocato penalista - Legittime le video riprese disposte dal P. M. nelle aule, per rilevare i Maltrattamenti a scuola, anche senza autorizzazione del G.I.P.
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Avvocato penalista - Legittime le video riprese disposte dal P. M. nelle aule, per rilevare i Maltrattamenti a scuola, anche senza autorizzazione del G.I.P.
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"" Maltrattamenti a scuola: legittime le video-riprese disposte dal P. M.

La Cassazione recentemente ha affrontato il tema delle video riprese all’interno delle aule scolastiche.

A parere dei giudici, la scuola anche se per gli studenti, i professori e tutto il personale deve essere vista come una seconda casa, di fatto peró non puó essere considerata come una dimora privata perché é un luogo aperto al pubblico.

In base a queste osservazioni, la sesta sezione penale della Suprema Corte ha considerato lecite le video riprese disposte direttamente dal P.M. senza l’autorizzazione del Giudice per le Indagini Preliminari per incastrare una maestra accusata di aver maltrattato per mesi i suoi alunni.

La Cassazione ha avuto modo di trattare l’argomento a seguito del ricorso presentato dai legali della donna avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame che nei suoi confronti stabiliva l’obbligo di dimora.

Le video riprese disposte dal P.M. dentro la scuola dimostravano come la maestra avesse maltrattato ripetutamente gli alunni dandogli ”schiaffi al volto e alla nuca, strattoni,  poderose tirate d’orecchi e di capelli”.

La difesa della donna, ricorrendo ai giudici di Piazza Cavour, sostanzialmente chiedeva l’inutilizzabilità delle riprese perché la scuola é paragonabile ad un domicilio, dove vige riservatezza e autonomia e la maestra durante le lezioni esercita il potere di non far entrare estranei all’interno dell’aula scolastica e, pertanto, le riprese dovevano essere autorizzate dal GIP.

Gli ermellini, con la sentenza n. 33593, hanno invece confermato l’obbligo di dimora per la donna, precisando inoltre che il PM ha potuto procedere ”senza alcuna necessità di chiedere l’autorizzazione al GIP” in quanto, ”nel caso in esame deve escludersi che un’aula scolastica possa essere considerata un domicilio; trattandosi, infatti, di un luogo dove può entrare un numero indeterminato di persone (alunni, professori, preposti alla sorveglianza e alla direzione dell’istituto, familiari degli alunni), essa va qualificata come luogo aperto al pubblico”. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/maltrattamenti-a-scuola-legittime-le-video-riprese-disposte-dal-p-m/
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Avvocato penalista - Legittime le video riprese disposte dal P. M. nelle aule, per rilevare i Maltrattamenti a scuola, anche senza autorizzazione del G.I.P.
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giovedì 27 agosto 2015

Avvocato penalista - Le telefonate erotiche non equivalgono a una forma di prostituzione “a distanza”.

Avvocato penalista - Le telefonate erotiche non equivalgono a una forma di prostituzione “a distanza”.
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Avvocato penalista - Le telefonate erotiche non equivalgono a una forma di prostituzione “a distanza”.
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"" Le telefonate erotiche non configurano una prostituzione “a distanza”.

Per la Suprema Corte di Cassazione le telefonate erotiche non possono assimilarsi all’attività di prostituzione.

Infatti, la Cassazione in una recente sentenza (la n. 33564 del 2012) ha definito la prostituzione come un’attività in cui “…la persona retribuita per prostituirsi abbia a compiere appunto (non importa in quale luogo e verso quale destinatario) un atto sessuale ovvero prestazioni caratterizzate dalla messa a disposizione del proprio corpo per fini di altrui libidine”.

La Corte di Cassazione ha avuto modo di trattare l’argomento in oggetto in seguito a una vicenda particolarmente piccante che ha visto coinvolti nella vicenda due uomini e una donna che, dietro compenso, intratteneva l’interlocutore con delle “prestazioni telefoniche” diciamo “vietate ai minori”.

A parer della Corte, la cd. “chiacchierata hard” non va assimilata a prestazioni occasionali a sfondo sessuale, sempre nel caso in cui non vengano contestualmente compiuti “atti sessuali” sul proprio corpo precisando inoltre che “…le prestazioni vocali effettuate, sia pure al fine di eccitare sessualmente l’interlocutore, non possono equivalere a prestazioni sessuali, non impegnando zone corporali erogene”.

In poche parole, il principio di diritto introdotto con questa sentenza ci dice che, per la Cassazione esiste la prostituzione “a distanza”, ovvero quando la prostituta e il cliente si trovano “in due luoghi diversi” e un esempio di tale situazione é proprio quella che si puó configurare “per via telefonica o attraverso le web-chat internet ”.

Il caso in esame, che ha parzialmente modificato la sentenza di condanna emessa nella fase di merito nei confronti di uno degli uomini coinvolti, aveva dunque messo in luce come i dialoghi convenuti tra le due parti fossero esclusivamente scambi verbali ma non atti sessuali finalizzati all’altrui compiacimento. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/le-telefonate-erotiche-non-configurano-una-prostituzione-a-distanza/
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Avvocato penalista - Le telefonate erotiche non equivalgono a una forma di prostituzione “a distanza”.
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mercoledì 26 agosto 2015

Avvocato penalista - Compiere un solo atto sessuale davanti alla figlia minore, per la Cassazione, da diritto a uno sconto di pena.

Avvocato penalista - Compiere un solo atto sessuale davanti alla figlia minore, per la Cassazione, da diritto a uno sconto di pena.
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Avvocato penalista - Compiere un solo atto sessuale davanti alla figlia minore, per la Cassazione, da diritto a uno sconto di pena.
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"" Compie “un solo atto sessuale” davanti alla figlia minore, ma per la Cassazione ha diritto ad uno sconto di pena.

La Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da un uomo, 45enne di Palermo, condannato nella fase di merito a sei anni di reclusione per commesso atti sessuali davanti alla figlia minorenne.

Più specificatamente, l’uomo si é masturbato davanti alla figlia che, all’epoca dei fatti, non aveva ancora compiuto dieci anni.

Per la terza sezione penale della Corte il ricorso “non è infondato … allorché  evidenzia come la sentenza del Tribunale abbia riconosciuto che i fatti furono oggettivamente poco invasivi ed ebbero un impatto traumatico modesto, tanto che la minore non percepí inizialmente la loro offensività”.

In altre parole, con questa Sentenza (n. 34236) la Corte ha deciso che l’imputato ha diritto ad uno sconto di pena in considerazione del fatto che il tutto si racchiude in “un unico episodio a sfondo sessuale”, per il quale il padre della bambina aveva chiesto scusa alla figlia con una lettera scritta di suo pugno.

In appello era stata bocciata la richiesta del padre di fare prevalere le attenuanti generiche rispetto alle aggravanti contestate ma gli ermellini, riconsiderando la situazione sotto questa diversa chiave di lettura, hanno accolto la tesi difensiva, volta a dimostrare come i giudici di appello avessero “omesso di considerare che si era in presenza di un unico episodio, che non vi sono state condotte invasive delle zone sessuali della minore”.

La Cassazione infatti ha censurato i giudici di merito per essersi “limitati a giustificare la decisione mediante l’affermazione che l’avvenuta masturbazione del padre ha sicuramente compresso in modo non indifferente la libertà sessuale della minore”.

Alla luce di queste considerazioni i giudici di Piazza Cavour hanno rinviato tutto alla Corte d’appello di Palermo affinché conceda uno sconto di pena al padre, che “pur valutando con grande attenzione lo speciale impatto emotivo e psicologico che possono provocare le condotte poste in essere dal genitore o da persona cui la minore e’ fortemente legata, occorre avere riguardo alle concrete modalità dei fatti, alla loro durata nel tempo, alla loro invasività diretta della sfera sessuale, al coinolgimento emotivo ed emozionale che esse richiedono o provocano, alle conseguenze che i fatti hanno provocato sullo sviluppo psicofisico della vittima”. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/compie-un-solo-atto-sessuale-davanti-alla-figlia-minore-ma-per-la-cassazione-ha-diritto-ad-uno-sconto-di-pena/
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Avvocato penalista - Compiere un solo atto sessuale davanti alla figlia minore, per la Cassazione, da diritto a uno sconto di pena.
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martedì 25 agosto 2015

Avvocato penalista - E' Atti sessuali con minorenne, Art. 609 quater C. P., e non tentativo, anche se il reato di fatto non si è consumato.

Avvocato penalista - E' Atti sessuali con minorenne, Art. 609 quater C. P., e non tentativo, anche se il reato di fatto non si è consumato.
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Avvocato penalista - E' Atti sessuali con minorenne, Art. 609 quater C. P., e non tentativo, anche se il reato di fatto non si è consumato.
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"" Non sempre si configura il tentativo per gli atti sessuali non consumati.
 
La suprema corte ha avuto modo di ribadire un principio più volte espresso in materia di atti sessuali o meglio di come non si configura il tentativo anche nelle ipotesi in cui il reato di fatto non si è consumato.
 
Secondo la corte in caso di atti sessuali (che nel caso di specie si riferisce al toccamento degli organi genitali) si considera consumato il reato anche nel caso in cui il tentativo di compierli imposto con la forza dall’agente non va del tutto a buon fine per la reazione della persona offesa.
 
Il caso trattato dai giudici con l’ermellino riguardava un insegnante che è stato condannato per atti sessuali su minore sia in primo che in secondo grado.
 
Più nello specifico, l’uomo aveva costretto con la forza uno dei suoi studenti, durante una gita scolastica, a subire toccamenti verso alcune parti del suo corpo (anche tentando di avvicinare il proprio organo genitale).
 
A causa della reazione dello studente il reato, secondo la difesa, non si sarebbe consumato e, pertanto, propose ricorso in Cassazione avverso la sentenza di condanna emessa nei confronti dell’imputato da parte della Corte d’Appello di Napoli, lamentando una errata valutazione da parte di giudici di merito di alcuni elementi fondamentali per la decisione che avrebbero permesso una migliore valutazione riguardo la condotta tenuta dall’uomo e che avrebbero permesso di riconfigurare la stessa entro le ipotesi del tentativo.
 
Con la sentenza 29479/12 la Cassazione si pronuncia sul citato ricorso e lo giudica inammissibile, poiché i motivi prospettati nello stesso, sono attinenti più che altro al merito e, pertanto, non possono essere sottoposto al vaglio del giudizio di legittimità.
 
Per giurisprudenza consolidata il giudizio di legittimità non può ricostruire i fatti contestati dall’imputato, perché tale compito è assegnato ai primi due gradi di giudizio.
 
Tale principio, attuato nel caso de quo, rende inammissibile il ricorso anche per il fatto che l’attenta analisi della sentenza emessa dalla Corte territoriale ha motivato adeguatamente e senza contraddizioni le dichiarazioni rese dal minore in sede di incidente probatorio e sulla ricostruzione del fatto che ne è derivata (considerandole attendibili) .
 
A parere dei massimi giudici, l’azione del ricorrente è stata valutata correttamente inquadrandola nell’ambito del reato consumato nonostante non sia stata raggiunta dalle mani della persona offesa la zona dei genitali, perché anche un contatto superficiale o fugace che non abbia attinto zone erogene integra il reato in parola se è derivato dalla costrizione imposta dall’agente ed è stato evitato solo per fattori indipendenti dalla sua volontà, quale la reazione della vittima.
 
Per la Cassazione la sentenza pronunciata nella fase di merito non è censurabile in quanto nella fattispecie concreta i giudici hanno correttamente accertato la sussistenza sia dell’elemento soggettivo ovvero l’appagamento degli istinti sessuali del ricorrente sia anche quello oggettivo consistente nella violazione della libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale della persona offesa. ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
Avvocato penalista - E' Atti sessuali con minorenne, Art. 609 quater C. P., e non tentativo, anche se il reato di fatto non si è consumato.
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lunedì 24 agosto 2015

Avvocato penalista - E' rea di Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, Art. 571 C. P., l'insegnante che costringe un alunno a scrivere 100 volte 'sono un deficiente' sul quaderno.

Avvocato penalista - E' rea di Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, Art. 571 C. P., l'insegnante che costringe un alunno a scrivere 100 volte 'sono un deficiente' sul quaderno.
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Avvocato penalista - E' rea di Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, Art. 571 C. P., l'insegnante che costringe un alunno a scrivere 100 volte 'sono un deficiente' sul quaderno.

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"" Insegnante condannata per aver costretto un alunno a scrivere 100 volte “sono un deficiente”.

Quindici giorni di reclusione (invece dei trenta stabiliti in Appello) per la professoressa che ha punito uno studente di undici anni costringendolo a scrivere sul quaderno per cento volte la frase “sono un deficiente”.

Questa é stata la decisione della Suprema Corte di Cassazione che, confermando la sentenza d’Appello (ad eccezione per la parte relativa all’aggravante di aver provocato nell’adolescente un “disturbo del comportamento”, che era l’ipotesi avanzata dallo psicologo, ma che per gli ermellini, in corso di causa, non é stato provata con certezza, motivando cosí lo “sconto” di pena, riducendola a 15 giorni) ha manifestato il proprio dissenso verso l’utilizzo di metodi (educativi???) prepotenti che “finiscono per rafforzare il convincimento che le relazioni personali sono decise da rapporti di forza o di potere”.

Secondo la Corte di Cassazione, l’insegnante palermitana, docente di una scuola media statale, è senz’altro colpevole “di aver abusato dei mezzi di correzione e di disciplina” ai danni dello studente, per averlo “mortificato nella dignità” venendo così meno al “processo educativo in cui è coinvolto un bambino”, ossia – aggiunge la Cassazione rifacendosi alla convenzione Onu sui diritti dell’infanzia – “una persona sino all’età di 18 anni”.

Si legge nella sentenza che “non può ritenersi lecito l’uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi e ciò sia per il primato attribuito alla dignità della persona del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti”, ma soprattutto perché “non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, tolleranza, convivenza e solidarietà, utilizzando mezzi violenti e costrittivi che tali fini contraddicono”.

In poche parole, la Cassazione è del parere che l’insegnante debba essere punita (in questo caso con il carcere) perché colpevole di aver punito un allievo in un modo così  “umiliante” perché, a suo dire, stava tenendo “un atteggiamento derisorio ed emarginante nei confronti di un compagno di classe”.

Comportamento quello dell’insegnante che per i giudici di Piazza Cavour “costituisce abuso punibile anche sotto il profilo doloso che umilia, svaluta, denigra o violenta psicologicamente un bambino, causandogli pericoli per la salute anche se è compiuto con una soggettiva intenzione educativa o di disciplina”. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/insegnante-condannata-per-aver-costretto-un-alunno-a-scrivere-100-volte-sono-un-deficiente/
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Avvocato penalista - E' rea di Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, Art. 571 C. P., l'insegnante che costringe un alunno a scrivere 100 volte 'sono un deficiente' sul quaderno.

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domenica 23 agosto 2015

Avvocato penalista - Commette Violazione degli obblighi di assistenza familiare, Articolo 570 C. P., il padre che, sebbene studente, non provvede ai bisogni dei figli minorenni.

Avvocato penalista - Commette Violazione degli obblighi di assistenza familiare, Articolo 570 C. P., il padre che, sebbene studente, non provvede ai bisogni dei figli minorenni.
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Avvocato penalista - Commette Violazione degli obblighi di assistenza familiare, Articolo 570 C. P., il padre che, sebbene studente, non provvede ai bisogni dei figli minorenni.
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"" Condannato padre-studente per non aver provveduto ai bisogni dei propri figli.

La Cassazione ha confermato la condanna a 6 mesi per un padre/studente di 33 anni che non manteneva i propri figli, avuti dalla ex fidanzata, perché “invece che cercare lavoro ha preferito rimanere con i genitori” continuando gli studi.

La Corte non giustifica quei giovani padri (sposati e non) che si fanno schermo della loro condizione di studente per dimostrare la propria incapacità economica a mantenere i figli e, pertanto, ha confermato la condanna inflitta nel novembre 2010 dalla Corte d’appello di Milano al giovane padre-studente  per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori.

L’uomo, soltanto dopo che sulla questione si era pronunciato il Tribunale dei minorenni, aveva iniziato a corrispondere alla ex 150 euro per il mantenimento dei figli e aveva contestato la citata sentenza d’appello perché, secondo lui, i giudici territoriali non avevano tenuto “in alcun conto la sua oggettiva impossibilità di provvedere al mantenimento dei figli per mancanza di ogni reddito, essendo all’epoca studente”.

La risposta della Suprema Corte non si è fatta attendere e con la sentenza n. 34481/12 ha precisato che “la semplice situazione di difficoltà economica non è sufficiente a far venir meno l’obbligo di assistenza e contribuzione nei confronti dei figli”.

I giudici di Piazza Cavour non hanno proprio tollerato il comportamento del ricorrente anche perché “l’imputato non ha neppure tentato di ottenere una occupazione lavorativa per far fronte ai suoi obblighi, avendo invece preferito rimanere a casa dei genitori, lasciando alla madre dei suoi figli il carico di provvedere sia alla loro cura sia al loro mantenimento”.

Per questo motivo i giudici hanno ritenuto di non dover concedere all’imputato la sospensione condizionale della pena, subordinando il beneficio al pagamento di quasi 19mila euro come risarcimento danni per le sue mancanze affettive ed economiche dopo la nascita dei tre figli.

Inoltre, hanno intimato allo studente-padre di smetterla di lamentarsi per la condanna, data la “gravità della condotta omissiva protrattasi per tre anni” e considerato il “trattamento benevolo del giudice di primo grado”, il tribunale di Pavia, che gli aveva concesso le attenuanti generiche. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/condannato-padre-studente-per-non-aver-provveduto-ai-bisogni-dei-propri-figli/
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Avvocato penalista - Commette Violazione degli obblighi di assistenza familiare, Articolo 570 C. P., il padre che, sebbene studente, non provvede ai bisogni dei figli minorenni.
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sabato 22 agosto 2015

Avvocato penalista - Portarsi un po' di hashish in vacanza non è reato, secondo la Cassazione.

Avvocato penalista - Portarsi un po' di hashish in vacanza non è reato, secondo la Cassazione.
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Avvocato penalista - Portarsi un po' di hashish in vacanza non è reato, secondo la Cassazione.
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"" Nessun reato portarsi un po’ di hashish in vacanza.

Per la Cassazione non c’é nulla di male portarsi dietro un po’ di scorta di hashish per le vacanze.

Con la sentenza 34758/12 la quarta sezione penale ha accolto il ricorso di un ragazzo, condannato nei precedenti gradi di giudizio, perché i giudici territoriali avevano ritenuto “dimostrata la detenzione illecita dal dato quantitativo della droga, in grado di consentire il confezionamento di circa 161 dosi medie: quantitativo incompatibile con l’uso personale in ragione del fatto che l’uomo era un assuntore occasionale”.

La difesa sosteneva che nella fase di merito la corte  “si fosse limitata a valorizzare negativamente il solo dato quantitativo, senza però considerare il contesto complessivo della vicenda e le circostanze dell’accertamento.

Per la Cassazione “il mero superamento dei limiti quantitativi” stabiliti dalla legge “quando si tratti di un quantitativo particolarmente importante e nel caso di specie non si è in presenza di un quantitativo così definibile, trattandosi del resto di hashish, non può fondare la presunzione assoluta della destinazione illecita”.

“Pur in presenza di date “quantità”, superiori ai limiti quantitativi massimi fissati dalla legge, l’ipotesi della destinazione ad un uso non esclusivamente personale può essere smentita, ad esempio, sulla base di altre circostanze”; tra queste rientrano “l’eventuale stato di tossicodipendenza o anche solo l’uso abituale di droga, e ciò soprattutto se il superamento della soglia è modesto”.

La Corte precisa che in tali situazioni ci sono alcuni aspetti che i giudici devono considerare; infatti l’uso personale deve essere dimostrato “in modo realmente concludente” tramite “le ragioni per le quali la persona si sia indotta a detenere, per uso personale, stupefacente che eccede i bisogni di un breve arco temporale”.

Nel caso in esame, prosegue la corte, “a fronte di un quantitativo affatto esorbitante, i giudici di merito non hanno in alcun modo valutato il contesto oggettivo e soggettivo della vicenda, arrivando alla condanna solo attraverso una considerazione presuntiva assoluta di un dato quantitativo inidoneo a giustificare al di là di ogni ragionevole dubbio il giudizio sulla destinazione illecita”.

In conclusione, la Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna “perchè il fatto non sussiste”. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/nessun-reato-portarsi-un-po-di-hashish-in-vacanza/
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Avvocato penalista - Portarsi un po' di hashish in vacanza non è reato, secondo la Cassazione.
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venerdì 21 agosto 2015

Avvocato penalista - Non è ingiuria e minaccia inveire contro un condomino, purché ciò sia la reazione immediata e irosa a un suo fatto ingiusto.

Avvocato penalista - Non è ingiuria e minaccia inveire contro un condomino, purché ciò sia la reazione immediata e irosa a un suo fatto ingiusto.
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Avvocato penalista - Non è ingiuria e minaccia inveire contro un condomino, purché ciò sia la reazione immediata e irosa a un suo fatto ingiusto.
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"" Se il vicino provoca lo si può mandare “a quel paese”.

Ancora una volta la Suprema Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in materia di ingiurie e molestie tra condomini.

La vicenda ha per protagonisti due vicini di casa dove uno manda l’altro “a quel paese” e così tra un insulto e l’altro, si aprono le porte del Tribunale e prende vita il processo che porterà le parti a scontrarsi fino a Piazza Cavour.

A causa del comportamento irritabile del vicino, che continuava a tenere acceso il motore dell’auto parcheggiata sotto la sua veranda, l’imputato, dopo averlo ripetutamente richiamato, in un momento di rabbia si fa scappare la succitata frase trasformando una normale lite tra vicini in una vera e propria “guerra” giudiziaria.

Per la Cassazione, l’eventuale ingiuria, detta in un momento di rabbia, è coperta dall’esimente della provocazione e, pertanto, ha accolto il ricorso presentato dall’imputato che era stato condannato nel merito per ingiuria e minaccia per avere inveito in maniera non troppo ortodossa con il vicino di casa.

La quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35239/12, ha inviato nuovamente il caso al tribunale di Agrigento affinchè verifichi la possibilità di applicare al caso oggetto d’esame l’esimente della provocazione, che era stata chiesta dall’imputato al quale però era invece stata riconosciuta l’attenuante.

I giudici di legittimità precisano che il giudice territoriale, “ha dimostrato di ritenere che effettivamente la reazione ingiuriosa” dell’imputato “fosse stata posta in essere a seguito dello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui” e, pertanto, “ha contraddittoriamente escluso l’operativita’ di qualsiasi esimente”, pur “avendone riconosciuto in fatto i presupposti per la sua applicabilita’, compreso quello dell’immediatezza della reazione che costituisce l’unico tratto distintivo della fattispecie esimente rispetto a quella attenuante”. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/se-il-vicino-provoca-lo-si-puo-mandare-a-quel-paese/
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Avvocato penalista - Non è ingiuria e minaccia inveire contro un condomino, purché ciò sia la reazione immediata e irosa a un suo fatto ingiusto.
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giovedì 20 agosto 2015

Avvocato penalista - Giustificato l’errore del medico che vanta un ottimo curriculum professionale.

Avvocato penalista - Giustificato l’errore del medico che vanta un ottimo curriculum professionale.
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Avvocato penalista - Giustificato l’errore del medico che vanta un ottimo curriculum professionale.
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"" Cassazione: giustificabile l’errore del medico che vanta un ottimo curriculum professionale.

Una sentenza molto particolare é stata emessa dalla Cassazione nei confronti di un medico sospettato di aver commesso sbagli talmente gravi da provocare il decesso di un paziente.

Una decisione in tal senso si pone peró in netto contrasto con altre recenti pronuncie della massica corte su questa delicatissima questione.

Non molto tempo fa la Cassazione, con la Sentenza n. 42588/11, occupandosi di un caso di responsabilità medica con esiti mortali, ha deciso che il medico che commette errori irreparabili può essere sospeso dalla professione sanitaria anche se non è stato ancora celebrato il processo penale a suo carico.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte (collegato, come si vedrà con la sentenza che si sta per esaminare) riguardava un ginecologo che, per la procura, “era incorso in gravissima negligenza e imperizia” nello svolgimento dell’operazione al punto da poter configurare anche l’ipotesi di “omicidio volontario sotto l’aspetto del dolo eventuale”.

In questo caso, la Cassazione, dando ragione alla procura, ha ritenuto applicabile la sospensione dell’esercizio della professione.

Secondo quanto é stato invece deciso successivamente dalla Corte con la sentenza n. 35472/12 il medico in questione (che ha commesso l’errore) é “scusabile” ma solo se ha un “buon curriculum e non ha precedenti episodi connotati da colpa”.

In questo modo i giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso presentato dal medico pescarese a cui era stato vietato l’esercizio della professione per due mesi a causa dei “gravi indizi di negligenza” che avrebbero “concorso alla causazione di lesioni e della morte di una paziente” che si era sottoposto ad un intervento di laparoscopia.

La Corte, nel decidere il caso, si é dimostrata decisamente contraria ai provvedimenti drastici che si possono prendere nei confronti di un medico sottoposto ad indagini e, pertanto, ha ritenuto necessaria una nuova analisi del caso concretamente verificatosi ma, questa volta, tenendo in considerazione anche il percorso formativo e professionale del clinico.

Il ricorso, giunto innanzi ai giudici di legittimità per la seconda volta, dopo che il Tribunale dell’Aquila aveva “ravvisato plurimi rilevanti profili di negligenza nonche’ un elevato grado di colpa” aveva deciso di accogliere la richiesta del P.M. riguardo alla predetta misura interditiva (la prima volta la Corte aveva accolto la ricusata della Procura) ma, anche grazie ad una perizia favorevole all’imputato e al fatto che, nel frattempo, un procedimento nei suoi confronti si era archiviato, la terza sezione penale, salva il ginecologo dalla sanzione disciplinare e lo fa motivando in sentenza che tale decisione é arrivata poiché si é tenuto conto dell’ottimo background professionale del medico.

La corte, ponendo le considerazioni appena fatta come base logica per decidere, ha  annullato l’ordinanza impugnata precisando che “il Tribunale é incorso in vizio di motivazione nella parte in cui non é stata compiuta una valutazione del percorso e del pregresso professionale del ricorrente che non puo’ ricevere notazioni negative in relazione ad accertamenti ancora in corso o da procedimenti archiviati in relazione a fatti diversi”. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/cassazione-giustificabile-lerrore-del-medico-che-vanta-un-ottimo-curriculum-professionale/
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Avvocato penalista - Giustificato l’errore del medico che vanta un ottimo curriculum professionale.
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mercoledì 19 agosto 2015

Avvocato penalista - Commette Molestia o disturbo alle persone, Articolo 660 Codice Penale, chi fa l'occhiolino a donne estranee.

Avvocato penalista - Commette Molestia o disturbo alle persone, Articolo 660 Codice Penale, chi fa l'occhiolino a donne estranee.
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Avvocato penalista - Commette Molestia o disturbo alle persone, Articolo 660 Codice Penale, chi fa l'occhiolino a donne estranee.
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"" Condannato per molestie un cinquantenne col vizio dell’occhiolino.

La cassazione ha esaminato il caso di un “molestatore” molto particolare.

L’imputato non disturbava le “vittime” con telefonate, sms e pedinamenti, ma si limitava ad importunare alcune donne (sempre le stesse) facendo loro continuamente l'occhiolino.

Un gesto innocuo visto che non si azzardava mai a spingersi oltre l’ammiccamento ma alle donne, costrette per anni a veder strizzare l’occhio del cinquantenne catanzarese non è proprio andata giù e, per l’uomo si sono aperte le porte del Tribunale.

L’imputato, di fatto non commetteva nessun atto di violenza, lui era solito seguire alcune ragazze per la strada e magari accompagnarle fin dentro al supermercato dove iniziava la sua performance da latin lover.

Gli ammiccamenti di solito si verificavano in zona cassa mentre si appoggiava alla spalla della “vittima” di turno, altre volte invece il novello Casanova si limitava a strizzare l’occhio alle donne semplicemente per strada innescando con la “prescelta” un gioco di sguardi che si incrociavano senza tregua.

Il Tribunale di Catanzaro ha condannato l’uomo pagamento di una multa simbolica di 200 euro ma il molestatore, per nulla rassegnato e convinto della sua innocenza, ha portato la causa innanzi ai giudici di Piazza Cavour dove ha cercato di alleggerire la propria posizione sostenendo che le sue attenzioni in fin dei conti non sarebbero state così offensive e che il suo comportamento sarebbe dovuto a un lavoro troppo impegnativo e stressante.

La prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 33407/12, ha respinto il ricorso dell’imputato confermando il verdetto di condanna. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/condannato-per-molestie-un-cinquantenne-col-vizio-dellocchiolino/
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Avvocato penalista - Commette Molestia o disturbo alle persone, Articolo 660 Codice Penale, chi fa l'occhiolino a donne estranee.
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martedì 18 agosto 2015

Avvocato penalista - Risponde di Lesioni personali colpose, Articolo 590 del Codice Penale, l'amministratore che non rimuove o non segnala le insidie condominiali pericolose e, per ciò, qualcuno si fa male.

Avvocato penalista - Risponde di Lesioni personali colpose, Articolo 590 del Codice Penale, l'amministratore che non rimuove o non segnala le insidie condominiali pericolose e, per ciò, qualcuno si fa male.
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Avvocato penalista - Risponde di Lesioni personali colpose, Articolo 590 del Codice Penale, l'amministratore che non rimuove o non segnala le insidie condominiali pericolose e, per ciò, qualcuno si fa male.
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"" Responsabilità penale dell'Amministratore per le insidie e i trabocchetti del condominio.

Eliminare dall'area condominiale un’insidia o un trabocchetto deve considerarsi un intervento “sia conservativo del diritto sia manutentivo di ordine urgente anche a tutela della incolumità dei passanti e quindi determinante dell’obbligo di agire ex art. 40 comma 2 codice penale”.

In questo modo la Cassazione, con la sentenza 6 settembre 2012 numero 34147, introduce il principio di diritto che prevede la possibilità per l’amministratore del condominio di incorrere in una condanna penale qualora omettesse di realizzare quegli  interventi di manutenzione necessari sullo stabile condominiale e, sfortunatamente, qualcuno si facesse male (art. 590 commi 1 e 2 del codice penale).

Il caso che ha permesso agli ermellini di affrontare tali argomentazioni riguardava la caduta di una donna e la conseguente frattura omerale (guaribile in 40 giorni) procuratasi inciampando mentre si accingeva ad entrare in farmacia.

Proprio di fronte alla farmacia (situata al piano terra di uno stabile condominiale) vi era un avvallamento che si era creato tra il pavimento e un tombino destinato alla raccolta di acque reflue che l’amministratore di condominio aveva omesso di ripristinare.

La vicenda appena esposta originava un procedimento che nella fase di merito si concludeva con una condanna penale e un risarcimento in favore della parte civile.

Secondo l’analisi effettuata al caso di specie da parte della Suprema Corte di Cassazione il giudice territoriale ha ricostruito l'accaduto con un adeguato apprezzamento delle risultanze processuali, facendo emergere come dato certo che i dislivelli che si erano creati non erano mai stati oggetto di interventi diretti ad eliminare il pericolo per chi vi transitava.

Per la Corte la colpa per aver omesso di sistemare il passaggio pedonale o quantomeno di ridurne la pericolosità “con idonee delimitazioni” ricade esclusivamente in capo all'amministratore.

Infatti, nella parte motiva della sentenza, si legge che l'amministratore riveste “una specifica posizione di garanzia, e su esso grava l’obbligo, ex art. 40, c.p.v., del codice penale di attivarsi al fine di rimuovere, nel caso di specie, la situazione di pericolo per l'incolumità del terzi”.

La Corte inoltre osserva che l'obbligo di eliminare le situazioni di pericolo, non è subordinato alla preventiva delibera dell'assemblea e, più nello specifico precisa che il disposto di cui all'art. 1130, n. 4, del codice civile “viene invero interpretato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che sull'amministratore grava il dovere di attivarsi a tutela dei diritti inerenti le parti comuni dell'edificio, a prescindere da specifica autorizzazione dei condomini ed a prescindere che si versi nel caso di atti cautelativi ed urgenti (cfr. Sez. 4 n. 3959 del 2009; Sez. 4 n. 6757 del 1983).

Dalla lettera dell’art. 1135, ultimo comma, del codice civile si evince, peraltro, a contrario che l'amministratore ha facoltà di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria, in caso rivestano carattere di urgenza, dovendo in seguito informare l’assemblea”.

In conclusione, la Quarta Sezione Penale ha confermato la condanna per lesioni colpose inflitta dai giudici di merito all'amministratore di condominio, poiché aveva omesso, per imprudenza, imperizia e negligenza, di eseguire i lavori di ripristino dell'avvallamento esistente nei pressi di un tombino posto sul marciapiede condominiale, causando così la suddetta caduta. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/responsabilita-penale-dellamministratore-per-le-insidie-e-i-trabocchetti-del-condominio/
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Avvocato penalista - Risponde di Lesioni personali colpose, Articolo 590 del Codice Penale, l'amministratore che non rimuove o non segnala le insidie condominiali pericolose e, per ciò, qualcuno si fa male.
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lunedì 17 agosto 2015

Avvocato penalista - Integra il reato di Manifestazioni fasciste, Art. 5 della Legge n°. 645 del 1952, cosiddetta legge Scelba, fare il saluto fascista in pubblico.

Avvocato penalista - Integra il reato di Manifestazioni fasciste, Art. 5 della Legge n°. 645 del 1952, cosiddetta legge Scelba, fare il saluto fascista in pubblico.
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"" La cassazione condanna un fiorentino per aver fatto il saluto fascista.

Gesti e parole di troppo possono costar caro.

Ne sa qualcosa un cinquantaduenne fiorentino che mentre si trovava insieme ad altra gente ad una “pubblica riunione”, scioccamente al posto di salutare tutti con una semplicissima stretta di mano ha preferito farlo con il saluto romano accompagnando il gesto con una serie di “slogan inneggianti al razzismo e al regime fascista”.

Per la Cassazione chi inneggia al fascismo facendo il saluto romano deve essere punito e, pertanto, nel caso di specie la decisione della Corte non poteva che essere una condanna.

Non é stato facile però giungere a tale decisione perché, nel corso del processo, alcuni elementi del reato non erano poi del tutto evidenti e schiaccianti da incriminare l’uomo.

Questa difficoltà iniziale però è stata superata già nella fase di merito da ulteriori prove per mezzo delle quali è stato possibile inchiodare l’imputato.

Nel decidere il caso, i giudici di legittimità hanno affermato un importante principio di diritto riguardante il valore della prova testimoniale in relazione al riconoscimento dell’imputato.

Gli ermellini hanno sostanzialmente confermato la sentenza di condanna emessa dalla Corte territoriale dichiarando inammissibile il ricorso presentato dall'uomo il quale fondava la propria estraneità ai fatti di causa sulla base del fatto che non vi era certezza che il soggetto ritratto nelle foto reperite, da cui era scaturita l’indagine, fosse proprio lui poiché nelle stesse vi era raffigurato un uomo con il “capo coperto da un cappello, una sciarpa sul volto e un giubbotto imbottito”.

La condanna è arrivata anche grazie al riconoscimento dell’imputato da parte di un poliziotto che nel processo era stato sentito dal giudice in qualità di testimone e dove aveva dichiarato di conoscere l’imputato fin “dal 1990.

Con la sentenza n. 355449 depositata il,17 settembre 2012, la sesta sezione penale ha rilevato che “il giudice d’appello ha fondato il proprio convincimento sulla circostanza che gli imputati erano soggetti già noti alle forze di Polizia (in particolare alla Digos e alle Questure della Toscana) per la loro partecipazione ad altre manifestazioni del genere” e che il ricorrente “era pluripregiudicato e, perciò, anche sotto questo profilo, era noto alle forze di Polizia”.

Per la Corte, i giudici del merito, “hanno poi posto in rilievo come l’imputato avesse la parte inferiore del volto (dal naso in giù) coperta da una sciarpa, che non ne impediva il riconoscimento da parte di chi già lo conoscesse”. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/la-cassazione-condanna-un-fiorentino-per-aver-fatto-il-saluto-fascista/
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domenica 16 agosto 2015

Avvocato penalista - Il lutto familiare giustifica l’assenza del difensore all'udienza, poiché è una situazione grave sotto il profilo umano e morale.

Avvocato penalista - Il lutto familiare giustifica l’assenza del difensore all'udienza, poiché è una situazione grave sotto il profilo umano e morale.
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Avvocato penalista - Il lutto familiare giustifica l’assenza del difensore all'udienza, poiché è una situazione grave sotto il profilo umano e morale.
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" Il lutto familiare giustifica l’assenza del difensore all'udienza.

La Cassazione é intervenuta su un caso proveniente dalla Corte d’Appello di Perugia che aveva emesso una sentenza di condanna nei confronti di due soggetti per il reato di sottrazione di cose sottoposte a pignoramento.

Il caso sottoposto al giudizio della suprema corte risulta interessante non tanto per la decisione presa dai giudici della sesta sezione penale riguardo al fatto di causa, ma soprattutto per un altro motivo non correlato al merito della pronuncia, un motivo assorbente, riguardante l’impedimento dell'avvocato a presenziare l’udienza.

Nello specifico, la corte territoriale aveva rigettato l’istanza di rinvio formulata, il giorno precedente all'udienza, dal difensore di entrambi gli imputati, perché impedito da un grave lutto famigliare e lo stesso giorno dell'udienza sarebbe stato celebrato il funerale della propria sorella.

Per i giudici della Cassazione l'assoluta impossibilità dell'avvocato a comparire all'udienza non deve essere interpretata come un impedimento obiettivamente “materiale” a parteciparvi, ma vanno considerare le “situazioni che possano sotto il profilo emotivo e umano essere ritenute anch'esse di ostacolo alla partecipazione attiva all'incarico affidatogli”.

Sul punto, le osservazioni della Corte evidenziano un aspetto importante e analogicamente compatibile con la disciplina che nella medesima situazione si applica nell'ambito del lavoro dipendente, dove la morte di un familiare rappresenta una causa idonea a giustificare l'assenza dal lavoro.

Anche al difensore, che presta un'opera intellettuale riconosciuta e garantita a livello costituzionale, deve essere riservato analogo trattamento, quando si verificano situazioni che impongono rispetto dal punto di vista umano e morale.

Pertanto, il principio che emerge dalla sentenza n. 32949 del 22 agosto del 2012 è che le situazioni gravi sotto il profilo umano e morale giustificano l'assoluta impossibilità dell'avvocato a comparire in udienza, anche quando la sua presenza sia prevista dalla legge.

Chiaramente il principio espresso dalla corte non è riservato per gli avvocati, ma si estende ad ogni altro prestatore d'opera. "

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/il-lutto-familiare-giustifica-lassenza-del-difensore-alludienza/
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Avvocato penalista - Il lutto familiare giustifica l’assenza del difensore all'udienza, poiché è una situazione grave sotto il profilo umano e morale.
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sabato 15 agosto 2015

Avvocato penalista - La custodia in carcere si presume adeguata, sia quando occorre adottarla, sia successivamente, se permangono le esigenze cautelari.

Avvocato penalista - La custodia in carcere si presume adeguata, sia quando occorre adottarla, sia successivamente, se permangono le esigenze cautelari.
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Avvocato penalista - La custodia in carcere si presume adeguata, sia quando occorre adottarla, sia successivamente, se permangono le esigenze cautelari.
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"" Sezioni Unite : presunzione di adeguatezza della custodia in carcere.

La Cassazione ha emesso una sentenza molto importante in tema di misure cautelari.

In poche parole, ha stabilito che la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere in base a quanto stabilito dall'articolo 275, comma 3 c.p.p. opera sia in occasione dell’adozione del provvedimento della misura coercitiva sia nelle fasi successive che attengono alla permanenza delle esigenze cautelari.

Il principio dettato con la sentenza n. 34473/2012 depositata il 20 settembre 2012 dalle sezioni unite penali, permette quindi di eliminare ogni dubbio interpretativo sull'argomento in quanto si delinea la tesi giurisprudenziale da seguire mettendo fine, una volta per tutte, alla confusione generata nel tempo dalle pronuncia contrastanti.

In ogni caso, la Suprema Corte di Cassazione ha rimesso al vaglio della Corte costituzionale l’articolo 275, comma 3 nella parte in cui, nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per delitti commessi per agevolare l’attività mafiosa, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, non fa salva l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, da cui risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/sezioni-unite-presunzione-di-adeguatezza-della-custodia-in-carcere/
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Avvocato penalista - La custodia in carcere si presume adeguata, sia quando occorre adottarla, sia successivamente, se permangono le esigenze cautelari.
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venerdì 14 agosto 2015

Avvocato penalista - Gli omosessuali stranieri hanno il diritto di vivere liberamente la propria vita sessuale e affettiva; così ha stabilito la Cassazione.

Avvocato penalista - Gli omosessuali stranieri hanno il diritto di vivere liberamente la propria vita sessuale e affettiva; così ha stabilito la Cassazione.
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Avvocato penalista - Gli omosessuali stranieri hanno il diritto di vivere liberamente la propria vita sessuale e affettiva; così ha stabilito la Cassazione.
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" Cassazione: gli omosessuali stranieri hanno il diritto di “vivere liberamente la propria vita sessuale ed affettiva”.

Secondo la Suprema Corte di Cassazione l’esistenza di norme penali sanzionatorie degli omosessuali costituisce “di per sé una condizione generale di privazione dei diritti fondamentali di vivere liberamente la propria vita sessuale ed affettiva”

I giudici hanno affermato un importante principio in materia di protezione internazionale ossia che le suddette norme costituiscono “di per sé una condizione generale di privazione del diritto fondamentale di vivere liberamente la propria vita sessuale ed affettiva”.

Nel caso specifico la Corte si riferiva all’art. 319 del codice penale del Senegal e, continua la Corte, tale privazione rappresenta una “violazione di un diritto fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione, dalla C.E.D.U. e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” che “si riflette, automaticamente, sulla condizione individuale delle persone omosessuali ponendole in una situazione di oggettiva persecuzione tale da giustificare la concessione della protezione richiesta.”

Questo è ciò che emerge dalla sentenza n. 15981/2012 depositata il 20 settembre 2012 che in poche parole si scontra con altra precedente, la n. 16417/2007, in cui la Corte, riguardo ad un procedimento di espulsione ex art. 19 D. Lgs. 286/1998 aveva affermato che le norme penali che sanzionano l’omosessualità possono essere astrattamente persecutorie, ma che per integrare gli estremi del fatto persecutorio è necessario verificare se “la sanzione penale sia prevista con riferimento alla qualità dell’agente, e non necessariamente anche in relazione alla pratiche che dalla stessa eventualmente conseguano”.

La sentenza oggetto d’esame invece supera una volta per tutte questa distinzione tra precetti penali, riconoscendo pianamente che l’esistenza di sanzioni penali rappresenta una forma di persecuzione.

Sentenza importante perché questa una nuova interpretazione dell’argomento trattato dalla Corte interesserà molto i futuri giudizi di opposizione all'espulsione.

Infine, aver richiamato i diritti fondamentali del viver liberamente la propria sessualità e il riferimento alla C.E.D.U. e alla Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea, confermano l’atteggiamento finalmente ‘laico’ della Cassazione rispetto ai diritti lgbt, inaugurato da Cass. 4184/2012 e che speriamo porti molti buoni frutti. "

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/cassazione-gli-omosessuali-hanno-il-diritto-di-vivere-liberamente-la-propria-vita-sessuale-ed-affettiva/
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Avvocato penalista - Gli omosessuali stranieri hanno il diritto di vivere liberamente la propria vita sessuale e affettiva; così ha stabilito la Cassazione.
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giovedì 13 agosto 2015

Avvocato penalista - Integra il delitto di Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, Articolo 600 del Codice Penale, sfruttare i bambini costringendoli all'accattonaggio.

Avvocato penalista - Integra il delitto di Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, Articolo 600 del Codice Penale, sfruttare i bambini costringendoli all'accattonaggio.
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Avvocato penalista - Integra il delitto di Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, Articolo 600 del Codice Penale, sfruttare i bambini costringendoli all'accattonaggio.
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"" Accattonaggio rom: riduzione in schiavitù oppure stile di vita? La risposta della Cassazione.

Riduzione in schiavitù oppure stile di vita?

Questa è stata la domanda che si sono posti gli ermellini trattando il caso di un rom che sfruttava i bambini costringendoli a chiedere l’elemosina.

L’imputato giustificava questo comportamento inquadrandolo dentro la tradizione culturale zingara, in poche parole, secondo il suo modo di vedere le cose, non si tratterebbe di accattonaggio ma di un vero e proprio stile di vita.

La Cassazione però non è stata dello stesso parere e, con la sentenza n. 37638/12, ha respinto le richieste formulate dal ricorrente che cercavano di giustificare le violenze da questo compiute nei confronti di una bambina di 10 anni per costringerla ad elemosinare qualche euro.

Per la difesa, era da escludere che l'atteggiamento contestato all'imputato rumeno potesse essere configurare il reato di riduzione in schiavitù poiché, per le millenarie tradizioni culturali dei popoli di etnia rom, l’accattonaggio è il valore di un vero e proprio sistema di vita e, pertanto, per i fatti incriminati, al massimo poteva configurarsi in capo al ricorrente, il reato di cui all'art. 572 c.p. (ovvero maltrattamenti in famiglia).

In pratica, la difesa voleva “declassare” i fatti di causa verso un reato “minore” ma la Suprema Corte di Cassazione lo ha escluso confermando la condanna per riduzione in schiavitù, in considerazione anche del contesto in cui la bambina era costretta a vivere e delle imposizioni che subiva.

Dai fatti di causa emerge che l’accattonaggio era per la bambina un vero e proprio “lavoro” a tempo pieno.

La ragazzina veniva costretta con percosse e minacce ad elemosinare per tutta la giornata e poi, la sera, doveva consegnare alla madre e al suo compagno l’incasso.

Per la Corte le circostanze descritte rappresentano senza dubbio che l’imputato si approfittava della condizione di inferiorità fisica e psichica della piccola e ciò è sufficiente per far scattare il reato di riduzione in schiavitù.

Inoltre, la Corte ricorda che lo sfruttamento non è mai stato legalizzato da nessuno stato e la consuetudine delle popolazioni zingare di utilizzare bambini nell'accattonaggio potrebbe essere considerata come una scriminante soltanto se ci fosse una legge a richiamarla in tal senso. ""

Fonte sentenze-cassazione.com, qui:

http://www.sentenze-cassazione.com/accattonaggio-rom-riduzione-in-schiavitu-oppure-stile-di-vita-la-risposta-della-cassazione/
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Avvocato penalista - Integra il delitto di Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, Articolo 600 del Codice Penale, sfruttare i bambini costringendoli all'accattonaggio.
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