http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: dicembre 2015

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giovedì 31 dicembre 2015

Avvocato penalista - Il reato di Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, Art. 659 cod. pen., si può commettere anche in condominio.

Avvocato penalista - Il reato di Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, Art. 659 cod. pen., si può commettere anche in condominio.
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Avvocato penalista - Il reato di Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, Art. 659 cod. pen., si può commettere anche in condominio.
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" Rumori in condominio e disturbo alla quiete pubblica.

Per far scattare il reato, oltre al risarcimento del danno, è necessario che il rumore abbia superato la normale tollerabilità e abbia disturbato non un solo condomino.

Contro il rumore in condominio che eccede i limiti di “normale tollerabilità” (stabiliti, di norma, mediante perizia del consulente tecnico del giudice) è sempre consentita l’azione civile per il risarcimento del danno e la cessazione delle turbative (magari attraverso sistemi di insonorizzazione); perché, però, possa anche invocarsi il reato di disturbo alla quiete pubblica [1] non è sufficiente il superamento della soglia della tollerabilità, ma è necessario che il frastuono abbia l’attitudine a propagarsi in modo tale da disturbare una pluralità indeterminata di persone e non un singolo condomino.

È quanto chiarito e ribadito dalla Cassazione con una recente sentenza [2].

Così, tanto per esemplificare, se il rumore molesta esclusivamente i vicini, perché solo da questi è percepibile, allora non c’è alcun reato.

Viceversa se le onde sonore si propagano anche oltre gli appartamenti confinanti, sino a raggiungere un gruppo indeterminato di persone (per esempio, tutto il quartiere, tutto il vicinato, ecc.), allora si può sporgere querela.

Ad ogni modo, per far scattare il reato non è necessario che a lamentarsi siano tutte le persone molestate – presentando la querela o una “raccolta firme” – ma ben potrebbe essere che a sporgere la denuncia sia una sola: quel che conta, infatti, è la potenzialità del rumore a disturbare una pluralità indeterminata di soggetti.

Inoltre, chi querela non deve temere una controquerela per calunnia se non ha la certezza dell’estensione dei rumori: infatti, solo la consapevolezza di incolpare qualcuno di un fatto non vero è fonte di autonoma responsabilità penale.

L’esempio dei mobili e dei tappeti.

Il caso esaminato dalla Cassazione ci dà la possibilità di fare un esempio.

Si pensi all’ipotesi di un condomino particolarmente maleducato che, con continui schiamazzi ed altri rumori (sbattendo sedie, trascinando mobili, battendo tappeti sulla ringhiera dei balconi, ecc.) disturbi il riposo e le occupazioni delle persone.

Ebbene, anche qualora tale circostanza dovesse risultare vera, se dovesse emergere, nel corso del processo, che il disturbo del riposo è stato unidirezionale, nel senso che a doverlo subire è stato solo il vicino del piano di sotto o anche, insieme a questi, altri proprietari confinanti con l’appartamento del condomino in questione (quello del piano di sopra, i dirimpettai, ecc.) non si avrebbe alcun reato.

Se, invece, il rumore viene percepito anche per la strada e negli appartamenti dei palazzi limitrofi (si pensi a uno stereo particolarmente alto, al rumore degli amplificatori di una band che suona in un garage), allora il reato è conclamato.

Secondo la Cassazione il reato in questione non si configura se il disturbo del riposo o delle occupazioni si riversa soltanto su una persona, a nulla rilevando l’elevata frequenza e/o l’intollerabilità dei rumori o degli schiamazzi prodotti.

Il soggetto passivo del reato in esame deve necessariamente essere individuato in una pluralità di soggetti.

Né potrebbe essere altrimenti atteso che il bene giuridico protetto dalla norma è la quiete pubblica e non la tranquillità di un singolo soggetto.

[1] Art. 659 cod. pen.

[2] Cass. sent. n. 49983/15 del 18.12.2015. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/107011_rumori-in-condominio-e-disturbo-alla-quiete-pubblica
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Avvocato penalista - Il reato di Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, Art. 659 cod. pen., si può commettere anche in condominio.
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mercoledì 30 dicembre 2015

Avvocato penalista - La querela: cos'è, come si propone o si sporge e come si ritira.

Avvocato penalista - La querela: cos'è, come si propone o si sporge e come si ritira.
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Avvocato penalista - La querela: cos'è, come si propone o si sporge e come si ritira.
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" Come ritirare la querela.

Il querelante può ritirare la querela fino a che non sia intervenuta sentenza definitiva di condanna.

Nel nostro ordinamento [1] è previsto che chi ha proposto querela (querelante) nei confronti di un altro soggetto (querelato) abbia la possibilità di ripensarci: si parla in tal caso di “remissione” o ritiro di querela.

In pratica la persona offesa dal reato manifesta la volontà di non procedere con l’azione penale contro il querelato e quindi rinuncia a chiederne la punizione.

Il ritiro della querela è sempre possibile, tranne nel caso in cui la querela sia stata proposta per il reato di violenza sessuale o atti sessuali con minorenni. Infatti in questi casi il legislatore ha previsto l’irrevocabilità della querela allo scopo di evitare ripensamenti della vittima a seguito di pressioni o timore di ritorsioni.

La remissione può essere presentata personalmente dal querelante o dal difensore munito di procura ad hoc.

Il ritiro della querela può avvenire durante lo svolgimento del processo o al di fuori dello stesso.

Nel primo caso è necessaria la dichiarazione espressa presentata personalmente dal querelante o dall’avvocato munito di procura speciale davanti al giudice.

Al di fuori del processo, la volontà di ritirare la querela può manifestarsi in forma espressa o tacita.

È espressa la dichiarazione presentata ad un ufficiale di Polizia Giudiziaria che provvederà a comunicarla all’autorità giudiziaria; la remissione tacita, invece, va desunta da comportamenti inequivocabili posti in essere dal querelante, che si pongono in netto contrasto con la volontà di punire il responsabile e quindi di insistere nella querela.

Ma quali comportamenti possono essere ricondotti alla remissione tacita?

In tal senso la giurisprudenza ha chiarito che non può considerarsi remissione tacita la mancata partecipazione del querelante a più udienze anche quando vi sia stato un avvertimento del giudice che tale comportamento poteva essere ricondotto allo schema della remissione di querela [2].

In questo caso la Corte di Cassazione ha statuito che la remissione tacita non può mai aversi durante il processo, ma solo al di fuori di esso, anche perché la legge stabilisce puntualmente quali sono i casi in cui la mancata presentazione del querelante costituisce remissione di querela [3].

Nel caso di morte del querelante, la querela precedentemente proposta può essere ritirata dagli eredi della persona offesa, se sono tutti d’accordo.

Il ritiro della querela ha effetto solo se viene accettata dal querelato.

L’accettazione può essere data in maniera espressa o tacita. Tuttavia può accadere che il querelato non intenda accettare perché, ad esempio, ha interesse ad ottenere una sentenza di assoluzione che accerti la propria innocenza.

Inoltre non va sottovalutato l’aspetto economico della questione, in quanto la legge [4] prevede che in caso di remissione di querela, le spese processuali siano a carico del querelato.

In realtà la giurisprudenza ha ribadito che l’accettazione da parte del querelato non deve essere espressa essendo sufficiente che da parte sua non vi sia un rifiuto espresso o tacito della remissione stessa [5].

Dunque la remissione produce effetto a meno che l’interessato non l’abbia espressamente o tacitamente ricusata.

Se il querelato ricusa la remissione il reato non si estingue ed il processo proseguirà.

Qual è il termine per ritirare la querela?

Il querelante può avvalersi del potere di remissione fino a che non sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna, fatta eccezione per alcuni casi previsti dalla legge.

Inoltre la manifestazione di volontà del querelante di rimettere la querela deve essere definitiva, per questo non può essere sottoposta né a condizione né a termine, anche se ciò non vuol dire che non vi possa essere accordo tra chi ritira la querela e querelato, ad esempio, in ordine alla ripartizione delle spese processuali.

Infine quando la querela è stata proposta da più soggetti per uno stesso reato, essa deve essere ritirata da tutti, altrimenti il reato non si estingue ed il processo proseguirà: ad esempio, se Tizio compie un furto lieve per bisogno [6], impossessandosi di cose sia di Caio che di Sempronio, se questi propongono entrambi querela, l’estinzione del reato si avrà solo se la rimetteranno entrambi.

D’altro canto la remissione fatta a favore di uno solo dei soggetti che hanno compiuto il reato produce i suoi effetti anche nei confronti degli altri, a meno che questi non la rifiutino.

Su tale argomento nel reato di diffamazione a mezzo stampa la Cassazione ha ritenuto che il ritiro della querela nei confronti di uno degli imputati avesse effetto anche nei confronti dell’altro [7].

Il caso: l’intervistato aveva rilasciato dichiarazioni che offendevano un ordine religioso e di conseguenza l’intervistato e il giornalista erano stati querelati per diffamazione a mezzo stampa.

Successivamente la querela veniva ritirata solo nei confronti del giornalista; veniva adita la Corte di Cassazione, la quale analizzando le questioni oggetto del ricorso, prendeva in esame l’estensività della remissione di querela: ebbene la Corte ravvisava l’identità del reato commesso in ragione della necessaria cooperazione tra i due soggetti, per questo riteneva che la remissione avanzata nei confronti del giornalista dovesse estendersi all’intervistato.

[1] Art. 152 cod. pen.

[2] Cass. Pen Sez V sent. Del 30-3-2015; Cass. S.U. n. 46088/2008.

[3] D.Lgs. n. 278 del 2000 art. 28, co. 3.

[4] Art. 340, co. 4 cod. proc. pen.

[5] Cass. S.U. sent. n. 27610/2011.

[6] Art. 626, co. 1, cod. pen.

[7] Cass. Sez V sent. n. 42918/2014. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/106772_come-ritirare-la-querela
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Avvocato penalista - La querela: cos'è, come si propone o si sporge e come si ritira.
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martedì 29 dicembre 2015

Avvocato penalista - Gli Atti sessuali con una minorenne, sebbene consenziente, non attenuano il delitto, se i rapporti sessuali sono reiterati e la stessa, all'esito, rimane incinta.

Avvocato penalista - Gli Atti sessuali con una minorenne, sebbene consenziente, non attenuano il delitto, se i rapporti sessuali sono reiterati e la stessa, all'esito, rimane incinta.
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Avvocato penalista - Gli Atti sessuali con una minorenne, sebbene consenziente, non attenuano il delitto, se i rapporti sessuali sono reiterati e la stessa, all'esito, rimane incinta.
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" Atti sessuali con minorenne, no attenuante se lei rimane incinta.
 
Fare sesso con una ragazza minore di 14 anni di età, anche se consenziente, esclude qualsiasi sconto di pena se c’è una gravidanza.
 
Fare sesso con una minore di 14 anni di età anche se consenziente costituisce sempre reato, anche se, proprio per via della volontà della vittima, è prevista un’attenuante: la pena, infatti, viene diminuita di ben due terzi [1].
 
Tale attenuante (cosiddetta “della minore gravità”) scatta tutte le volte in cui risulti che l’atto sessuale, con riferimento ai mezzi, alle modalità, alle circostanze dell’azione, non abbia compromesso o coartato (o comunque lo abbia fatto in modo assai blando) la libertà personale o sessuale della vittima.
 
Come dire che bisogna investigare il grado di partecipazione di questa all’atto, la sua volontà e la
consapevolezza, anche in base al grado di maturazione raggiunto.
 
Tuttavia, con una sentenza pubblicata ieri [2], la Suprema Corte ha chiarito che tale sconto di pena non si applica più se la minorenne rimane incinta: la gravidanza, insomma, esclude l’attenuante della “minore gravità”.
 
E ciò per via dell’innegabile danno al normale sviluppo psico-fisico che provoca alla vittima lo scoprire di aspettare un figlio.
 
È necessario, infatti, ricordare che, nel determinare la pena, il giudice penale deve tener conto della gravità del reato, in base anche all’entità del danno cagionato alla persona offesa [3].
 
In caso di atti sessuali con minore di 14 anni – si legge in sentenza – il consenso della vittima (nel nostro caso la ragazza), sebbene in astratto non del tutto trascurabile ove congiunto alla obiettiva minima intrusività delle condotte poste in essere, assume una rilevanza assolutamente marginale ai fini del riconoscimento dell’attenuante.
 
Ciò che rileva è la necessità di valutare il fatto alla luce di tutte le componenti nonché degli elementi indicati dal codice penale.
 
E fra di essi, come detto, vi è certamente la gravità del danno cagionato.
 
Per cui, prosegue la sentenza, “non v’è dubbio che l’aver provocato lo stato di gravidanza di una minore non ancora dodicenne determina un danno oggettivo al normale sviluppo psico-fisico”.
 
Secondo poi la Cassazione, un altro motivo per escludere l’attenuante è la reiterazione dei rapporti sessuali.
 
La sentenza
 
LA MASSIMA
 
L’attenuante della minore gravità non può essere riconosciuta ove gli atti sessuali compiuti con una minore ne abbiano determinato lo stato di gravidanza.
 
[1] Art. 609 cod. pen. co. 3.
 
[2] Cass. sent. n. 49572/2016 del 16.12.2015.
 
[3] Art. 133 cod. pen. "
 
Fonte laleggepertutti.it, qui:
 
 
Avvocato penalista - Gli Atti sessuali con una minorenne, sebbene consenziente, non attenuano il delitto, se i rapporti sessuali sono reiterati e la stessa, all'esito, rimane incinta.
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lunedì 28 dicembre 2015

Avvocato penalista - La depenalizzazione del 2016 e tutti i reati che non sono più reati.

Avvocato penalista - La depenalizzazione del 2016 e tutti i reati che non sono più reati.
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Avvocato penalista - La depenalizzazione del 2016 e tutti i reati che non sono più reati.
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" Depenalizzazione: tutti i reati abrogati.

È ufficiale l’elenco dei reati depenalizzati: oltre all’ingiuria, agli atti osceni e alle falsità in scritture privata viene depenalizzato anche il danneggiamento.

Nessuna abrogazione per minaccia ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Sono stati pubblicati i due schemi di decreti sulle depenalizzazioni approvati dal Governo lo scorso venerdì.

I reati che diventano illeciti amministrativi.

L’elenco ufficiale è il seguente:

– tutti i reati non contenuti nel codice penale puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda);

– atti osceni;

– pubblicazioni e spettacoli osceni;

– rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto;

– abuso della credulità popolare;

– rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive;

– atti contrari alla pubblica decenza;

– guida senza patente [1];

– noleggio di materiale coperto da copyright [2];

– installazione e uso di impianti abusivi di distribuzione carburante;

– omesso versamento di ritenute previdenziali entro la somma di € 10000.

Tutti questi reati saranno puniti d’ora in poi con la sola sanzione amministrativa, che potrà andare, a seconda della norma violata, da un minimo di € 5000 ad un massimo di € 30000.

Certo non si tocca più la fedina penale, ma il prezzo è salato: in generale, infatti, le nuove sanzioni pecuniarie superano e di molto le vecchie multe e ammende.

Il lavoro si sposta, dunque, dalle procure alle prefetture e alle altre autorità amministrative competente per l’irrogazione delle sanzioni amministrative.

Vediamo alcuni esempi.

Viene depenalizzato l’articolo 652 del codice penale (rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto), attualmente punito con l’arresto fino a 3 mesi o con l’ammenda fino a 309 euro e con l’arresto da 1 a 6 mesi o con l’ammenda da 30 euro a 619 euro se il colpevole dava informazioni o indicazioni mendaci.

Si noti che nel primo caso si applicherà la sanzione pecuniaria da 5 a 18 mila euro, mentre nella seconda ipotesi la forbice va da 6 a 18 mila euro.

L’abuso della credulità popolare (articolo 661 del codice penale) attualmente punito con l’arresto fino a 3 mesi o con l’ammenda fino a euro 1.032 diventa sanzione amministrativa, ma la sanzione rincara e passa da 5 mila a 15 mila euro.

Nonostante si tratti di reati puniti con la sola pena della multa, il Governo ha scelto invece di non depenalizzare i reati di minaccia ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.

I reati che diventano illeciti civili.

L’elenco ufficiale, oltre ai già annunciati reati di ingiuria, falsità in scrittura privata ed altri reati in materia di scritture private, appropriazione di cose smarrite e furto da parte di un comproprietario contiene a sorpresa anche il reato di danneggiamento semplice.

Per questi reati la persona offesa non dovrà più sporgere querela, ma chiedere al giudice civile (tribunale o giudice di pace) il risarcimento del danno.

Il giudice dovrà inoltre punire il colpevole con una sanzione pecuniaria:

– da € 100 a € 8000 per i reati di ingiuria, furto di un comproprietario, danneggiamento, appropriazione di cose smarrite;

– da € 200 a € 12000 per i reati in materia di falsità in scritture private.

Le nuove sanzioni si applicheranno anche ai reati commessi precedentemente all’entrata in vigore dei nuovi decreti, a meno che il processo penale non si sia già concluso con una sentenza irrevocabile.

[1] L’art. 116, comma 15, del codice della strada prevede che chiunque conduce veicoli senza aver conseguito la corrispondente patente di guida è punito con l’ammenda da 2.257 euro a 9.032 euro; la stessa sanzione si applica ai conducenti che guidano senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti fisici e psichici.

Invece, per effetto della riforma (art. 1 del decreto legislativo sulla depenalizzazione) si prevede che non costituiscono reato e sono soggette alla sanziona amministrativa pecuniaria tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda.

Sempre l’articolo 1 impone, però, un altro controllo e cioè impone di verificare se la violazione considerata non sia elencata tra le norme che vengono escluse dalla depenalizzazione e che sono individuate in un allegato al decreto.

In questo caso il codice della strada non è contenuto nell’allegato e quindi si applica la depenalizzazione.

A questo punto bisogna considerare il livello sanzionatorio.

Nel caso specifico, consultando la tabella riportata al comma 5 dell’articolo 1 dello schema di decreto legislativo, si scopre che si dovrà applicare la sanzione da 5 mila a 30 mila euro.

Conseguentemente la derubricazione in illecito amministrativo comporta un incremento della sanzione pecuniaria, anche se non si sporca più la fedina penale.

[2] L’art. 171-quater, nella versione attuale, punisce con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da euro 516 a euro 5.164 chiunque, abusivamente ed a fini di lucro concede in noleggio o in uso originali, copie o supporti lecitamente ottenuti di opere tutelate dal diritto di autore e chi esegue la fissazione su supporto audio, video o audiovideo delle prestazioni artistiche.

Con il dlgs in commento si passerà alla sanzione amministrativa da 5 mila a 30 mila euro.

Anche in questo caso la sanzione pecuniaria è più elevata coincidendo il vecchio massimo con il nuovo minimo ed essendo sestuplicato il massimo. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/104660_depenalizzazione-tutti-i-reati-abrogati
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Avvocato penalista - La depenalizzazione del 2016 e tutti i reati che non sono più reati.
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domenica 27 dicembre 2015

Avvocato penalista - Non è Guida in stato di ebbrezza e non c'è condanna, se l'alcoltest segna solo 0,1 in più rispetto alla soglia di rilevanza penale.

Avvocato penalista - Non è Guida in stato di ebbrezza e non c'è condanna, se l'alcoltest segna solo 0,1 in più rispetto alla soglia di rilevanza penale.
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Avvocato penalista - Non è Guida in stato di ebbrezza e non c'è condanna, se l'alcoltest segna solo 0,1 in più rispetto alla soglia di rilevanza penale.
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" Guida in stato di ebbrezza: no condanna per lo scarto di 0,1 g/l.
 
Etilometro: addio condanna se l’alcoltest segna solo 0,1 sopra la soglia di rilevanza penale.
 
Guida in stato di ebbrezza: se all’esito del test con l’etilometro, la soglia di alcolemia dovesse attestarsi tra 0,5 e 0,8 g/l (grammi di alcol per litro di sangue) scattano solo le sanzioni amministrative, mentre da 0,8 a salire si rientra nel penale (con un’ipotesi meno grave fino a 0,8 g/l). Tuttavia, con una recente sentenza, il Tribunale di Napoli ha detto che se il dato dell’etilometro supera solo di 0,1 g/l la soglia della rilevanza penale (attestandosi a 0,9 piuttosto che a 0,8 g/l) si può comunque rimanere nell’ambito della sanzione amministrativa: e questo perché l’alcoltest può dare risultati diversi e non corrispondenti al reale per alcuni soggetti, come dimostra un esperimento scientifico che ne confronta i dati con il responso delle analisi del sangue.
 
Stesso orientamento si rinviene in una decisione altrettanto recente del Giudice di Pace di Aosta.
 
Ma procediamo per gradi.
 
È risaputo che il livello di tolleranza dell’alcol varia da persona a persona a seconda di parametri come il peso, l’età, il sesso, il cibo assunto, il tempo intercorso dall’assunzione al test, lo stato di salute generale, il livello di stanchezza, l’assunzione di psicofarmaci, le abitudini di vita.
 
Tutti questi fattori possono far fluttuare sensibilmente l’asticella dell’assorbimento dell’alcol nel sangue (per maggiori approfondimenti leggi:
 
“Dopo quale valore di tasso alcolemico scatta il ritiro della patente?”), qui:
 
 
Il Tribunale di Napoli parte da questi spunti per applicare comunque, all’imputato che ha superato con uno scarto di soli 0,1 g/l il limite del penale, la sanzione più lieve, ossia quella amministrativa.
 
E ciò anche se l’agente accertatore, chiamato a testimoniare, giura di aver trovato l’imputato con i classici sintomi della guida in stato di ebbrezza: “alito vinoso” e “voce impastata”.
 
Nel processo in commento, la difesa produce una perizia che mette in crisi i risultati dell’etilometro; decisivo, infatti, risulta l’accertamento tecnico di tipo sperimentale realizzato in un altro procedimento penale su incarico del giudice (davanti al Gip del tribunale di Genova):
 
“Nell’esperimento furono somministrate sostanze alcoliche all’indagato ligure, che venne poi contestualmente sottoposto all’alcoltest con lo stesso strumento utilizzato a Napoli e all’esame del sangue è emerso che il tasso alcolico misurato attraverso l’espirato e quello effettivamente presente nell’organismo era superiore a quello reale in un range compreso tra il 10 e il 27,3 per cento.
 
E soprattutto per via del fattore di conversione: in Italia è adottato quello medio di 2.100 ml di aria laddove in concreto sussistono soggetti caratterizzati da un valore più basso (fino a 1.787), rispetto ai quali si determina una sovrastima rispetto al valore reale dell’alcolemia misurata dall’etilometro.
 
Insomma: l’esperimento genovese non può essere ripetuto a Napoli, come chiedeva la difesa, ma applicandolo all’indagato partenopeo il valore accertato dall’etilometro dovrebbe essere ridotto dall’0,09 allo 0,25, e quindi oscillerebbe in una fascia compresa tra 0,81 allo 0.65.
 
Non c’è quindi alcuna certezza per far scattare la sanzione penale” .
 
Secondo il Giudice di Pace di Aosta, uno “sforamento” lieve rende “effettivamente incerto” il rilevamento e dunque legittima la perplessità sull’affidabilità del dato.
 
Nel caso di specie, il primo “soffio” dell’automobilista nell’etilometro dà 0,85 mg/l, il secondo invece 0,82, dunque appena 0,2 superiore al discrimine stabilito dalla legge affinché il fatto acquisti rilevanza penale piuttosto che amministrativa. "
 
Fonte laleggepertutti.it, qui:
 
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Avvocato penalista - Non è Guida in stato di ebbrezza e non c'è condanna, se l'alcoltest segna solo 0,1 in più rispetto alla soglia di rilevanza penale.
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sabato 26 dicembre 2015

Avvocato penalista - Non è reato visionare film pornografici su internet o in altri luoghi privati.

Avvocato penalista - Non è reato visionare film pornografici su internet o in altri luoghi privati.
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Avvocato penalista - Non è reato visionare film pornografici su internet o in altri luoghi privati.
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" È legale vedere video pornografici su internet?

Desidero sapere se è legale visionare (ed eventualmente scaricare) film pornografici su internet o se si va incontro a sanzioni penali o amministrative.

Visionare video pornografici su internet, ossia in streaming, è assolutamente legale, così come lo è scaricarli, e quindi l’eventuale download degli stessi (in questo caso, però, bisogna accertarsi che il contenuto sia libero, ossia non protetto da copyright, nel qual caso, altrimenti, si incorrerà nella diversa sanzione per violazione dei diritti d’autore).

Pedo pornografia.

Un discorso a sé merita la pedo pornografia, cioè la pornografia avente ad oggetto dei minori. In questo caso, seppur non venga punita la visione dei filmati presenti su internet, viene punita la detenzione o la diffusione del materiale [1].

In pratica, guardare su internet sì, scaricare e detenere no. La detenzione, tuttavia, affinché sia punibile, deve essere “consapevole”, quindi cosciente.

Questa precisazione è quanto mai opportuna se si pensa ai file temporanei, creati automaticamente dal pc ogni qual volta si visitano pagine nuove, per velocizzare gli accessi successivi.

La presenza del materiale pedopornografico tra i file temporanei è punita solo se supportata dalla consapevolezza del possesso da parte del titolare del computer [2].

Un altro esempio è quello di chi scarichi un file, ritenendo (dal nome) che si tratti di un film lecito, e
invece si trova a immagazzinare un contenuto pedopornografico.

Le schermate blu con il simbolo della polizia di Stato: è un virus.

La nuova frontiera della frode informatica si chiama pedo pornografia.

Su internet, infatti, ci si può imbattere in un virus che si presenta sotto forma di una schermata della polizia di Stato, nella quale si viene avvisati che, avendo visionato materiale pedopornografico, si deve pagare una sanzione pecuniaria di centinaia di euro.

Qualora il pagamento sia immediato, la sanzione subisce una corposa riduzione.

Peccato che non sia la polizia, ma un gruppo di truffatori che cercano di fare soldi fornendo le coordinate di un conto estero, utilizzando il sistema “Ukash”, veloce e poco tracciabile.

Le vere schermate della polizia di Stato nei siti pornografici.

Cercando di aprire un link a contenuto hard è tuttavia possibile che appaia una vera schermata della polizia di Stato.

In essa si avvisa che il contenuto è stato bloccato in quanto avente carattere pedo pornografico o comunque vietato (si pensi, ad esempio, ai casi in cui nei video siano coinvolti degli animali, configurandosi veri e propri maltrattamenti).

Pertanto, se ne inibisce la visione.

In questo caso basterà chiudere il link con la schermata in questione, senza che ci siano conseguenze di alcun tipo per chi lo ha aperto.

Le autorità, inoltre, non procedono ad alcuna registrazione dei dati dell’utente (come specificato nella schermata stessa).

[1] Art. 600 quater cod. pen.:

“Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 600-ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a euro 1.549.

La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità [c.p. 600-sexies]”

[2] Cass. pen. n. 43246 del 11.11.2010. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/104726_e-legale-vedere-video-pornografici-su-internet
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Avvocato penalista - Non è reato visionare film pornografici su internet o in altri luoghi privati.
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venerdì 25 dicembre 2015

Avvocato penalista - La Depenalizzazione non giova a nessuno, meno che ai criminali e al governo, che ha denotato quanto è ignorante in materia di politica criminale.

Avvocato penalista - La Depenalizzazione non giova a nessuno, meno che ai criminali e al governo, che ha denotato quanto è ignorante in materia di politica criminale.
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Avvocato penalista - La Depenalizzazione non giova a nessuno, meno che ai criminali e al governo, che ha denotato quanto è ignorante in materia di politica criminale.
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" Depenalizzazione: a chi conviene e a chi no.

La depenalizzazione promette una giustizia più rapida ed efficiente, perché taglierebbe migliaia di processi che spesso finiscono in prescrizione.

La riforma però rischia di pesare soltanto sulle vittime e di non intervenire positivamente sull’efficienza della giustizia.

Migliaia di processi passeranno dai giudici penali a quelli civili, le vittime dei reati dovranno sostenere ingenti spese legali e per loro sarà più difficile ottenere giustizia.

Gli unici vantaggi di questa riforma potrebbero essere per i colpevoli e per le casse dello Stato.

Come vi abbiamo informato in un articolo di questa mattina (Depenalizzazione: tutti i reati abrogati), uno dei due schemi di decreti approvati dal Governo e ora all’esame del Parlamento prevede che alcuni reati si trasformino in illeciti civili e non più penali.

Tra questi i più importanti e comuni sono i reati di ingiuria e danneggiamento, che da soli prometterebbero l’immediata chiusura di più di diecimila processi penali, con una drastica riduzione del carico di lavoro dei giudici di pace e dei tribunali e un effetto positivo sulla durata dei processi più rilevanti.

La riforma promette di rendere più efficiente la giustizia e più effettive le pene, dato che in buona parte dei casi, finora, questi reati non venivano puniti a causa della prescrizione o dei numerosi benefici che evitano al condannato di entrare in carcere per pene di pochi mesi di reclusione.

Il problema però non è risolto, perché per questi fatti da ora in poi non sarà evitato un processo, ma si trasferirà soltanto la competenza dal giudice penale a quello civile, con il rischio di ingolfare ancora di più la giustizia civile già notoriamente lenta in Italia, con una durata media dei processi, per tutti e tre i gradi di giudizio, di circa 8 anni.

Per assurdo a farne le spese potrebbero essere soprattutto le vittime.

Per ottenere giustizia, infatti, chi sarà vittima di uno di questi illeciti dovrà rivolgersi necessariamente ad un avvocato – sostenendone le spese – e potrà chiedere al giudice civile il risarcimento del danno subito solo dopo avere pagato il contributo unificato, che a seconda del valore del processo, può essere anche di qualche centinaio di euro.

La vittima inoltre non potrà più, come nel processo penale, contare soltanto sulla propria testimonianza, ma dovrà necessariamente portare al giudice altre prove, come documenti o dichiarazioni di altre persone presenti.

È immaginabile quindi quanto sarà difficile provare fatti, come l’ingiuria, che spesso vengono commessi oralmente e senza la presenza di testimoni.

I colpevoli potranno quindi farla franca più facilmente e nei loro confronti l’efficacia della pena dipenderà dalle proprie condizioni economiche: una persona non agiata potrebbe doversi indebitare per una parola di troppo, mentre una ricca potrà offendere e danneggiare più a cuor leggero.

La riforma quindi rischia di risultare vantaggiosa solo per le casse dello Stato, che potranno incassare i contributi unificati e le sanzioni, mentre potrebbe divenire inutile o addirittura svantaggiosa per il funzionamento della giustizia e per la tutela dei diritti delle vittime di questi fatti.

L’obiettivo positivo di depenalizzare comportamenti di non particolare gravità e di accelerare i processi avrebbe forse richiesto l’introduzione di procedure più snelle e rapide e non il ricorso alle regole ordinarie del processo civile. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/104742_depenalizzazione-a-chi-conviene-e-a-chi-no
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Avvocato penalista - La Depenalizzazione non giova a nessuno, meno che ai criminali e al governo, che ha denotato quanto è ignorante in materia di politica criminale.
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giovedì 24 dicembre 2015

Avvocato penalista - Commette Simulazione di reato, Art. 367 del C. P., chiunque denuncia falsamente la commissione di un reato, Furto o altro reato che sia.

Avvocato penalista - Commette Simulazione di reato, Art. 367 del C. P., chiunque denuncia falsamente la commissione di un reato, Furto o altro reato che sia.
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Avvocato penalista - Commette Simulazione di reato, Art. 367 del C. P., chiunque denuncia falsamente la commissione di un reato, Furto o altro reato che sia.
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" La falsa denuncia di furto è simulazione di reato.

Reati contro la giustizia: simulazione di reato, falsa denuncia o querela, simulazione di tracce, la comunicazione telefonica alla polizia o ai carabinieri.

Denunciare un furto o qualsiasi altro tipo di reato, che in realtà non è mai avvenuto integra l’illecito penale di simulazione di reato, per il quale è prevista la pena della reclusione da uno a tre anni; [1] si pensi, per esempio, al rilascio di un duplicato di un documento di cui si è smarrito l’originale, al tentativo di ottenere un risarcimento dall’assicurazione, all’espediente per occultare a un familiare un proprio atto di danneggiamento o di sottrazione di beni.

In verità, perché scatti il reato in questione non è necessaria l’intenzione di perseguire un’ulteriore utilità personale, ma è sufficiente la semplice coscienza e volontà di affermare falsamente l’avvenuta consumazione di un reato; risulta, insomma, del tutto irrilevante il movente del diritto (è quello che i tecnici del diritto chiamano “dolo generico”) [2].

Vediamo meglio come funziona la simulazione di reato.

Il codice penale [1] sanziona due precise condotte, quella di chi:

– afferma falsamente, attraverso denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, essere avvenuto un reato (simulazione formale).

La falsa denuncia può essere formulata con qualunque atto idoneo a provocare investigazioni, anche in assenza di una iniziativa spontanea del denunciante [3];

– simula le tracce di un reato (simulazione materiale): in questo secondo caso l’illecito scatta, per esempio, dopo aver rotto una finestra con un mattone per far credere che in casa siano arrivati i ladri.

Dunque, in tale ipotesi, a differenza della precedente, la denuncia o la querela potrebbe essere sporta anche da un soggetto diverso dal reo, il quale si è limitato solo a simulare le tracce del reato stesso.

In entrambi i casi il reato scatta solo se la condotta comporti la possibilità concreta che si avvii un procedimento penale [4].

Il reato è procedibile d’ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico.

Il delitto di simulazione di reato può essere scriminato dalla ritrattazione solo se questa si verifica nel medesimo contesto della denuncia, in modo da escludere anche la possibilità di investigazioni ed accertamenti preliminari; tale ripensamento, infatti, fa venir meno il carattere lesivo della condotta simulatoria. [5]

La falsa denuncia può essere formulata con qualunque atto idoneo a provocare investigazioni, ed è quindi sufficiente anche una comunicazione telefonica alla polizia o ai carabinieri o a qualsiasi altra pubblica autorità. [6]

Come infatti ha chiarito più volte la Cassazione, la denuncia rilevante ai fini della configurabilità del delitto di simulazione di reato può essere presentata in qualsiasi forma e modo, ivi compreso il mezzo
telefonico.

[1] Art. 367 cod. pen.

[2] Cass. sent. n. 50944/2014.

[3] Cass. sent. n. 16277/2015.

[4] Cass. sent. n. 4983/2010; Cass. sent. n. 28018/2009; Cass. sent. n. 39241/2004; Cass. sent. n. 5786/2000.

[5] Cass. sent. n. 45067/2014.

[6] Cass. sent. n. 48440/2012. Cfr. anche Cass. sent. n. 35543/2012. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/104843_la-falsa-denuncia-di-furto-e-simulazione-di-reato
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Avvocato penalista - Commette Simulazione di reato, Art. 367 del C. P., chiunque denuncia falsamente la commissione di un reato, Furto o altro reato che sia.
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mercoledì 23 dicembre 2015

Avvocato penalista - Commette Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte chiunque vende o cede i propri beni per non pagarle.

Avvocato penalista - Commette Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte chiunque vende o cede i propri beni per non pagarle.
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Avvocato penalista - Commette Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte chiunque vende o cede i propri beni per non pagarle.
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" Chi dona i beni per non pagare le imposte compie sottrazione fraudolenta.

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: i confini del reato commesso da chi vende o dona il proprio patrimonio immobiliare o mobiliare solo per evitare il pignoramento e l’esecuzione forzata da parte di Equitalia.

Chiunque effettui la vendita, la donazione o qualsiasi altra cessione di un proprio bene e, nello stesso tempo, sia debitore di un altro soggetto (anche se sta regolarmente pagando) e non abbia altri averi su cui quest’ultimo possa eventualmente esercitare il pignoramento (in caso di inadempimento) si sottopone al rischio di una azione revocatoria (entro massimo 5 anni dal compimento dell’atto): l’azione revocatoria è volta a rendere inefficace tale atto di trasferimento nei confronti del creditore che, pertanto, potrà pignorare detto bene nonostante sia uscito fuori dal patrimonio del proprio debitore.

Tuttavia, se il creditore è lo Stato, e in particolare Equitalia, allora si profilano anche gli estremi del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Ed infatti, la legge [1] ha creato tale illecito penale a tutela dell’interesse dello Stato e dell’effettiva riscossione dei tributi.

Il delitto di indebita compensazione è un reato di pericolo per la cui configurazione è sufficiente la idoneità della condotta a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva [2].

Chi può compiere tale reato?

Benché la legge dica “chiunque”, in verità il soggetto attivo del reato può essere soltanto il contribuente gravato da un debito tributario nei confronti del fisco: infatti, l’ambito di applicazione della norma è limitato alla sottrazione del pagamento delle sole imposte sui redditi e dell’IVA.

Dunque, per esempio, il Comune che si accorga che un cittadino abbia alienato tutti i propri beni per non pagare un grosso debito a titolo di imposta sui rifiuti non potrebbe procedere penalmente nei confronti di suddetto contribuente.

In cosa consiste al sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte?

La responsabilità per il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte è configurabile quando il contribuente pone in essere una di queste due condotte:

– aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti [3] sui propri o su altrui beni;

– indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila.

Quando scatta il reato di sottrazione fraudolenta?

La legge prevede, in entrambe le condotte sopra indicate, delle soglia di punibilità al di sotto delle quali il reato non può essere punito. In particolare:

– per quanto riguarda l’alienazione simulata o gli atti fraudolenti, il contribuente è punito se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro cinquantamila prevedendo, altresì, un aumento della pena qualora tale somma superi l’ammontare di euro duecentomila. Dunque, il reato è punito se c’è il fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o di IVA ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila;

– per quanto riguarda la falsa indicazione di elementi attivi il reato è configurato quando gli elementi passivi fittizi superano un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila prevedendo, anche in tale ipotesi, una circostanza aggravante qualora tale somma superi gli euro duecentomila. In tal caso, il reato è punito se c’è il fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori.

Quando si consuma il reato?

Per la configurazione del reato è sufficiente solo che l’atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento totale o parziale del Fisco, non occorrendo né che il soggetto attivo sia stato posto in condizione di aspettarsi un’azione esecutiva, né che tale azione esecutiva sia in atto [4].

Procedibilità e Competenza.

Il delitto è procedibile d’ufficio ed è competente il Tribunale Monocratico del luogo di commissione del reato.

Sanzioni.

La pena prevista per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è la reclusione da 6 mesi a 4 anni.

Inoltre, è stata introdotta un’ipotesi aggravante che punisce con la pena della reclusione da un anno a sei anni coloro che pongono in essere le condotte descritte dalla norma superando la soglia di punibilità pari ad euro duecentomila [5].

Sono inoltre previste le seguenti pene accessorie:

a) l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni;

b) l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni;

c) l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;

d) l’interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria;

e) la pubblicazione della sentenza a norma dell’articolo 36 del codice penale.

Circostanze attenuanti.

La pena prevista per il presente delitto è diminuita fino ad un terzo e non si applicano le pene accessorie se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi del delitto medesimo sono stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.

A tale fine, il pagamento deve riguardare anche le sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme tributarie.

Cause di non punibilità.

Non danno luogo ad un fatto punibile le violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione.

Stessa causa di non punibilità si ha quando il contribuente si sia uniformato ai pareri del Ministero delle finanze o del Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive previsti dalle medesime disposizioni, ovvero abbia compiuto le operazioni esposte nell’istanza sulla quale si è formato il silenzio-assenso.

[1] D.lgs. n. 74 del 10.03.2000.

[2] Cass. sent. n. 37415/2012; n. 36290/2011; n. 7916/2007.

[3] L’indicazione da parte della legge di “atti fraudolenti” come condotta criminosa pone in evidenza il problema di un eccessivo allargamento dell’ambito di applicazione della disposizione in esame.

A questo proposito, l’indirizzo giurisprudenziale prevalente abbraccia la tesi della necessaria connotazione oggettiva del carattere fraudolento del comportamento del contribuente, ovvero che l’operazione negoziale apparentemente posta in essere occulti la reale sostanza economica della vicenda (Cass. sent. n. 27576/2015).

Ed infatti, la Corte Costituzionale, in tema di frode fiscale di cui all’abrogato art. 4 lett. f) L. n. 516/1982 modificata dalla L. n. 154/1991, ha statuito che la frode fiscale non può consistere nel mero mendacio, occorrendo invece un quid pluris da rinvenirsi in un comportamento artificioso con le caratteristiche della frode (C. Cost., sent. n. 35/1991).

[4] Cass. sent. n. 40561/2012; n. 23986/2011.

[5] D.L. n. 78/2010. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/104845_chi-dona-i-beni-per-non-pagare-le-imposte-compie-sottrazione-fraudolenta
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Avvocato penalista - Commette Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte chiunque vende o cede i propri beni per non pagarle.
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martedì 22 dicembre 2015

Avvocato penalista - Creare un sito con annunci di prostitute è lecito nella misura in cui il titolare del dominio internet non svolga attività diverse dal semplice servizio informativo.

Avvocato penalista - Creare un sito con annunci di prostitute è lecito nella misura in cui il titolare del dominio internet non svolga attività diverse dal semplice servizio informativo.
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Avvocato penalista - Creare un sito con annunci di prostitute è lecito nella misura in cui il titolare del dominio internet non svolga attività diverse dal semplice servizio informativo.
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" Sito internet con annunci di prostitute: è lecito?
 
Pubblicizzazione delle prestazioni di chi esercita la prostituzione: attività lecita di informazione o attività illecita di favoreggiamento?
 
Creare un sito con annunci hot di prostitute che prestano i loro servizi, è lecito nella misura in cui il titolare del dominio internet non svolga una qualsiasi attività di supporto, di integrazione o di corredo al semplice servizio informativo; scatta invece il reato di favoreggiamento della prostituzione se lo scopo del sito è quello di incrementare – attraverso un autonomo apporto ideativo, gestionale o comunque causale – l’appetibilità dei servizi resi, indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione delle inserzioni informative, da parte di chi eserciti la prostituzione.
 
Si pensi al caso del webmaster che, oltre a caricare le inserzioni, scatta personalmente le foto alle prostitute, le migliora con un software di photoediting e inserisce messaggi suggestivi di propria ideazione. È quanto precisato dalla Cassazione un una recente sentenza [1].
 
La vicenda.
 
Nel caso di specie l’imputato è stato ritenuto colpevole per aver favorito la prostituzione di alcune donne sudamericane, consigliando loro la collocazione di inserzioni pubblicitarie su siti informatici specializzati e suggerendo l’inserimento di messaggi graditi ai destinatari, nonché l’introduzione in dette inserzioni di immagini fotografiche, anche non corrispondenti alle fattezze delle inserzioniste, ed altri elementi volti a renderle più allettanti per il pubblico.
 
La sentenza.
 
Più volte la Cassazione ha chiarito che rientra nell’attività di favoreggiamento della prostituzione, sanzionata dal nostro codice penale, non ogni servizio in favore di chi eserciti la prostituzione, ma solo quell’attività che oggettivamente comporti un aiuto all’esercizio stesso del meretricio.
 
Per quanto riguarda il web, non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione a mezzo stampa [2] la condotta di chi si limiti alla raccolta e alla successiva pubblicazione di inserzioni pubblicitarie, su un giornale ovvero su un sito internet, di persone che si offrono per incontri sessuali a pagamento, trattandosi di attività del tutto svincolata dal meretricio da tali persone esercitato e la cui finalità è esclusivamente la prestazione di un servizio e non anche l’intermediazione tra chi si prostituisce e il cliente.
 
Quindi, del tutto lecita è ‘attività di chi, nella gestione di un sito internet, pubblichi su di esso gli annunci pubblicitari, seppur corredati da foto, a lui inviati da prostitute senza svolgere alcuna attività di collaborazione organizzativa, come, ad esempio, la predisposizione di servizi fotografici nuovi.
 
Secondo la Suprema Corte, in tema di pubblicizzazione delle prestazioni di chi eserciti la prostituzione, tra l’attività lecita di semplice informazione resa al pubblico e l’attività illecita di favoreggiamento della prostituzione, sussiste un chiaro confine: la realizzazione di quel “qualcosa in più” rispetto al mero trasferimento dell’informazione, consistente – per esempio – nell’ideazione e nella redazione del contenuto dell’inserzione, e non nella semplice ricezione di un contenuto già da altri confezionato; oppure nella realizzazione delle immagini destinate a corredare l’inserzione pubblicitaria o nella scelta di quelle ritenute più idonee allo specifico fine.
 
In altri termini, il predetto limite deve ritenersi travalicato ove sia ravvisabile il compimento di una qualche attività di supporto, di integrazione o di corredo al semplice servizio informativo, il cui scopo sia quello di incrementare – attraverso un autonomo apporto ideativo, gestionale o comunque causale – l’appetibilità dei servizi resi, indipendentemente dall’avvenuta pubblicazione delle inserzioni informative, da chi eserciti la prostituzione.
 
Infatti, nel momento in cui l’attività cessa di essere meramente informativa ma viene consapevolmente indirizzata all’incremento del potenziale mercimonio delle prestazioni sessuali, cessa di essere un servizio reso alla singola persona che esercita detta attività e travalica verso quella di favoreggiamento del mercato del sesso.
 
[1] Cass. sent. n. 45898/15 del 19.11.2015.
 
[2] Di cui all’art. 3 l. n. 75/1958. "
 
Fonte laleggepertutti.it, qui:
 
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lunedì 21 dicembre 2015

Avvocato penalista - La sospensione della patente non può disporsi per un esame etilometrico, ma solo a seguito di un esame alcolemico.

Avvocato penalista - La sospensione della patente non può disporsi per un esame etilometrico, ma solo a seguito di un esame alcolemico.
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Avvocato penalista - La sospensione della patente non può disporsi per un esame etilometrico, ma solo a seguito di un esame alcolemico.
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" L’etilometro non è sufficiente alla sospensione della patente.

Guida in stato di ebbrezza: necessario l’esame del sangue in ospedale per poter procedere alla sospensione della patente; il precursore (etilometro portatile) non ha nessun valore legale.

Per decretare la dipendenza dall’alcol di un soggetto e sospendergli la patente di guida non basta l’esito positivo di un etilometro portatile che non ha nessun valore legale: occorre invece effettuare gli esami del sangue in ambito ospedaliero.

A dirlo è il Tar Veneto con una recentissima sentenza.

La normativa stradale prevede che “la patente di guida non deve essere rilasciata né rinnovata al candidato o conducente che si trovi in stato di dipendenza dall’alcool o che non possa dissociare la guida dal consumo di alcool.

La patente di guida può essere rilasciata o rinnovata al candidato o conducente che si sia trovato in stato di dipendenza dall’alcool, al termine di un periodo constatato di astinenza, previa valutazione della commissione medica locale”.

Tuttavia, secondo i giudici amministrativi, la dipendenza da alcol non può essere decretata dall’etilometro portatile (cosiddetto precursore), tanto più perché non omologato, ma solo dagli esami del sangue rigorosamente fatti in ospedale.

Gli esami del sangue – si legge in sentenza – sono gli unici accertamenti a disposizione della commissione medica per valutare la dipendenza dall’alcol.

Lo stesso regolamento stradale richiede esami clinici per disciplinare la gestione delle patenti di guida.

Non ha quindi nessun valore medico il risultato di un precursore ossia un etilometro utilizzabile in strada dalla polizia per effettuare accertamenti preliminari alla conseguente verifica della guida alterata dall’alcol. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/105182_letilometro-non-e-sufficiente-alla-sospensione-della-patente
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Avvocato penalista - La sospensione della patente non può disporsi per un esame etilometrico, ma solo a seguito di un esame alcolemico.
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domenica 20 dicembre 2015

Avvocato penalista - La Violazione di domicilio, Art. 614 C. P., e la Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale, Art. 615 C. P.

Avvocato penalista - La Violazione di domicilio, Art. 614 C. P., e la Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale, Art. 615 C. P.
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Avvocato penalista - La Violazione di domicilio, Art. 614 C. P., e la Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale, Art. 615 C. P.
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" Violazione di domicilio: cos’è e come funziona.

Violazione di domicilio ordinaria e commessa da pubblico ufficiale: l’abitazione, il luogo di privata dimora e le pertinenze.

La violazione di domicilio è un reato previsto dal codice penale [1] e classificato come un delitto (quindi, si tratta di illecito più grave rispetto alle semplici contravvenzioni): esso è volto a tutelare la libertà domiciliare, intesa quale tranquillità e sicurezza dei luoghi in cui si svolge la vita privata di un individuo [2].

La legge, in particolare punisce chiunque si introduca o si trattenga nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, o vi si introduca o trattenga clandestinamente o con l’inganno [3].

Nello specifico, l’introdursi, consiste nel varcare la soglia dell’abitazione o degli altri luoghi ad essa equiparati; il trattenersi, nel permanere in un certo luogo.

Tali condotte devono porsi in contrasto con la volontà del titolare, il cui suo dissenso non deve essere necessariamente esplicito, ma può anche desumersi da una situazione di fatto o da un suo comportamento concludente [4].

Il soggetto passivo del reato è colui che ha il diritto di vietare a soggetti estranei l’ingresso o la permanenza nella propria abitazione, in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi.

Cosa si intende per abitazione: secondo la giurisprudenza [5] si tratta luogo nel quale normalmente la persona conduce la propria vita domestica.

Cosa si intende per luogo di privata dimora: luogo nel quale si svolge qualsiasi attività della vita privata che debba esplicarsi al di fuori delle ingerenze altrui [6].

Cosa si intende per pertinenze: luoghi aventi natura accessoria rispetto a quelli di privata dimora in quanto ne migliorano il godimento o il servizio.

Perché si possa configurare il reato è sufficiente la coscienza e la volontà del reo di introdursi in uno dei suddetti luoghi contro la volontà del titolare (cosiddetto “dolo generico”).

In particolare il delitto si consuma nel momento in cui il soggetto si introduca nell’abitazione altrui o in uno degli altri luoghi ad essa equiparati o nelle pertinenze di essi, contro la volontà del titolare o clandestinamente o con l’inganno, o si trattenga in detti luoghi.

Si può configurare il tentativo di reato solo nella prima ipotesi.

Le sanzioni.

Per la violazione di domicilio è prevista la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

È tuttavia prevista un’aggravante se il fatto è commesso con violenza sulle cose (per esempio, la forzatura di un lucchetto) o alla persone o se il colpevole è palesemente armato: in tali casi la pena è della reclusione da uno a cinque anni [7].

Il reato può essere perseguito solo dietro querela di parte, ossia della vittima. Si può procedere d’ufficio nel caso delle aggravanti.

Giudice competente a decidere è il Tribunale monocratico.

VIOLAZIONE DI DOMICILIO COMMESSA DA UN PUBBLICO UFFICIALE

Il codice penale [8] prevede poi il delitto di violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale.

Si tratta di uno dei cosiddetti “reati propri”, ossia che possono essere posti in essere non da qualsiasi soggetto ma solo da chi rivesta una particolare qualifica o carica: nella specie il delitto scatta solo se l’azione è posta dal pubblico ufficiale.

La norma punisce il pubblico ufficiale che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, si introduca o si trattenga nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi.

Nello specifico, l’introdursi, consiste nel varcare la soglia dell’abitazione o degli altri luoghi ad essa equiparati; il trattenersi, nel permanere in un certo luogo.

Differentemente dal reato di violazione di domicilio, tale fattispecie non richiede l’esistenza di un dissenso della vittima, essendo sufficiente che l’ingresso o l’intrattenimento avvenga attraverso una condotta abusiva dei poteri del proprio ufficio.

Soggetto passivo è colui che ha il diritto di vietare a soggetti estranei l’ingresso o la permanenza nella propria abitazione, in altro luogo di privata dimora o nelle appartenenze di essi.

Il delitto scatta nel momento in cui il soggetto si introduca abusivamente nell’abitazione altrui o in uno degli altri luoghi ad essa equiparati o nelle pertinenze di essi, o si trattenga in detti luoghi.

La pena prevista è la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione fino a un anno, se l’abuso consiste nell’introdursi nei luoghi di cui alla norma senza l’osservanza delle formalità prescritte dalla legge.

Il reato è procedibile d’ufficio ed è di competenza del Tribunale monocratico.

[1] Art. 614 cod. pen.

[2] Cass. sent. n. 5767/1981.

[3] Cass. sent. n. 29934/2006; Cass. sent. n. 35166/2005.

[4] Cass. sent. n. 2831/1978.

[5] Cass. sent. del 29.7.2003.

[6] Cass. sent. Cass. n. 43426/2004.

[7] Cass. sent. n. 27542/2010; Cass. sent. n. 29506/2009.

[8] Art. 615 cod. pen. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/105211_violazione-di-domicilio-cose-e-come-funziona
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Avvocato penalista - La Violazione di domicilio, Art. 614 C. P., e la Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale, Art. 615 C. P.
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sabato 19 dicembre 2015

Avvocato penalista - E' reato celare la propria identità per farsi aprire la porta ed entrare nel domicilio altrui.

Avvocato penalista - E' reato celare la propria identità per farsi aprire la porta ed entrare nel domicilio altrui.
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Avvocato penalista - E' reato celare la propria identità per farsi aprire la porta ed entrare nel domicilio altrui.
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" Reato dire di essere un’altra persona per farsi aprire la porta di casa.

L’accesso ad un domicilio, realizzato attraverso l’inganno, configura la violazione di domicilio.

Usare espedienti e raggiri per farsi aprire la porta di casa e introdursi nell’altrui abitazione fa scattare il reato di violazione di domicilio: si pensi, tanto per fare un esempio piuttosto frequente, alla dichiarazione di un agente di una società elettrica privata, che si presenti invece come il dipendente dell’Enel venuto a controllare il contatore della luce; o al rappresentante di commercio che si finga vicino di casa o al cosiddetto “esattore” di una società di recupero crediti o della stessa RAI che finga di essere un ufficiale giudiziario del tribunale.

In tutte queste ipotesi, l’inganno finalizzato a entrare dentro il domicilio altrui fa scattare il reato.

È quanto detto dalla Cassazione con una sentenza depositata ieri.

Secondo la Corte, l’introduzione nel domicilio posta in essere contro il volere del proprietario (per esempio, quella di chi forzi la serratura della porta) è equiparabile in tutto e per tutto a quella che avviene clandestinamente o con l’inganno.

In particolare nel primo caso si configura il dissenso del titolare dell’immobile, mentre nella seconda ipotesi il consenso eventualmente prestato risulta privo di valore perché viziato da un errore.

Secondo la Cassazione il reato di violazione di domicilio scatta anche qualora il soggetto agente sia mosso da intenzioni illecite ignote al proprietario di casa, perché in tal caso è implicita la contraria volontà di quest’ultimo dall’accettare, dentro la propria abitazione, il malintenzionato.

Peraltro l’accesso realizzato con l’inganno esclude la necessità di qualsiasi altra condizione per aversi il reato: infatti l’uso di espedienti e di raggiri per introdursi in un’abitazione implica la volontà di sottrarsi al diritto del proprietario di escludere l’estraneo dall’abitazione. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/105247_reato-dire-di-essere-unaltra-persona-per-farsi-aprire-la-porta-di-casa
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Avvocato penalista - E' reato celare la propria identità per farsi aprire la porta ed entrare nel domicilio altrui.
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venerdì 18 dicembre 2015

Avvocato penalista - Il Decreto penale di condanna, Art. 459 del Codice di Procedura Penale. Che cos'è, condizioni e opposizione.

Avvocato penalista - Il Decreto penale di condanna, Art. 459 del Codice di Procedura Penale. Che cos'è, condizioni e opposizione.
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Avvocato penalista - Il Decreto penale di condanna, Art. 459 del Codice di Procedura Penale. Che cos'è, condizioni e opposizione.
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" Come opporsi al decreto penale di condanna.

Decreto penale: procedimento, pubblico ministero, opposizione e difesa del soggetto condannato, l’avvocato di fiducia, il termine di impugnazione.

La legge propone degli strumenti processuali studiati appositamente per velocizzare l’azione penale: in taluni casi, in presenza di determinate circostanze, l’imputato però può proporre opposizione, vediamo come.

L’azione penale segue un percorso molto articolato, volto ad accertare la verità dei fatti, punire o scagionare gli eventuali colpevoli, dare soddisfazione alle vittime.

Spesso, la complessità delle fasi di cui è composta, comporta un certo rallentamento dell’azione, per questa ragione il Legislatore ha introdotto dei riti speciali, volti ad attuare una certa accelerazione.

Il decreto penale di condanna è uno strumento che consente di velocizzare i processi che riguardano reati di piccola entità, la pena detentiva viene sostituita con una pena pecuniaria il cui versamento, a sua volta, permette di definire il procedimento penale in corso.

Tale decreto è il risultato di un procedimento speciale che consente di definire la posizione dell’imputato durante la fase preliminare dell’azione.

Il Pubblico Ministero propone una somma di denaro idonea a sostituire la detenzione e, se la situazione lo consente, viene accettata dal giudice delle Indagini preliminari ed imposta all’imputato.

Il pagamento della sanzione pecuniaria, effettuato mediante modello F23, compilato con tutti i dati relativi al procedimento penale, consente di spegnere l’azione penale e, pur non figurando nella situazione personale elencata nel Casellario Giudiziario, rappresenta un precedente.

L’estinzione del reato per cui viene emesso il decreto si ottiene se in un periodo di tempo di 5 anni, di 2 anni per i reati che vengono puniti con contravvenzione, l’imputato non commetta un altro reato della medesima specie.

L’imputato, in caso di decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti, può decidere di accettare la determinazione del giudice e procedere al pagamento della somma di denaro indicata, oppure, al contrario, può decidere di impugnarlo.

Il termine per proporre opposizione ad un decreto penale di condanna è molto stretto: l’imputato infatti ha solamente 15 giorni, calcolati dal giorno della notifica del disposto del giudice, per impugnare il provvedimento.

L’opposizione deve essere formalmente depositata presso la cancelleria dell’Ufficio del Giudice delle Indagini Preliminari, entro il periodo predetto, e deve indicare le motivazioni a sostegno della richiesta.

L’imputato, in fase di opposizione, può richiedere inoltre, in presenza di determinate circostanze che dovranno essere valutate dal giudice, di usufruire di un rito alternativo, come ad esempio il patteggiamento, il rito abbreviato oppure l’oblazione.

Se, infine, entro il termine di 15 giorni il decreto non viene opposto, diventa, automaticamente definitivo, con tutte le conseguenze ad esso connesse.

Le motivazioni che spingono l’imputato ad opporsi ad un decreto penale di condanna sono molteplici, alcune sono dettate dalla strategia difensiva, messa in atto dal legale di fiducia, altre invece da una precisa volontà di difendersi da accuse che si suppongono ingiuste.

Con l’opposizione l’imputato non accetta passivamente quanto statuito dal giudice ma porta il processo su un livello di parità in cui può approfondire la situazione che lo ha visto tristemente protagonista.

Nella prassi, l’opposizione a decreto penale di condanna viene effettuata dall’avvocato di fiducia nominato dall’imputato ma tale opposizione, secondo quanto previsto dalla legge, può essere eseguita anche autonomamente, senza l’intervento di un legale.

Poiché la materia penale è di estrema delicatezza, nonostante tale possibilità di agire senza un’assistenza, tale opzione è sconsigliabile in quanto si rischierebbe di compromettere la propria situazione.

In circostanze del genere è bene affidarsi ad un avvocato penalista che possa impugnare il decreto nell’interesse dell’imputato. "

Fonte laleggepertutti.it, qui:

http://www.laleggepertutti.it/105260_come-opporsi-al-decreto-penale-di-condanna
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Avvocato penalista - Il Decreto penale di condanna, Art. 459 del Codice di Procedura Penale. Che cos'è, condizioni e opposizione.
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giovedì 17 dicembre 2015

Avvocato penalista - Le depenalizzazioni e l'intelligenza del governo Renzi in materia di politica criminale.

Avvocato penalista - Le depenalizzazioni e l'intelligenza del governo Renzi in materia di politica criminale.
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Avvocato penalista - Le depenalizzazioni e l'intelligenza del governo Renzi in materia di politica criminale.
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" Le nuove sanzioni per i reati depenalizzati: lo schema.
 
Depenalizzazioni: lo schema con le nuove sanzioni per i reati previsti dal codice penale e dalle leggi speciali.
 
In attesa della definitiva approvazione dei due schemi di decreto legislativo sulla depenalizzazione – che nel frattempo hanno ottenuto il parere favorevole (con osservazioni) dalle Commissioni giustizia di Camera e Senato – è caccia all’individuazione di tutte le fattispecie che saranno interessate dalla riforma.
 
Ne abbiamo già parlato ieri nell’articolo “Depenalizzazione: tutti i reati cancellati dal Governo”.

Ricordiamo che, in forza dei due decreti, verranno:
 
1- depenalizzati alcuni reati previsti dal codice penale e dalle leggi speciali e sostituiti con illeciti amministrativi:
 
In forza di ciò, si applicherà una sanzione amministrativa pecuniaria:
 
– da euro 5.000 a euro 10.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a euro 5.000;
 
– da euro 5.000 a euro 30.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a euro 20.000;
 
– da euro 10.000 a euro 50.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda superiore nel massimo a euro 20.000.
 
2- cancellati alcuni reati e sostituiti con illeciti civili e relativa sanzione, oltre al risarcimento del danno.
 
 Le sanzioni civili sono così configurate:
 
– da euro 100 a euro 8.000 per gli illeciti in materia di onore e patrimonio;
 
– da euro 200 a euro 12.000 per gli illeciti relativi al falso in scritture private.
 
Depenalizzazioni: lo schema con le nuove sanzioni per i reati previsti dal codice penale e dalle leggi speciali.
 
In attesa della definitiva approvazione dei due schemi di decreto legislativo sulla depenalizzazione – che nel frattempo hanno ottenuto il parere favorevole (con osservazioni) dalle Commissioni giustizia di Camera e Senato – è caccia all’individuazione di tutte le fattispecie che saranno interessate dalla riforma.
 
Ne abbiamo già parlato ieri nell’articolo “Depenalizzazione: tutti i reati cancellati dal Governo”.
 
Ricordiamo che, in forza dei due decreti, verranno:
 
1- depenalizzati alcuni reati previsti dal codice penale e dalle leggi speciali e sostituiti con illeciti amministrativi:
 
In forza di ciò, si applicherà una sanzione amministrativa pecuniaria:
 
– da euro 5.000 a euro 10.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a euro 5.000;
 
– da euro 5.000 a euro 30.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda non superiore nel massimo a euro 20.000;
 
– da euro 10.000 a euro 50.000 per i reati puniti con la multa o l’ammenda superiore nel massimo a euro 20.000.
 
2- cancellati alcuni reati e sostituiti con illeciti civili e relativa sanzione, oltre al risarcimento del danno.
 
Le sanzioni civili sono così configurate:
 
– da euro 100 a euro 8.000 per gli illeciti in materia di onore e patrimonio;
 
– da euro 200 a euro 12.000 per gli illeciti relativi al falso in scritture private.
 
Omissis "
 
Fonte laleggepertutti.it, qui:
 
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Avvocato penalista - Le depenalizzazioni e l'intelligenza del governo Renzi in materia di politica criminale.
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